Le primarie dei Democrats: tutto quello che bisogna sapere per il SuperTuesday

Cosa: Primarie del Partito Democratico

Dove: USA

Come: scegliere la persona che in Novembre cercherà di battere Trump e diventare il Presidente degli Stati Uniti d’America.


Come funzionano le primarie, in poche righe

Ogni Stato ha un certo numero di “delegati”, proporzionale alla popolazione. 3979 delegati in tutto.
Ogni Stato ha le sue regole: alcuni eleggono i delegati su base provinciale, altri su base statale (in questo caso una sola candidata ottiene delegati, tutti gli altri zero).
Chi arriva a 1991 ottiene la maggioranza assoluta, e diventa quindi la candidata del partito.

Concetto chiave: non si vota contemporaneamente in tutti gli Stati. Si parte dall’Iowa, poi New Hampshire, Nebraska e South Carolina, tutti in giorni diversi. Poi ci sono il SuperMartedì (spiegato sotto) e il turno di metà marzo (6 Stati tra cui il Michigan, swing state alle ultime elezioni, e quindi sotto i riflettori). A questo punto, il 62% dei delegati sarà stato deciso.

Seguono gli Stati rimanenti in Aprile (il 28 si vota a New York e in Pennsylvania, altro swing state) e maggio, per finire il 9 giugno con le Virgin Islands (ebbene sì, votano per le primarie).

Tra il 13 e il 16 luglio tutti i delegati si riuniscono a Milwaukee, Wisconsin, per il voto finale, dove di solito la partita è sostanzialmente chiusa. Non è detto che stavolta lo sia, per un motivo che spiego alla fine.

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Il candidato che tutta Milwaukee preferirebbe. Foto: CBS Sports

Tre punti importanti da ricordare:

  • Non esiste il finanziamento pubblico ai partiti, quindi una dei fattori più importanti per una candidata è l’essere in grado di generare entusiasmo, per tradurlo in finanziamenti per la campagna elettorale. Tra i Dem, si passa dal miliardario Mike Bloomberg (Francesco Costa racconta la sua storia qui) al finanziamento basato su piccoli contributi di cui Sanders ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. Per più informazioni sullo status dei finanziamenti, questo articolo di NPR è una buona fonte.
  • Non c’è la par condicio. Quindi più soldi hai, più pubblicità a tuo favore puoi mandare sui social e in tv. Per esempio, Bloomberg ha fatto trasmettere uno spot a suo favore nella pausa pubblicitaria durante il dibattito Dem. Dal nostro punto di vista, un problema di pari opportunità. Ma è anche vero che in Italia la maggior parte dell’elettorato ha voluto e vuole tagliare i fondi pubblici ai partiti, quindi forse il futuro è questo, direbbe Tocqueville.
  • Per votare, bisogna essere registrati (regola ampiamente discussa e che limita l’accesso ad alcune categorie di elettori). Nel caso non ci si possa recare ai seggi, si può votare per posta: nonostante sia un fattore positivo per incoraggiare l’affluenza, comporta alcuni problemi (in Michigan sarà un possibile fattore di caos).

Chi erano i candidati fino a 3 giorni fa

Riassunto estremamente semplificatore, altri candidati ritiratisi in precedenza sono stati omessi per motivi di spazio.

Nome Età Chi è Tratto Distintivo Numero delegati al 3 Marzo
Joe Biden 77 vice-Presidente con Obama Moderato e conosciutissimo.

Terza candidatura
alle primarie presidenziali (1988 e 2008)

54
Mike Bloomberg 78 Co-fondatore di Bloomberg L.P.,
ex-Sindaco di New York
Punta sulla sua quasi illimitata capacità di finanziamento
come leva per battere Trump
0
Pete Buttigieg 38 ex-Sindaco di South Bend Giovane, moderato. Parte benissimo in Iowa. 26
Amy Klobuchar 59 Senatrice dal Minnesota Moderata, al terzo mandato con vittorie schiaccianti. 7
Bernie Sanders 78 Senatore dal Vermont Sconfitto da Clinton nel 2016.
È il candidato più progressista
60
Elizabeth Warren 70 Senatrice dal Massachussets Si presenta come punto mediano tra Sanders e i moderati 8

 

 

All’inizio dell’articolo si sottolineava come il fatto che si votasse in alcuni Stati prima che in altri sia un fattore importantissimo. Perché?

Perché questi Stati servono per galvanizzare i propri elettori e raccogliere soldi, senza i quali è impossibile provarci.  È in parte quello che gli economisti chiamano profezie che si auto-determinano: vincere in uno Stato induce gli elettori in un altro Stato a considerare come potenziale vincitrice finale la tal candidata. Leggendo l’equazione al contrario, andare male all’inizio, soprattutto se il candidato non ha soldi pressoché illimitati come Bloomberg, può voler dire non riuscire ad avere fondi ed energie per continuare.

Ecco cos’è successo.


Cosa è successo in questi ultimi due giorni

Il 1 Marzo Pete Buttigieg si ritira. È andato parecchio male in South Carolina, ma la decisione arriva in parte inaspettata. Avrebbe per lo meno potuto aspettare il SuperTuesday, una questione di pochi giorni.

Il 2 Marzo [ieri, n.r.d.] si ritira anche Amy Klobuchar. La sopresa è minore: Klobuchar non ha mai avuto percentuali nei sondaggi tali da pensare di provare seriamente a vincere, dovendo competere al centro contro Biden, Buttigieg e Bloomberg.

Entrambi si ritirano poche ore prima di uno dei momenti chiave delle primarie. Una spiegazione può essere la seguente: sia Klobuchar e soprattutto Buttigieg sono forse al massimo della loro popolarità. Se dovesse andare male Martedì potrebbero finire nel dimenticatoio (alzi la mano chi si ricorda di John Kasich, candidato repubblicano nel 2016, per esempio). A questo punto, come scrive il New York Times, conviene ritirarsi e capitalizzare il consenso a disposizione ora, indirizzandolo verso il candidato preferito.

Strategia che segueno sia Buttigieg  sia Klobuchar, sostenendo apertamente Joe Biden, il quale incassa un altro appoggio da parte dell’establishment dem.

A chi vanno i delegati dei ritirati? La risposta è quasi sempre la stessa: dipende dalle regole di ciascuno stato. In alcuni stati i delegati in questione diventano automaticamente “unpledged”, cioè liberi dal mandato della circoscrizione che li ha eletti, in altri invece possono votare per un altro candidato solo dopo due o tre round della votazione finale.

Tornando sulla strategia dei moderati, ecco perché il momento è così importante.


Cos’è il SuperTuesday

Arriviamo al SuperTuesday: nello stesso giorno si vota in 14 Stati e American Samoa, per un totale di 1,357 delegati, un terzo del totale.

Si vota contemporaneamente in: Alabama, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota,  North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont e American Samoa.

 

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Fonte immagine: New York Times

A differenza degli Stati dove si è votato finora, i candidati si trovano a dover competere nello stesso giorno in Stati completamente diversi tra loro: dal New England, dove ci si aspetta una vittoria di Sanders, agli Stati del sud (Alabama, Tennessee, Arkansas), dove probabilmente Biden confermerà il risultato conseguito in South Carolina, alla California e al Texas (mondi a parte), Colorado e Utah (West, ma diversissimi tra loro), e il Minnesota per il Midwest.


Cosa tenere d’occhio?

  1. Guardare i risultati Stato per Stato.
    Dalla California arrivano 415 delegati, e dal Texas 228. Entrambi gli Stati sono fondamentali per le primarie, ma quasi irrilevanti per le elezioni di Novembre: la California voterà quasi sicuramente il candidato Democratico, tanto quanto il Texas farà lo stesso con quello Repubblicano.
    Più interessante invece concentrarsi su Stati come il Minnesota, dove nel 2016 Clinton ha vinto di poco contro Trump, e qui il peso di Amy Klobuchar può essere determinante per dare peso alla candidatura di Biden. Al contrario, se Warren o Sanders dovessero vincere in Minnesota, potrebbero giocare la carta del “vinco, senza aiuti, in uno Stato tradizionalmente sì Dem, ma moderato”. Ancora più rilevante il risultato in Alabama. Ed è qui che sia Warren che Sanders devono dimostrare di essere in grado di convincere gli afroamericani, i quali in South Carolina hanno votato massicciamente per Biden.
    Stessa cosa andrà fatta fra pochi giorni per Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
  2. Ovviamente, il risultato generale.
    Le possibilità sono le seguenti:
    a – un candidato in fuga
    b – due candidati nettamente davanti agli altri
    c – tre candidati sostanzialmente appaiatiNel primo caso aspettative, finanziamenti e voti convergeranno verso la candidatura più forte.
    Nel secondo, dipende tutto da qual è la coppia: se uno dei due finalisti è Biden, allora si tratta di capire se lo sconfitto tra Sanders e Warren è disposto a farsi da parte per sostenere l’altro candidato progressista, se invece continuare fino alla fine, o se ritirarsi senza dare nessun sostegno. Se n’è discusso molto sui social media, dove sostenitori di Warren e di Sanders sostengono che (ovviamente l’altra parte) avrebbe dovuto convergere sul proprio candidato, per controbilanciare la mossa di Buttigieg e Klobuchar. Si tratta di una richiesta i cui effetti sono valutabili solamente con il senno si poi, quindi non ha particolarmente senso rifletterci su, vedremo i risultati.
    Nel caso in cui 3 candidati (uno dei quali può essere Bloomberg, non dimentichiamolo) abbiano un numero simile di delegati, la partita verrà forse decisa negli stati successivi, ma molto probabilmente nessuno otterrà la maggioranza assoluta del totale.

 


E se nessuno ottiene la maggioranza assoluta?

Secondo le previsioni attuali di FiveThirtyEight, Biden è dato con il 21% di probabilità finale di vittoria, Sanders con il 16%, gli altri a 0. Mentre la probabilità che nessuno abbia la maggioranza assoluta è del 63%.

In questo caso il primo voto alla convention di Milwaukee non risulterà in un vincitore: la convention è detta contested.

Entrano in gioco i SUPERDELEGATI, il cui nome ben si sposa con l’approccio alla vita di questo interessante paese. Si tratta di 771 delegati che non vengono eletti ma sono figure rilevanti nel panorama attuale e passato del Partito Democratico: Governatori, Senatori, Sindaci di città importanti.
Con la loro aggiunta, si procede a successivi voti, fino a raggiungere una maggioranza. Bisogna risalire al 1952 per trovare l’ultima volta che ci si è trovati in questo caso.

È quindi per questo che conta avere l’appoggio del partito: nel caso in cui dovessere essere un pareggio tra Sanders e Biden, la situazione sarà tutta a favore del vice-presidente, che quindi può accontentarsi anche di un pareggio nel SuperTuesday, mentre per Warren, Sanders e Bloomberg serve necessariamente una vittoria.

Giacomo Romanini

[Immagine di copertina: modifica su fotomontaggio di Una foto diversa della prima Repubblica. Ogni giorno.]

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