Alessando Maffei ha 19 anni ed è di Novara. Studente universitario, ha deciso di volare a Miami per partecipare, come volontario, alla campagna elettorale della candidata democratica Hillary Clinton e per osservare in prima persona l’evento politico dell’anno. La rubrica USA2016 Pills raccoglie le sue impressioni, le sue idee e gli elementi più interessanti della sua esperienza.
La scorsa domenica sera, sarò sincero, era partita col piede giusto. Era una di quelle giornate così così, che prendono all’improvviso una svolta. Questo cambiamento repentino e illuminante può derivare da tante cose: un paesaggio inaspettato, una bella opera d’arte, l’incontro con una persona speciale. La Svolta (e metteremo d’ora in poi la lettera maiuscola perché è un qualcosa di così raro da meritarsi tale sottolineatura) può avvenire per tanti motivi, i quali variano in base allo spirito della persona in questione. Nel mio caso, che sono una persona semplice, la Svolta consisteva in un alimento, nello specifico del pane: dopo 10 giorni di cibo spazzatura e blasfemie culinarie avevo finalmente trovato del pane degno di questo nome. Non certo quella cosa squallida e dolciastra che danno nei fast food, nossignore! Stiamo parlando di un signor pane, una pregiatissima baguette francese! Insomma, sembrava che tutta la serata potesse volgere al meglio, quando un avvenimento sgretola il mio buon umore: accesa la TV vedo incominciare, preciso come una medicina amara, il secondo dibattito presidenziale.

Già in apertura si toccano soglie di becerume notevole, con Donald Trump che invita tutte le amanti passate di Bill Clinton in sala a testimoniare che persona immeritevole sia l’ex presidente (cosa c’entri ciò con Hillary Clinton è ancora materia oscura). L’incontro consiste in un botta e risposta tra i due contendenti, i quali hanno 120 secondi a testa per rispondere alle domande del pubblico. All’ingresso in sala i due si salutano senza stringersi la mano.
Donald Trump sembra un ranger texano tirato a lucido per l’occasione, con la cravatta che gli spunta fuori dalla giacca, la bandiera americana appuntata sul cuore, i capelli improbabili e la pelle esageratamente abbronzata. Hillary Clinton è invece una perfetta radical chic: giacca blu, vestito azzurro/indaco, trucco impeccabile. Le sue mani paiono quelle di una dama che non ha mai lavorato. I due iniziano subito ad attaccarsi e, dopo pochi minuti, Trump (in riferimento allo scandalo mail) afferma che se fosse presidente Clinton, sarebbe in prigione. Le domande presto virano sul video che ha fatto scandalo negli ultimi giorni riguardo alle relazioni di Trump con le donne: il repubblicano afferma che nessuno più di lui rispetti il gentil sesso (il tycoon avrà letto le interviste passate di Berlusconi?), che Clinton sia il diavolo e che suo marito sia un pedofilo.
È anche in questo che si vede la differenza tra i due: Trump, palesemente, non è un politico di professione, quando parla biascica, continua a tirare su col naso e passeggia distrattamente mentre l’avversaria parla, forse per sciogliere la tensione. Tende inoltre a dipingersi come una vittima. Il suo linguaggio è triviale, ma accessibile a tutti. Potrebbe essere tranquillamente un pensionato razzista che si incontra al bar e con il quale parlare del più e del meno. Clinton è molto più preparata, parla un inglese inappuntabile e scandisce bene le parole. Le sue pause sono perfette e ti lasciano con il fiato sospeso, come se stesse per dire una verità sconvolgente. Ti danno continuamente l’impressione di assistere a qualcosa di grande. Tuttavia sorride in continuazione, anche nelle situazione che non lo giustificherebbero affatto, e questo la fa sembrare una persona sgradevole, arrivista e un po’ snob: una di quelle che sarà gentile con voi solamente se potrà ottenere qualcosa in cambio. Inoltre, aspetto che nella politica spettacolaristica di oggi è nient’affatto secondario, è completamente priva di senso dell’umorismo. Trump, al contrario, è più avvezzo alle battute, cosa che riesce a creare empatia con gli spettatori.
Il dibattito continua e onestamente nessuno sembra davvero interessato alla politica in senso tradizionale: si parla quasi sempre dei problemi e delle vicende personali dei candidati (e i conduttori non fanno quasi nulla per evitarlo). Lascia basiti la superficialità con cui vengono liquidati temi importanti, per lasciare posto al gossip: Trump dice che vuole abolire l’Obamacare per fare una riforma migliore, ma non specifica nulla al riguardo. Che tipo di riforma ha in mente il candidato? Sanità legata alle assicurazioni stipulate per contratto di lavoro o a pagamento secco? Come supplire alle carenze del primo modello legate alla disoccupazione? Come tutelare i minorenni? Continua dicendo che vuole abolire le tasse create da Obama. Come recuperare i mancati introiti? Si fa riferimento a tagli per ogni fascia di reddito o solo per alcune? Clinton, d’altro canto, assume talvolta posizioni improbabili: afferma di voler combattere l’Iran, la Russia e la Siria contemporaneamente. Possiamo permetterci di considerare l’Iran un nemico in un periodo così difficile? È vero che la candidata democratica promette di risolvere il problema tra sciiti e sunniti (vi giuro che non è una battuta, è veramente uno dei punti del suo programma), ma possiamo rinunciare in questo momento alla massima potenza sciita senza metterci nelle mani dell’Arabia Saudita? Continua dicendo che risolverà il problema in Siria con una no-fly zone (che è come se un medico per guarire da un colpo di fucile vi prescrivesse un’aspirina) e sostiene di voler dare le armi ai curdi. Questi però non si fanno ammazzare senza motivo. Stiamo parlando di creare il Kurdistan? Come si convincerebbe Erdogan a farlo? Come convincere i russi? Nessuna delle ingenue domande da me qui scritte è stata posta nella serata di domenica.
I temi politici vengono appena sfiorati, e nel complesso sembra di trovarsi di fronte a una mascherata inadatta a scegliere l’uomo più potente del mondo. Nessuno dei due ha né la voglia né l’interesse di approfondire i temi, preferendo abbandonarsi ai litigi stile salotto televisivo. Non vengono inoltre aiutati da un format di dibattito che può essere efficace per selezionare un cantante a X-Factor ma non lo è altrettanto per il Presidente degli Stati Uniti. La serata si chiude con la domanda spiazzante dal pubblico: che cosa, rispettivamente, l’uno apprezza dell’altro? Con appena due ore di dibattito, una domanda assolutamente necessaria! Clinton risponde che apprezza i figli di Trump (commettendo un errore strategico: da un lato mostra di non saper riconoscere i pregi dell’avversario e dall’altro dà al tycoon l’immagine del bravo padre di famiglia, cosa quanto mai apprezzata dalla destra americana). Il repubblicano afferma di riconoscere alla ex first lady di essere una guerriera. Alla fine del dibattito le analisi fatte dalla NBC (sì perché dopo c’è anche un post dibattito che, esattamente come i post partita di Sky per il calcio, analizza momento per momento l’incontro) rivelerà che Trump ha mentito molto di più di Clinton e che ha sforato un numero superiore di volte i suoi minuti. Quasi nessuno, però, entrerà nel merito di cosa abbia detto in quei due minuti.
Non lasciamo però che tutto questo chiacchiericcio ci distolga dal vero argomento topico dell’articolo, ossia quello che mangio: questa sera mi sono nutrito con delle penne all’arrabbiata surgelate il cui sugo era concentrato in cubetti ghiacciati da sciogliere (se non ci credete guardate la foto). Inoltre l’unico mezzo che ho per prepararmi da mangiare è un forno a microonde. Quindi se uno chiunque dei lettori fosse commosso dalla mia condizione e avesse il buon cuore di volermi inviare del cibo degno di questo nome mi contatti in privato o scriva alla redazione di The Bottom Up. Non si sa mai che con una dieta migliore, non mi restino meno indigeste anche le dichiarazioni e le interviste ai due candidati alla presidenza.
Grazie anticipatamente.
Alessandro Maffei
Un pensiero su “Di quella volta in cui il Dibattito mi rimase sullo stomaco”