Bielorussia. “Contro il popolo, contro la Costituzione. Lukashenko vuole solo il potere”. Intervista a Valery Tsepkalo

Viktar Babaryka, arrestato il 18 giugno, Siarhei Tsikhanouski, arrestato il 6 maggio e Valery Tsepkalo, costretto a fuggire in Russia, Ucraina e infine in Polonia, dove si trova attualmente con la moglie Veronika Tsepkalo, che è rimasta in Bielorussia fino alla vigilia delle elezioni, supportando l’unica candidata dell’opposizione a Lukashenko, Svjatlana Cichanoŭskaja. Migliaia di video diffusi sul web, testate indipendenti come TUT.by e canali Telegram come Nexta, mostrano centinaia di migliaia di cittadini che protestano pacificamente per le strade di Minsk, con centinaia di arresti e episodi di tortura nelle carceri da parte dell’OMON. Da alcune ore non si hanno notizie di Maria Kolesnikova, ultimo membro dell’opposizione rimasto in Bielorussia.

Ora la parola all’opposizione politica, con un’intervista a Valery Tsepkalo, che ha risposto alle nostre domande sulla delicata situazione politica del Paese. Candidato alle presidenziali in Bielorussia del 2020, ex ambasciatore negli Stati Uniti e in Messico e fondatore del Belarus Hi-Tech Park, Silicon Valley dell’Est Europa.

Come considera l’attuale situazione politica nel Paese?

La Bielorussia vive un momento di profonda crisi, soprattutto economica, sociale e politica. È la crisi del sistema di valori, a causa dell’attuale Presidente – che non voglio chiamare Presidente – che ha manipolato i risultati elettorali. Ma Lukashenko vuole continuare a costruire una società obbediente, pensa di poter fare ciò che vuole col popolo, ignorando la Costituzione, la legge, inclusa quella elettorale. Tuttavia, il popolo bielorusso vuole la democrazia, vuole avere il diritto di scegliere i propri leader e in questo momento possiamo vedere nel Paese un vero e proprio conflitto tra sistemi di valori. Da una parte vediamo quei valori legati all’autocrazia, alla dittatura, in cui solo un uomo detiene tutti i poteri. Ma dall’altra parte, il popolo bielorusso vuole vedere il proprio Paese democratico, una nazione civilizzata, in cui c’è un Parlamento indipendente, con tribunali indipendenti, media indipendenti, e in cui possiamo scegliere il nostro leader. I Bielorussi vogliono vedere questo.

Pensa che nel futuro più prossimo sia possibile abrogare gli emendamenti autoritari sulla Costituzione fatti dal regime di Lukashenko? E trovare un bilanciamento tra i poteri – politico, giuridico e legislativo – nel Paese?

La Costituzione precedente era decisamente migliore rispetto a quella attuale, Lukashenko l’ha modificata solo per se stesso. Ma io penso che un ragionamento sulla Costituzione non sia nell’agenda più immediata della società bielorussa. Quest’ultima deve riflettere l’attenzione dell’opinione pubblica, e il primo problema in questo momento è proprio Lukashenko. Il cuore del problema è che lui vuole restare al potere. Contro tutti, contro il nostro popolo, contro la Costituzione, contro la legge elettorale. Vuole solo stare al potere, e in sostanza questa è la sua agenda. 

Io penso che il dibattito – sulla Costituzione – si possa aprire più avanti. Come si formerà il Governo, come si sceglierà il Parlamento, se ci sarà un proporzionale o un sistema maggioritario, se i membri del Parlamento saranno eletti dai partiti dai vari collegi. Non ha importanza ora. Possiamo discutere di queste questioni in un momento successivo, ora con Lukashenko non abbiamo alcuna chance, perché lui vanificherebbe ogni cosa, cercando di ottenere sempre più potere. Questo è il nostro problema in sostanza. Lasciateci decidere sui brogli elettorali, lasciateci cacciare Lukashenko dal potere, lasciateci proclamare la Bielorussia uno Stato democratico, e poi possiamo parlare di tutto il resto.

Dalla prospettiva dell’opposizione politica in Bielorussia, state unendo le forze con gli altri membri dell’opposizione? Pensa che ci sia un candidato plausibile alla Presidenza anche pensando a nuove elezioni? Chi sarebbe il nuovo volto della Bielorussia democratica?

Penso che sia prematuro parlare di nuove elezioni e si, stiamo unendo le nostre forze contro Lukashenko, con Svjatlana unico membro dell’opposizione di cui è stata accettata la candidatura. Per questo ho preso la decisione di aiutarla con le elezioni presidenziali. Ho parlato anche con Viktar Banaryka, chiedendo di fare lo stesso, poiché anche a lui è stato vietato di correre per le presidenziali. Poi è stato incarcerato, Lukashenko ha avuto paura. Abbiamo deciso di unire i nostri sforzi. Ma – riguardo la Tsikhanouskaya – la popolazione non ha votato in particolare per lei, ma contro Lukashenko, l’obiettivo fondamentale dei Bielorussi che vorrebbero vedere chiunque eccetto lui. Questa era l’idea di base.

Abbiamo iniziato come candidati indipendenti durante la campagna elettorale: ognuno con la propria visione, la propria agenda, con diverse prospettive sulla Bielorussia del futuro. Ma poiché noi tre siamo stati eliminati dalla corsa alla presidenza, si è deciso di registrare Svetlana, la cui candidatura è stata approvata, riconosciuta valida. È stata autorizzata perché credevano che non avrebbe avuto alcuna possibilità contro di lui, soprattutto con un’agenda positiva, ossia con un programma strutturato sulle riforme nell’industria, agricoltura, sistema sanitario, educazione e [Lukashenko] pensava che moralmente sarebbe andata in frantumi. Per questo abbiamo deciso di formulare un’agenda negativa, facendo in modo che la Tsikhanouskaya si ponesse in forte antitesi a Lukashenko, che è quello che i cittadini volevano, cacciarlo, avere elezioni presidenziali libere e regolari e liberare i prigionieri politici, permettendogli di partecipare.

Valery e Veronika Tsepkalo. Foto di: TUT.BY

Lei supporta i manifestanti dall’estero, e si è parlato in alcune interviste di un American-Polish Fund. Può parlarcene?

Ora abbiamo registrato il fondo a supporto della Bielorussia democratica e abbiamo contattato il Governo Polacco e l’intera UE, lo scopo del fondo è quello di finanziare chi combatte contro il regime esistente, chi si batte per la democrazia e si basa sul criterio degli aiuti, destinato a chi è stato colpito e soffre a causa del regime, fisicamente, moralmente o anche solo chi ha perso il proprio lavoro etc. Proponiamo questo criterio agli investitori, a chiunque sponsor potenziale.

In questo momento si ha una situazione nella quale Lukashenko detiene tutto il potere nelle proprie mani, tutte le risorse finanziarie e non permette di utilizzare risorse interne al Paese per supportare chi sta in basso, i cittadini. Dunque questo è il modo in cui possiamo aiutare i bielorussi, raccogliendo fondi da parte di chi è vicino alla causa dei cittadini, un fondo per permettere alla Bielorussia di essere uno Stato indipendente. È importante per fare in modo che i cittadini non si sentano soli contro il regime, hanno bisogno di sentire il sostegno della comunità internazionale. E l’interesse dei media internazionali allo stesso tempo è importante a supporto degli sforzi della popolazione per una Bielorussia democratica.

Come ex ambasciatore ed esperto di diritto internazionale, la posizione della Bielorussia in questo momento è nel mirino della Russia, degli USA e dell’Europa? Com’è la situazione geopolitica? So che in interviste precedenti ha parlato della Bielorussia come uno Stato neutrale.

Dobbiamo riprenderci il ruolo internazionale che avevamo, non possiamo prendere posizione ora, sbarazzarci di certi legami o firmando cooperazioni con altri, è davvero problematico. Vogliamo valutare ed essere consapevoli dei cambiamenti in atto, cosa comportino le modifiche dell’orientamento geopolitico, e quali problemi abbiano causato. Ad esempio in Ucraina, quando hanno cercato di convincere il Paese e l’opinione pubblica a unirsi all’UE. In un solo giorno hanno cambiato completamente idea, dicendo “bene, noi stiamo con la Russia”, spaccando il Paese in due. Io sono convinto che quello sia stato un grande errore. Noi d’altro canto dovremmo mantenere il nostro orientamento geopolitico com’è ora. Avere la Russia come nostro maggiore alleato, ma allo stesso modo vorremmo iniziare ad avere un dialogo aperto e sincero con i Paesi occidentali, avere rapporti migliori con loro. Mantenere i trattati firmati con l’UE, ristabilire le relazioni che avevamo originariamente con gli Stati Uniti e altri Paesi nel mondo. Si sono congelati, a causa di Lukashenko e il suo inasprimento verso la società civile, verso i sindacati indipendenti, gli altri partiti politici. I regimi commerciali sono stati sospesi a causa della situazione interna al Paese. Se riuscissimo a migliorare quest’ultima, potremmo facilmente rafforzare le relazioni con gli Stati occidentali. Tuttavia dovremmo dare lo stesso livello di attenzione al commercio, agli scambi culturali e al rapporto anche con la Russia, che è il nostro partner commerciale più grande, anche in altri ambiti, è un mercato molto grande per noi e tradizionalmente c’è un forte legame culturale.

Dunque lei considera positivamente le sanzioni dell’Unione Europea contro Lukashenko?

Le sanzioni arriveranno, questo è chiaro. È un approccio standard da parte dell’UE. Io credo che peggiorerà ulteriormente la posizione di Lukashenko, perché grazie alle sanzioni lui avrà ancora meno margine di azione, nel costruire qualsiasi tipo di resistenza.

In centinaia di video delle proteste non si vedono bandiere dell’UE, nessun riferimento all’Unione Europea. Al contrario, i forti simboli di una Bielorussia democratica sono ovunque. Può esprimere la sua opinione sulla società bielorussa e il loro sentimento in questo momento?

La nostra società vorrebbe beneficiare della cooperazione con la Russia, certamente. Ma, allo stesso tempo, siamo vicini anche territorialmente ad alcuni Paesi europei e vorremmo avere relazioni anche con l’UE. Vorremmo creare una sorta di “cintura d’amicizia” coi Paesi con cui condividiamo i confini, con la Russia e l’Ucraina e i Paesi dell’UE. Ne sono fortemente convinto, è ora la mia aspirazione. Sa, anche l’orientamento geopolitico è una questione secondaria, perché possiamo parlarne quanto vogliamo, ma la questione più urgente ora è quella dei prigionieri politici che ancora non possono parlare apertamente del futuro, del futuro – della Bielorussia.

Cristina Piga

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