L’articolo è scritto da Daria I. Nata a Minsk, laureata all’università statale bielorussa (traduttrice, insegnante di lingue), laurea triennale in scienze politiche a EHU, Vilnius, e laurea magistrale in linguistica a Verona. Vive in Italia, al momento lavora come interprete, sposata, ha una figlia di 2 anni.
Bielorussia, 1994. La giovane repubblica superstite dell’URSS in frantumi cerca un volto fresco e forte. Lo trova in Aleksandr Lukashenko, ex direttore di sovcos, le aziende agricole sovietiche vincolate ai piani quinquennali di produzione. Lukashenko, laureato in pedagogia, vince con l’80% dei voti, venendo quindi legittimamente eletto come Presidente della Repubblica, capo del governo (come negli Stati Uniti, mentre in Italia il capo del governo è il Presidente del Consiglio, e viene eletto dal Parlamento, non direttamente dai cittadini). Comincia “l’ultima dittatura d’Europa” [improprio, visto che Orbàn e Putin ne condividono le caratteristiche]: Lukashenko detiene il potere da 26 anni, trasformando de facto la democrazia biancorossa in un regime autoritario. Il 9 agosto il popolo bielorusso è stato chiamato per confermare Lukashenko per la sesta volta consecutiva. Ancora una volta ci sono stati brogli ai seggi e scontri violenti in piazza. Ho raccolto alcune testimonianze – in esclusiva TBU – per capire la situazione dal punto di vista del popolo bielorusso.

Dittatura: come ci si arriva?
Negli anni passati i bielorussi hanno assistito ad una serie di misure antidemocratiche mirate a convogliare il potere nelle mani del presidente e togliere qualsiasi ostacolo al potere stesso:
- 1995: Referendum che è servito a dare al presidente il diritto di sciogliere il Parlamento in caso di sistematica violazione della Costituzione.
- 1996: Referendum che ha consentito a Lukashenko di avere i poteri legislativi; grazie a questo il presidente ha formato il nuovo Parlamento (Purtroppo, gli articoli sulla modifica della Costituzione sono unicamente in russo.) Il quesito referendario aveva una formulazione non chiara – riportava solo il numero di riferimento della proposta, senza trascrivere il testo, e per questo i cittadini votavano “alla cieca”.
- 2004: Referendum che ha rimosso l’esistente limite costituzionale dei due mandati, consentendo a Lukashenko di essere rieletto senza limiti
Lo svolgimento dei referendum è stato fortemente criticato dalla comunità internazionale, per dubbi sul controllo governativo dei media, interferenza con le operazioni di voto e ostacolo delle attività delle opposizioni.
26 anni di brogli elettorali e di proteste
Gli stessi problemi si verificano durante le elezioni: già dal 2001, quando durante la campagna elettorale erano previste perquisizioni, pressioni a candidati e attivisti, sfollamento dei picchettaggi.
Nel 2006, prima delle elezioni, sono state chiuse le redazioni dei giornali indipendenti, sono stati discreditati gli altri candidati da parte di canali TV statali, e sono state intraprese azioni penali contro i leader di opposizione.
Alle elezioni del 2010 ho partecipato personalmente come osservatrice indipendente di EOTP e BYWatch, e abbiamo registrato tantissime violazioni durante il processo del voto e del conteggio. La stessa sera delle elezioni è avvenuta la famosa “Ploshcha”, un’azione di protesta contro i risultati delle elezioni, brutalmente soffocata dalle forze speciali. Le elezioni del 2015 hanno riproposto lo schema di brogli già approvato precedentemente: limitazione e intimidazione dei candidati.
La manipolazione dei risultati è avvenuta principalmente durante la votazione preliminare: secondo l’art.53 della Costituzione, gli elettori che non hanno possibilità di presentarsi il giorno delle elezioni possono votare nei 5 giorni precedenti. Questa possibilità è presente in diversi paesi, ma in Bielorussia si presta a facili alterazioni del voto.
Retorica interna e politica estera
Lukashenko ha spesso utilizzato una retorica autoritaria nei confronti dell’elettorato: “non avete via d’uscita, mi eleggerete”, “io – sono lo Stato”, “le persone hanno perso la vergogna… ma li perdono, sono il presidente”, “plebei”, “capre”. Ha implementato una tassa che colpisce i disoccupati e “sospetti” nullafacenti.
Negli ultimi mesi, Lukashenko ha messo in atto una politica di negazione di Covid-19. Dopo aver chiamato l’emergenza Coronavirus “una psicosi”, ha ignorato i suggerimenti dell’OMS, per poi dichiarare, “nessuno è morto per il Coronavirus”.
In politica estera, Levchenko ha cercato di rimanere in contatto sia con il resto dell’Europa sia con la Russia, utilizzando una retorica al tempo stesso anti-UE e anti-russa per rafforzare la sua posizione politica interna al paese, per poi rivolgersi a Putin, come è accaduto in queste ore, per ottenere un alleato diplomatico di rilievo e garantire la continuazione del regime.

Tre donne contro Lukashenko
Arriviamo a pochi giorni fa, i primi di agosto 2020, alla fine della campagna elettorale che avrebbero portato Lukashenko al sesto mandato consecutivo.
Due dei tre candidati indipendenti – Sjarhej Tichanoŭskij e Vyktar Babaryka – sono stati arrestati prima delle elezioni, mentre il terzo candidato, Valery Tsepkalo, è fuggito in Russia. Visto che al comitato promotore di suo marito è stata negata la registrazione, Svjatlana Tichanoŭskaja si è candidata a posto del marito. Più tardi la candidata ha unito le sue forze a quelle del comitato di Babaryka, guidato da Maria Kalesnikava, e del comitato di Tsepkalo, guidato da sua moglie, Veronica Tsepkalo. Le tre donne nel tempo record di due settimane hanno guidato la campagna elettorale unificata.

I sospetti e il blocco internet
La Commissione Centrale Elettorale ha dichiarato che il 41,7% dei bielorussi ha usufruito del voto anticipato, un numero estremamente alto, considerando che nel giorno delle elezioni non tutti gli aventi diritto sono riusciti a votare viste le code per entrare nei seggi elettorali.
La sera del 9 agosto il governo ha bloccato internet e la maggior parte della comunicazione telefonica, con costi stimati intorno ai 141 milioni di dollari. Il blackout è servito a due scopi principali: disorientare i protestanti e tenere il mondo all’oscuro di quello che accadeva veramente nel paese. Infatti per 3 giorni interi, fino a quando non è stato ripristinato internet (il 13 agosto) l’unica notizia disponibile sulla Bielorussia era la “vittoria” di Lukashenko. L’unico mezzo di informazione era Nexta, un gruppo di giornalisti indipendenti, con base in Polonia, che è riuscito ad aggirare il blocco di internet: sono riusciti a tenere funzionante un canale Telegram, dove singoli utenti riuscivano a caricare video e immagini tramite VPN, aggirando il blocco.

Le testimonianze di chi lavorava ai seggi
Riporto il racconto di Vadzim D., un osservatore indipendente accreditato alla sede elettorale №57 di Minsk, che rappresenta la situazione tipica fra gli osservatori indipendenti: “Il mio gruppo non è stato ammesso dentro la sede elettorale, né durante la votazione preliminare, né durante quella del 9 agosto. La commissione si è comportata in modo aggressivo e nonostante innumerevoli reclami, la mia squadra ha osservato come la commissione abbia aumentato il numero di votanti reali durante la votazione preliminare (più di 3 volte rispetto al numero registrato da noi osservatori). Non ci hanno lasciato osservare il conteggio dei voti, con la scusa del distanziamento sociale imposto dal Covid, e per farci andare via, la commissione ha chiamato la polizia”.
Secondo Vadzim, i candidati indipendenti, sapendo dei possibili brogli, hanno chiesto ai sostenitori di presentarsi alla votazione con una fascia bianca al polso, e ciò è stato preso in considerazione dagli osservatori che hanno contato almeno un 50% di elettori con al braccio la suddetta fascia. I numeri esatti sono disponibili sulla piattaforma Golos – che significa “voce” – un’iniziativa della opposizione. Ogni votante è stato inoltre invitato a fare una foto della scheda elettorale (non è proibito dal codice che regola la procedura elettorale) e ad inviarla al sito https://belarus2020.org/. È importante sottolineare come questo metodo di conteggio alternativo sia fortemente problematico in situazioni di democrazia funzionante, perché estremamente distorto dal cosiddetto “selection bias”. Il fatto che parte della popolazione senta ancora una volta il bisogno di ricorrere a strumenti alternativi al conteggio ufficiale indica la gravità della situazione.
A controllo delle azioni della Commissione elettorale, gli ufficiali incaricati allo svolgimento della votazione in una sede elettorale locale, come avviene anche in Italia. A differenza dell’Italia, la procedura di formazione delle commissioni elettorali locali è estremamente opaca: non cittadini indipendenti, ma di solito la commissione è composta da rappresentati dei partiti politici (raramente appartenenti alla minoranza), oppure da dipendenti pubblici, e quindi fonte di ricatto da parte dei responsabili che hanno l’ordine di far vincere Lukashenko.
Ho raccolto la preziosa testimonianza di Daria L., impiegata statale. È stata nominata nella Commissione di seggio senza aver firmato alcun documento e come esponente di un’organizzazione statale con cui non ha mai collaborato: “Due settimane prima mi è stato richiesto di firmare un verbale di seggio vuoto, per cui sono previsti fino a 5 anni di prigione dall’articolo 192 del Codice Penale. Io, come altre 11 persone, ho rifiutato di farlo, e da lì sono iniziate le montagne russe. Ci hanno promesso che sarebbe andato tutto bene e avrebbero fatto un conteggio onesto e in seguito ci hanno minacciato con i licenziamenti. Solo io e altre due ragazze abbiamo rifiutato di firmare il verbale. Alla fine ho avuto una crisi nervosa e ho accettato la proposta della Commissione Centrale di “ammalarmi” il giorno delle elezioni”.

Le testimonianze della piazza e degli scontri
La sera del 9 agosto tantissimi bielorussi sono usciti a “fare una passeggiata” vicino alle loro sedi di ballottaggio. Di seguito riportiamo diverse esperienze, che rappresentano gli scenari più tipici di quella sera.
Roza M. ha votato alla sede №3 a Borovliany, circa 20 km da Minsk: “Siamo arrivati alle 20.00, abbiamo aspettato fino a mezzanotte, la gente chiedeva di vedere il verbale e un osservatore ha annunciato che il conteggio dei voti in quel seggio era avvenuto senza brogli, queste persone sono eroi”. Poi specifica, “i risultati erano i seguenti: per Lukashenko 291 voti, per Tichanoŭskaja 1042 voti. Le persone hanno cominciato a gridare dalla gioia e ad applaudire”.
Dopo che la maggior parte delle commissioni elettorali ha annunciato la vittoria di Lukashenko tante persone sono uscite in città. Le persone si spostavano a piedi o in macchina, si fermavano e applaudivano, scandivano “verbale”, e “vai via”, indirizzato al dittatore. Le macchine suonavano i clacson: non soltanto a Minsk, ma anche nelle altre città e borghi. I primi arresti sono cominciati intorno alle 20:30 – 21:00. Le forze speciali OMON, vestiti di nero e la polizia (militsya) uscivano velocemente dalle macchine, circondavano una persona e dopo averla picchiata in 5-6 la portavano dentro i furgoni della polizia.
La storia di Alena B. (Minsk, Urucca) ha una tonalità completamente contraria: “Eravamo circa 200 alla sede alle ore 20.00, per le ore 22 sono arrivate 30 persone di OMON e hanno accompagnato i membri della commissione nell’autobus. Per due ore e mezza abbiamo bloccato l’autobus pregando la commissione di annunciare i risultati. Mia figlia Alessandra piangeva, quando ha visto fra i membri della commissione la sua insegnante preferita… più tardi è arrivato un furgone della polizia che ci ha fatti scappare perché ci minacciavano con i manganelli e spargevano gas lacrimogeno”.
Forti scontri si sono verificati al Memoriale Stella a Minsk, e proprio li Alena P. vive nel suo appartamento: “Verso le 21.30 sono cominciate ad arrivare le persone, le macchine della polizia erano già lì. Le macchine che suonavano venivano fermate e multate dalla polizia, alle 23:21 le persone hanno acceso le torce dei telefoni per far vedere in quanti erano. Dopo la polizia ha cominciato a gettare le granate stordenti e sparare ai protestanti con proiettili di gomma. Il suono peggiore era quando battevano gli scudi. Verso l’1 di notte le persone sono state respinte. Non riesco a descrivere le mie emozioni”
Ecco i risultati della prima notte dopo le elezioni: tantissimi arresti, feriti (anche gravi), e, probabilmente, morti (le fonti ufficiali hanno dichiarato un solo morto al secondo giorno di proteste).
Daria I.
4 pensieri su “Bielorussia, brogli elettorali e repressione di regime. Le testimonianze dai seggi e dalle piazze”