Nella stanza dei bottoni – Politici italiani

Lo si sa, “Italians do it better”. Soprattutto per quanto riguarda la moda, grazie a qualità ed eleganza. Molti degli stilisti più apprezzati di ieri e di oggi sono nati nel nostro paese e la Fashion Week di Milano attrae ogni anno l’attenzione di addetti ai lavori e appassionati provenienti da ogni angolo del pianeta. Sarebbe lecito dunque aspettarsi che chi ci rappresenta, sia in parlamento che a livello internazionale, esibisca un outfit sempre impeccabile. E invece i politici italiani si sono raramente distinti per particolare classe nel modo di vestire. Anzi, talvolta, sono inciampati in vere e proprie cadute di stile.

La Prima Repubblica

Completi scuri di cotone o lana. Classici. Ma non di quel classico che non tramonta mai. Di quel classico che è banale fin da quando lo compri. Neri, al massimo grigi, in varie sfumature. Pure le cravatte prevalentemente scure su camicie rigorosamente bianche, dal colletto italiano. Questo era il “dresscode” della Democrazia Cristiana, all’insegna della sobrietà, del rigore, dell’austerità. Per non farsi notare, non dare nell’occhio, mentre da dietro le quinte si tiravano le fila della politica italiana, per oltre mezzo secolo.

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Un meeting tra impresari di pompe funebri

Non è che a sinistra, nel glorioso Partito Comunista Italiano, ci fossero look memorabili. Nei colori si rimaneva immancabilmente sul grigino, marroncino, verdino. Insomma c’era poco da stare allegri. Ma in fondo l’obiettivo era la rivoluzione no? Tra i compagni, spazio a tessuti come il velluto e il tweed, che tenevano caldo anche durante le manifestazioni invernali. Le camicie leggermente lise dal troppo uso completavano un outfit al risparmio per difendere in maniera più coerente gli interessi del popolo.

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Berlinguer e il tweed

C’è comunque un accessorio della prima repubblica che è tornato alla ribalta oggigiorno, grazie agli hipster, sempre a caccia di oggetti vintage da elevare a nuovi trend. Sto parlando naturalmente degli occhiali con la montatura spessa, indossati dal “divo” Giulio Andreotti e dal socialista Bettino Craxi nella foto sottostante. Non a caso la band indie-rock bolognese Lo Stato Sociale li hanno definiti in una loro hit “occhiali da Pentapartito”.

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Siamo cosi indie che…

La Seconda Repubblica

Dopo lo scandalo di Tangentopoli, c’era voglia di una politica diversa, nel modo di essere e di apparire. Insomma per dirla con i termini della moda, una nuova stagione. L’unico a non essersi accorto che il vento stava cambiando era il leader del PDS (successore del PCI) Achille Occhetto. Al dibattito TV contro il rampante industriale brianzolo Silvio Berlusconi, candidato per il centro-destra, Occhetto infatti si presentò con un tristissimo completo color cachi con cravatta in tinta. La debacle nelle urne fu inevitabile e quasi meritata dopo una tale caduta di stile, rimasta nell’immaginario collettivo.

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Sì era il 1994 e non il 1970

Il trionfatore di quelle elezioni avrebbe poi dominato la scena politica italiana per altri vent’anni. Di certo questo suo duraturo successo non è attribuibile al suo gusto in fatto di moda. Per lo più il Cavaliere si è vestito in maniera poco originale, senza osare troppo: completi neri o blu scuro, camicia bianca o azzurrina, cravatta scura. Insomma un bancario-assicuratore-avvocato qualunque.

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Ecco ora almeno siamo negli anni zero… in uno studio legale

Nonostante fosse un cultore dell’estetica, anche il self-made man di Arcore ha commesso  svariati fashion crime. Il più efferato è andato in scena il 16 agosto del 2004, durante una visita del primo ministro britannico Tony Blair e della moglie Cherie alla lussuosa villa di Berlusconi in Sardegna, a Porto Rotondo. L’ex premier ha abbinato ad un total white da mare in stile gelataio una scanzonata bandana degna del peggior bagnino di Riccione. Cosa ci fosse sotto è ancora un mistero. L’ipotesi più accreditata è che servisse a coprire i postumi dell’intervento per trapianto di capelli. Allucinante.

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Enzo Miccio dalla regia grida: “Ma come ti vesti!”

Nel suo schieramento c’è però chi ha fatto di peggio e in maniera reiterata purtroppo. Si tratta dell’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni. “Il celeste” infatti durante la sua carriera politica ci ha “deliziato” numerose volte con il suo look ostentato da fighetto milanese. Si va dal suo marchio di fabbrica, la giacca arancione da pugno nell’occhio, ad un ridicolo binomio maglietta a stampa di Donald Duck-chiodo di pelle, dal discutibile maglione con fantasia psichedelica all’improponibile camicia floreale su altrettanto improponibile pantalone viola acceso.

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Male
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Molto male
Milano, Palazzo Lombardia, conferenza stampa sulla sanita lombarda con Roberto Formigoni e Mario Melazzini.
Malissimo
BALLOTTAGGIO SINDACO DI MILANO 2011 AL VOTO ROBERTO FORMIGONI
No comment

Rimaniamo a destra e in Lombardia, passando però da un viveur meneghino ad un bracciante del varesotto: lo storico capopopolo della Lega Nord Umberto Bossi. Come definire lo stile del Senatur? Sicuramente molto “padano”: dalle canottiere sporche perché indossate per ore e ore a bordo di un trattore agli iconici indumenti verde pisello che mal si coniugano con le pallide carnagioni settentrionali.

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Petto villoso? Libero!
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Il verde è il mio colore preferito ma questa camicia non me la metterei mai

Intanto a sinistra, molto a sinistra, qualcosa si stava muovendo. A scardinare le porte dell’alta sartoria a colpi di falce e il martello, ci ha pensato Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione Comunista, con i suoi foulard e maglioncini di cachemire, sfoggiati alle feste mondane alle quali prendeva parte insieme alla moglie Lella. Ma a togliere definitivamente la naftalina dall’armadio rosso, è stato invece Nichi Vendola, leader di SEL ed ex governatore della Puglia, gay dichiarato,  mettendo in mostra degli outfit molto ricercati. Peccato che l’elettorato non abbia apprezzato questo salto di qualità, etichettandolo come un tradimento al tradizionale understatement socialdemocratico.

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La sinistra dei salotti parte I
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La sinistra dei salotti parte II

Oltre la seconda repubblica

Basta divisioni. Basta destra contro sinistra. Basta Berlusconiani contro anti-berlusconiani. Basta con i vecchi partiti. Basta con le stesse facce da vent’anni. Inneggiando alla rottamazione, il fiorentino Matteo Renzi ha rapidamente sconvolto lo scenario politico italiano. E una certa discontinuità rispetto ai suoi predecessori si è registrata anche negli outfit, che sono parte integrante della sua studiatissima strategia comunicativa. Il presidente del consiglio infatti veste abiti su misura, prodotti dal suo sarto di fiducia. Il suo look è sempre appropriato: istituzionale nei meeting ufficiali, più casual in altre occasioni. Fin troppo casual talvolta. Come nel caso del servizio fotografico per il settimanale “Chi” in cui esibiva una ridicola combo t-shirt bianca/giubbotto di pelle alla Fonzie di Happy Days.

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Renzie

Ma qual è il capo al quale il segretario del PD non può proprio rinunciare? La camicia bianca. E pare che ormai tutti i leader del centrosinistra in Europa seguano il suo modello, anche in fatto di abbigliamento, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Olanda. Un vero trendsetter.

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Una camicia bianca per una sinistra sempre meno rossa

Qualunque persona alla moda corre però un rischio… quello di essere troppo alla moda! Così Renzi, in un incontro con il presidente delle Filippine, si è piegato alla tendenza recente di portare l’orlo dei pantaloni corto. Anzi cortissimo, di modo che si veda il calzino, preferibilmente a contrasto, anche da in piedi. Un errore veniale, tipico di una fashion victim che vuole sempre sfoggiare un look all’ultimo grido

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Mi si vede il calzino?

Un presidente del consiglio così attento alla moda non poteva che contornarsi di collaboratrici piacenti e dal look curato. Spicca su tutte la 34enne ministro per le riforme Maria Elena Boschi. La toscana Boschi, ragazza acqua e sapone dal fisico formoso, ha una irrefrenabile passione per le scarpe col tacco alto e alterna alcune mise brillanti  e sofisticate (come il tailleur blu elettrico nel giorno del giuramento e il vestito rosso scarlatto per l’inaugurazione del Maggio Fiorentino) ad altre (fin troppo) audaci e vistose (le scarpe leopardate indossate nella foto sotto).

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Versione santarellina con le bambine del Congo
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Versione malandrina per la Leopolda

Ma anche la più matura ministra per la semplificazione e la  pubblica amministrazione Marianna Madia si difende egregiamente con delle scelte decisamente più semplici e signorili. Quasi sciatte alle volte. La bionda e boccoluta Madia, dal viso quasi seicentesco e dalla figura snella, predilige capi classici e leggeri e colori tenui e senza tempo. Che non passano mai di moda ma che in fondo non lo sono mai per davvero.

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Un po’ più di espressività magari Marianna

Menzioni d’onore

Fa storia a sé Oscar Giannino, giornalista economico e fondatore di Fare per Fermare il Declino, partito elitario e liberale che all’elezioni del 2013 non ha raggiunto la soglia di sbarramento necessaria per entrare in parlamento. Mentre il suo master all’Università di Chicago si è rivelato una bufala, il suo inconfondibile e variopinto stile dandy (ai limiti del kitsch) ha lasciato il segno, come testimonia la pagina Facebook “Hipster per Giannino”.  Inarrivabile.

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Master in abbigliamento vintage: ce l’ho!

Alla stravaganza di Giannino, si contrappone la raffinatezza di quella che è forse l’unica vera “grande donna” della politica italiana, l’ex ministro degli esteri Emma Bonino. Per molti anni la Bonino, esponente storica insieme a Marco Pannella del Partito Radicale, non ha mai dimostrato particolare attenzione per il suo look, probabilmente per dare risalto alla sostanza delle sue battaglie politiche piuttosto che alle frivole apparenze. Ma da quando ha assunto ruoli più istituzionali Emma ha pescato dal suo armadio  fantastiche giacche dai colori accesi e dal taglio vagamente esotico. Nemmeno un tumore al polmone le sta impedendo di dare continue lezioni di classe alle sue più giovani colleghe.

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Perché la moda è anche coraggio

Valerio Vignoli

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