tratta nigeriane

Libere dal voodoo: come il re del Benin combatte la tratta delle nigeriane

A marzo di quest’anno il Re Eware II, autorità politica e religiosa dell’antico regno nigeriano del Benin, si è schierato in modo deciso contro al fenomeno della tratta di ragazze nigeriane, portate in Europa per essere sfruttate sul mercato del sesso a pagamento. L’Oba del Benin ha puntato il dito soprattutto sugli stregoni, i cosiddetti “native doctors”, che utilizzano la religione tradizionale per vincolare le vittime di tratta al volere delle organizzazioni criminali. Il ricorso ai native doctors è una prassi tipica del comportamento dei trafficanti nigeriani. Alle ragazze che sono state convinte a partire per l’Europa viene imposto di giurare di obbedire ai trafficanti e alle mesdames sfruttatrici, di non tradirli davanti alle autorità europee e di ripagare i soldi che copriranno le spese del loro viaggio. Se anche, una volta raggiunta la loro meta, le ragazze scoprono che ad aspettarle non c’è il buon lavoro che gli era stato prospettato e che il loro debito ammonta a 25,000 o 30,000 euro, non cambia nulla. Hanno giurato e il native doctor ha vincolato il loro giuramento al potere degli spiriti, il juju, che le tormenteranno se dovessero tradire il patto, fino anche a portarle alla follia e alla morte.

Il re Eware II ha condannato aspramente la pratica del rito juju, ha denunciato i native doctors che aiutano le organizzazioni criminali e, forte del suo potere spirituale, ha revocato i giuramenti fatti. Tutte le donne che li avevano stretti sono ora libere e non devono temere ripercussioni spirituali se si comporteranno in modo diverso da come desiderato dai loro trafficanti.

L’iniziativa dell’Oba è stata accolta con entusiasmo dalle organizzazioni che combattono la tratta a livello internazionale. È vero che, revocando il juju e maledicendo con rituali spiritici i trafficanti, il Re del Benin rafforza la credenza popolare nella sfera dell’invisibile piuttosto che screditarla. Ma questo non è un grave danno, se consideriamo che queste credenze sono tanto profondamente radicate nell’Edo State che negarle non è un’opzione praticabile. Al contrario, l’azione dell’Oba è fondamentale, perché Eware II non solo è un uomo colto, che ha ricoperto la carica di ambasciatore in Angola, Svezia e Italia ma soprattutto è un capo religioso, con un grande ascendente sulla popolazione. Solo persone come lui possono aiutare le vittime di tratta a combattere i ricatti e le punizioni spirituali utilizzate dai trafficanti, perché la sfera della spiritualità nigeriana è ricca e complessa, e la polizia e i servizi sociali europei spesso non riescono neanche a comprenderla, tantomeno a scioglierne il potere soggiogante. La speranza di chi lavora contro la tratta è che, rassicurate dal potere dell’Oba che le ha liberate dai patti rituali, alcune vittime nigeriane trovino il coraggio di sfuggire alle organizzazioni che le schiavizzano, denunciare la propria situazione, chiedere aiuto e magari persino aiutare le autorità europee a perseguire i trafficanti.

Sintetizzando, l’iniziativa dell’Oba del Benin è un grande passo verso un confronto integrato e internazionale contro la lotta alla tratta e, probabilmente, un grande aiuto per le vittime. Tuttavia, è forse precipitoso aspettarsi conseguenze epocali, con migliaia di ragazze che si recano alle stazioni di polizia per denunciare le loro mesdames e a chiedere auto. Dobbiamo essere cauti nel valutare questa notizia soprattutto per due ragioni.

La prima ragione è dovuta al fatto che le vittime di tratta non sono vincolate a rispettare il patto dal juju, ma dalla loro paura del juju. La reazione all’iniziativa dell’Oba dipenderà, quindi, da quanto essa smantellerà questa paura delle vittime. È vero che gli è riconosciuto un grande potere da parte della popolazione del Benin, stato da cui provengono molte delle vittime di tratta. Tuttavia, in Europa ci sono anche vittime di tratta di altre etnie, come quelle igbo e yoruba, le quali potrebbero avere meno fiducia nell’autorità spirituale del re. E persino le ragazze benin potrebbero rispettare l’Oba in maniera differente l’una dall’altra, o temere in misura diversa il loro native doctor o le  minacce dei trafficanti di maledirle nuovamente. Questo elemento è molto importante per ricordare che noi, da europei non esperti di spiritualità nigeriana, non possiamo dare nulla per scontato, quando ci raffrontiamo con la sfera dell’invisibile. Nel caso specifico, non possiamo assumere che le vittime si sentano libere dalla loro paura solo per via di questa iniziativa, né immaginare di averne capita la rilevanza e il riverbero sulla loro sfera di credenze. Proprio per questa ragione, il Servizio Centrale dello SPRAR, che si occupa di richiedenti asilo, ha consigliato a tutti gli operatori di affidarsi alla mediazione culturale, se si vuole affrontare l’argomento dell’iniziativa dell’Oba con le richiedenti asilo nigeriane.

La seconda ragione per cui l’azione dell’Oba potrebbe avere meno conseguenze di quante sperate è ancora più importante. Purtroppo, il juju è soltanto uno dei molti strumenti che i trafficanti utilizzano per soggiogare le loro vittime. Molte di loro hanno paura per le famiglie a casa, che né le polizie europee né le autorità in Nigeria sono in grado di proteggere dalle rappresaglie dei trafficanti. Altre ragazze accettano il genere di sfruttamento impiegato dalle madam perché, semplicemente, vedono la tratta e la prostituzione come un’opzione percorribile, se non come l’unica opzione. Questo è dovuto alla paura della povertà e al bisogno di inviare denaro a casa, all’idea che viaggiare in altro modo sia impossibile, a una normalizzazione dell’attività di meretricio, vista come non ideale, ma piuttosto comune. Molti di questi fattori tendono le loro radici nella concezione di sé di alcune ragazze nigeriane: maltrattate fin da piccole, non si aspettano nulla di meglio che una vita di abusi perché questo è quello che hanno sempre avuto e che hanno sempre visto intorno a loro.

Ci sono anche vittime che sono grate all’organizzazione che le ha “trafficate” perché gli è stato raccontato che è grazie alla “magia” del native doctor che la loro barca non si è rovesciata in mare. Altre sperano che, dopo aver pagato il debito, potranno entrare a far parte dell’organizzazione e diventare madam a loro volta. La molteplicità di fattori in gioco è enorme, quello magico è solo uno di essi all’interno del miscuglio paralizzante di violenza, minacce alle famiglie in patria e lusinghe di ricchezza e indipendenza che costituiscono la rete tessuta dai trafficanti nella testa delle loro vittime.

Come ultimo elemento, non dobbiamo dimenticare che parte dell’assoggettamento allo sfruttamento delle vittime è anche dovuto al fatto che, arrivando in Italia, l’idea di non avere un’alternativa alla prostituzione viene rafforzata invece che smentita. Le ragazze nigeriane hanno grande difficoltà a imparare la lingua, a trovare lavoro e a inserirsi nel paese europeo che hanno raggiunto. Le occasioni di partecipare a progetti di comunità, volontariato, tirocinio e prerequisiti lavorativi raggiungono solo una piccolissima parte di loro. Molto spesso, la realtà in Italia non fa che dar credito a quello che viene loro raccontato dai loro sfruttatori: non hanno altra scelta, non valgono nulla, devono obbedire, vendere il loro corpo e pagare il debito non solo perché gli spiriti glielo impongono, ma perché tanto non hanno nient’altro da fare, nessun altro posto in cui andare.

Infine, il coraggioso gesto dell’Oba del Benin è radicale e fondamentale. Nessun altro se non le autorità della spiritualità nigeriana possono combattere questo lato della tratta e dello sfruttamento. Ma non dobbiamo scordare quale deve rimanere la nostra parte, la parte delle autorità italiane ed europee, degli stati e delle organizzazioni sociali che lavorano nei paesi di destinazione. Il nostro compito è quello di creare una vera alternativa alla vita di schiavitù e violenza alla quale le vittime di tratta nigeriane sono destinate, un’alternativa concreta di integrazione in Europa, al riparo dalle vendette dei loro trafficanti. Solo così le ragazze avranno veramente una possibilità di liberarsi dal giogo della tratta, non solo dalla paura degli spiriti, ma anche da quella del futuro.

Angela Tognolini

[L’immagine di copertina, scattata a Losanna durante una manifestazione a favore dei diritti delle donne migranti, è tratta dai Flickr/Gustave Deghilage]

2 pensieri su “Libere dal voodoo: come il re del Benin combatte la tratta delle nigeriane

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