Big Tasty Music: una contorta riflessione

Un concetto che è spesso difficile da definire, nella musica popolare contemporanea (cioè: la musica pop) è la linea tra l’arte e il prodotto. Se è vero che molti gruppi producono musica con ideali artistici, è altrettanto vero che nella virtuale totalità dei casi, questa stessa musica è anche un prodotto. In quanto prodotto, soddisfa un bisogno dei consumatori, ma soprattutto mantiene in piedi un’industria: quella discografica, ma anche, e (di nuovo) soprattutto, quella concertistica. Quindi sorge spontanea la domanda: quanta libertà hanno i musicisti pop di creare arte?

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Va bene, Lars. Va bene.

Questa riflessione nasce dalla lettura di un interessante articolo uscito su Metal Hammer, storica rivista dedicata (avete indovinato) alla musica metal, poco tempo fa, in cui l’autore si interrogava sull’effettiva opportunità per i System of a Down di produrre un nuovo disco. La band ormai è tornata insieme da molti anni dopo lo scioglimento del 2006, poco dopo l’ultimo album pubblicato, Hypnotize (che in realtà era solo la seconda metà di Mezmerize, uscito l’anno prima), eppure, pur continuando ad andare in tour, non sembra esserci la pubblicazione di materiale inedito all’orizzonte. Non sono gli unici, dopotutto: i Tool hanno fatto lo stesso per 13 anni prima di finalmente cacciar fuori il disco, che, come sapete bene se avete letto la mia recensione, è una ciofeca. Giustamente, a volte è meglio limitarsi a suonare i vecchi classici (che poi i System dal vivo siano inascoltabili è un’altra storia – vedere video) anziché far uscire roba sotto lo standard (spesso impossibile).

È ora di finirla di pretendere nuova musica dagli artisti che amiamo. So che buona parte dei lettori di The Bottom Up è costituita da hipster del cavolo che ascoltano roba che conoscono solo loro, ognuno nel suo genere (naturalmente mi includo nella categoria), e anche se bruciano internamente sperando che escano cose nuove dei loro beniamini non farebbero mai scenate in pubblico pretendendole (vero?). Ma i fan dei gruppi più famosi sono una cosa spaventosa. Tempo addietro, mi sono ritrovato inserito in un gruppo di fan dei Pink Floyd. Tempo due giorni e volevo fuggire terrorizzato. Ho deciso comunque di rimanere, tipo esperimento sociale, perché ero affascinato dal fatto che dei quaranta/cinquantenni potessero scannarsi a quel modo perché Roger Waters sarebbe di sinistra (con tutto il bene, ragà: tutti possono ascoltare tutto, ma se vi stupite delle prese di posizione di Roger Waters forse dovreste rileggerveli bene, i testi dei Pink Floyd). Ebbene in questo gruppo uno dei temi più ricorrente è una potenziale reunion della band. Ovvio che, dal momento che le scalette live dei tre membri sopravvissuti sono costituite in larga parte da materiale Pink Floyd, dice, e che ci vuole?
Ma la domanda che io pongo a loro e a tutti gli altri ‘fan’ è: ma voi i dischi non li avete? Anche io vorrei tornare indietro nel tempo (neanche troppo) e riuscire a sentire i Rush dal vivo, ma ahimè ciò è impossibile, e va bene così. Bisogna accettare che il tempo passa e le cose finiscono.
Con i miei amici (quelli che tollerano gli sproloqui su chi suona il basso sulla quarta traccia di quell’album registrato nel 1972 ma…) passo spesso per quello intransigente (leggasi: rompipalle) perché faccio questi discorsi. Eppure non posso farne a meno. Viviamo in un’epoca di totale accessibilità al medium musicale pop e non, un fatto che io peraltro ritengo abbia un lato negativo che oscura quello positivo: avere tutta la musica sempre disponibile ovunque la rende fruibile a più persone, ma le fa perdere di importanza, le toglie quella magia che porta il rituale del procurarsela con dolore. Sembra che io sia un po’ partito per la tangente, e forse lo sono, ma quello a cui voglio arrivare è: visto che tutta la musica è accessibile ovunque, perché dovete angosciare voi stessi et universa omnia per averne di nuova subito – o peggio ancora sperando che le band vadano in tour suonando quella vecchia?

Ci sono gruppi che dei fan, giustamente, se ne fregano: un po’ perché possono permetterselo, un po’ perché hanno abituato fin da subito i suddetti fan al fatto che non sarebbero stati dietro ai loro capricci. È il caso degli Opeth, una generosa porzione dei cui fan sbraita e scalpita come neonati aristocratici che vuole che Mikael torni a cantare in growl, la tecnica di canto death metal da lui abbandonata nel 2011. E lui, come spiega in una bella intervista, dice che in realtà lo rende felice che tutta questa gente sbrocchi perché non fa più il growl, perché vuol dire che i suoi dischi vecchi significano qualcosa. Allo stesso tempo, però, lui è andato avanti, musicalmente e personalmente, quindi non ha interesse a riprendere stilemi abbandonati (ormai siamo al quarto album di fila senza growl).

Altri gruppi, invece, sebbene già sciolti e in lotta tra di loro – i Pink Floyd già citati – continuano a mungere la nostalgia dei fan buttando fuori cofane di materiale più o meno inedito e di qualità a volte dubbia e suonano quasi esclusivamente materiale della band nei loro tour solisti.
Roger Waters: 17 brani dei Pink Floyd su 24 in scaletta, per un tour chiamato col titolo di una loro canzone (Waters è uscito dai Floyd nel 1983 e si odia abbastanza con Gilmour);
Nick Mason: 22 brani dei Pink Floyd su 22 in scaletta, per un tour interamente dedicato agli anni pre-Dark Side of the Moon;
David Gilmour: 14 brani dei Pink Floyd su 23 in scaletta.
È normale che accada questo: ormai i tour sono la principale fonte di introiti per le band, ma soprattutto per le persone che ci lavorano è un po’ come fare la stagione estiva. Se il tour va male, la band non guadagna e le persone restano senza lavoro, quindi bisogna fare in modo che la gente ci vada, al concerto, e il modo migliore è suonare i classiconi, dato che non tutto il pubblico è composto da hipster del cavolo.

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Anche noi ti amiamo, Lerxst.

Ὁ μῦθος δηλοῖ ὅτι*… non lo so. Immagino che la riflessione che vorrei scatenare sia di essere ascoltatori più attenti e non consumare la musica come se fossero i panini del McDonald’s (a proposito, avete visto? È tornato il Big Tasty!).
Volete musica di qualità dalle vostre band preferite? Dimostratelo, quando scegliete i concerti a cui andare o i dischi da comprare, o (brr) le playlist che vi fate su Spotify. Oppure chiedete a me.

 

Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus

 

*”La favola insegna che…”, la formula con cui si concludevano le favole di Esopo.
[Immagine di copertina: letterboxd.com, dal film Alta Fedeltà di Stephen Frears – come potete immaginare se l’avete visto, il personaggio di Jack Black in questo film è il mio spirito guida, e se lo ritenete opportuno potete leggere questo articolo con la sua voce in mente]
[Altre immagini: Lars – gacelacardona.com; Rush alla R&R Hall of Fame – gfycat.com]

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