Mercoledì sera è andato in onda il terzo e ultimo dibattito tra i Hillary Clinton e Donald Trump, i due principali candidati alla presidenza degli USA (gli altri due sono il libertariano Gary Johnson e la verde Jill Stein).
In un’ora e mezza Clinton e Trump rispondono a domande di un giornalista, in base a regole stabilite da un’apposita commissione.
Breve riassunto dei primi due confronti (se sei più informato di Lester Holt clicca qui per saltare direttamente al terzo):
Primo dibattito
- Clinton. Ha dimostrato l’ovvio, cioè di avere esperienza, competenza e voglia di vincere queste elezioni. Riesce bene soprattutto nel liquidare con una frase secca la spinosissima questione email (così famosa che c’è pure un articolo su Wikipedia) PS: il vestito rosso a me è piaciuto;
- Trump. Molto poco Trump: non sferra nessun colpo particolarmente incisivo (rispetto al suo standard, s’intende). Si mantiene sui temi chiave della campagna elettorale, come avevo già avuto di sentire in diretta quando sono andato al suo comizio a Dimondale, qui in Michigan.
- Livello di show scarso. Questo è stato il meglio della serata
CLINTON: I have a feeling that by, the end of this evening, I’m going to be blamed for everything that’s ever happened.
TRUMP: Why not?
Secondo dibattito
Mettendo da parte la sostanza del dibattito, nella forma è stato uno show spettacolare. Se ve lo siete perso, Alessandro Maffei lo commenta in modo dettagliato. Mi trova d’accordo soprattutto su come descrive la percezione che danno i due candidati: lui, quello che volutamente esce dai canoni della politica con qualsiasi mezzo; lei, che sconta i lati oscuri di decenni di attività politica.
Come si fa a votare per Trump, onestamente? Il miliardario newyorkese è una mina vagante su qualsiasi politica, dal mercato del lavoro interno alla politica estera (dove si potrebbe potenzialmente avere un asse USA-Russia, roba che neanche a Risiko).Il tutto condito da un pizzico di razzismo, un tanto al chilo di sessismo e un po’ di evasione fiscale per dessert.
Come si fa a votare per Clinton, onestamente? Troppi scheletri nell’armadio. Una fondazione Clinton della quale si vedono sempre più lati oscuri, l’imbarazzante questione mail, un appeal decisamente medioprogressista.
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Infine il terzo dibattito.
Mentre ho seguito i primi due da bravo interessato alla politica, con la voglia di imparare come funzionano le elezioni qui negli USA, mercoledì sono tornato a casa dopo 12 ore filate in università e un esame parziale il giorno dopo. Quindi, voglia zero.
Ne ho approfittato per immedesimarmi meglio in quello che succede ai più: torni a casa stravolto la sera e accendi la tv.
È successo il fattaccio: ho spento dopo mezz’ora.
Trump sottotono, Clinton lancia in resta, molto simile al primo dibattito. Una noia mortale: la sensazione che tra Donald e la chioma bionda abbia ragione Paperoga
E non venitemi a dire che la storia che Trump ha detto che accetterà il risultato a seconda del risultato è interessante. È Donald Trump che improvvisa una risposta negli USA, non un militare in un paese che esce dalla guerra civile.
Cosa fare da adesso alla data del voto (8 Novembre)?
L’unica fonte plausibile di informazione sul futuro sono i sondaggi: la mia pagina preferita per controllare gli aggiornamenti è quella del New York Times, ma online trovate diversi siti che li confrontano. Il caveat è appunto NON affidarsi ad un singolo sondaggio, che deve necessariamente assumere delle ipotesi sul campionamento e sul trattamento dei dati grezzi, oltre al fatto che stessi dati possono portare a risultati diversi a seconda del modello previsivo utilizzato.
Sono quindi tutti da buttare? No, anche perché diversi hanno una metodologia decisamente avanzata. Insomma, oggetti da citare con cautela.
Assumendo per vero il clima generale, dato ormai costante a partire dalla convention democratica è che Hillary Clinton è in vantaggio.
Situazione che tuttavia può facilemente trasformarsi in un incentivo all’astensione. Infatti, più i sondaggi ne confermano il vantaggio, più l’elettorato a sostegno della Clinton esclusivamente in funzione anti-Trump, turandosi un naso abituato ai profumi retorici di un Obama o un Bernie Sanders, non si sente fondamentale per la vittoria finale. “Se Clinton vince anche senza che io debba votare è fantastico: Trump perde e io non mi sporco le mani”, esulta il nostro democratico (o repubblicano, visti i tempi) combattuto.
In questa categoria è potenzialmente inclusiva di diverse tipologie di elettori:
- sostenitori di Sanders;
- sostenitori di Obama, che non vedono in Clinton una “degna” continuazione;
- delusi da Obama, che voterebbero Clinton solo per non avere Trump come presidente;
- indecisi/non appassionati/gente normale che non segue la politica minuto per minuto, che in un’elezione con un contenuto qualitativo così basso decide di fare altro il giorno delle elezioni;
- repubblicani “anti-Trump”.
Se i sondaggi dei prossimi giorni vedranno restringersi il margine di differenza, i Dem potrebbero beneficiarne il giorno delle elezioni proprio per questo motivo.
In caso contrario, Trump potrebbe vincere proprio grazie alla leva che i sondaggi possono ottenere sui casi di obtorto collo.
Per fortuna a Novembre farò solo da spettatore, ma per il momento incasso una bella lezione: mi sono sempre scagliato contro chi diceva di astenersi. Ma, si sa, a vent’anni si è stupidi davvero. Non gli astenuti, ma le cause dell’astensionismo logorano la democrazia.
In questo caso, i due candidati meno amati nella storia moderna degli USA.
Giacomo Romanini
2 rinfreschi elettorali USA:
- non conta tanto la percentuale dei voti a livello federale, ma piuttosto quella all’interno di ogni stato, ciascuno dei quali esprime un certo numero di grandi elettori, solo i quali eleggono il Presidente.
- bisogna essere registati per votare, ed il termine ultimo è già scaduto un paio di settimane fa.