Dopo il disastro ferroviario di pochi giorni fa in Puglia mi sono fatto per l’ennesima volta molte domande sul comportamento dei media in questo genere di circostanze. Tanto più, in questa occasione, perché, tra le cose più sottolineate dei momenti concitati che hanno seguito la tragedia, c’è stata una corsa ai centri trasfusionali per donare il sangue, ed essendo io impegnato nel volontariato per la donazione di sangue (faccio parte dell’AFDS di Udine, fondatrice e federata FIDAS, da 7 anni, e da poco più di due anni sono vice-coordinatore nazionale giovani FIDAS), sono rimasto per l’ennesima volta perplesso.
“Emergenza sangue in Puglia”, “Manca sangue, correte a donare” prima, e “È questa l’Italia che ci piace”, “la grande generosità dei pugliesi”, poi.
Peccato che l’Italia che ci piace sia già lì tutti i giorni, così come la generosità (in questo caso) dei pugliesi (anche se la geografia è rilevante fino a un certo punto, poi vedremo perché).

In Italia il sistema sanitario prevede per legge che la donazione di sangue sia volontaria, anonima e non retribuita. Cosa voglia dire “volontaria” è chiaro, “anonima” significa che il donatore non sa a chi andrà la donazione, e il ricevente non sa da chi arriva (quindi sapete cosa fare di quella catena che arriva su whatsapp in cui si chiede sangue per qualche misteriosa bambina – cancellarla e possibilmente segnalarla alle forze dell’ordine: chiedere donazioni per una specifica persona è illegale, ma anche se si andasse a donare spinti da tale motivazione il sistema sanitario non userebbe proprio quella sacca proprio per quel paziente), “non retribuita” significa che il donatore non riceve alcuna compensazione economica per la donazione.
L’Italia è autosufficiente per quanto riguarda il fabbisogno di sangue per il sistema sanitario, e lo è dal 2000: tutto il sangue utilizzato nei nostri ospedali viene raccolto da donazioni effettuate in Italia. L’autosufficienza non è equamente distribuita: in alcune regioni la situazione è migliore che in altre, per mille e uno motivi (su tutti, la diversa situazione dei vari sistemi sanitari regionali) ma il sistema sanitario ovvia a questo problema con un patto tra regioni che consente a regioni con maggiore disponibilità di sopperire a carenze da altre parti.
Quindi – come è stato fatto presente da diverse autorità, sanitarie e non, ma solo dopo che si è scatenato il panico su internet – in Puglia non c’era nessuna “emergenza sangue”. C’era una carenza che, per quanto aggravata dall’incidente, è tipica dell’estate in tutta Italia, che è stata stabilizzata nel giro di pochissimo (grazie, certo, alla generosità di quelli che sono corsi a fare la fila per donare). Eppure, per parecchio tempo dopo il comunicato congiunto di tutte le associazioni di donatori di sangue (AVIS, Croce Rossa, FIDAS e Fratres) con il Centro Nazionale Sangue che informava che la carenza era stata coperta, le reti televisive locali e nazionali continuavano a far passare il messaggio che serviva sangue. Per non parlare del delirio assoluto che si è scatenato sui social network. In questi casi, poi, bisogna stare attenti: per quanto rara, l’eventualità di dover buttare una sacca di sangue donato esiste. Come tutti i tessuti umani, anche il sangue e le sue componenti (globuli rossi, plasma e piastrine) sono deperibili, e vengono conservati per 40 giorni. Con una raccolta sproporzionata come quella di qualche giorno fa, questo rischio aumenta: è vero che c’è la possibilità di trasferirlo alle altre regioni, ma nel caso di gruppi poco comuni l’eventualità permane. Per questo è molto meglio (in condizioni normali) programmare le proprie donazioni di sangue, in modo da poterlo fare con la massima comodità per voi e nel momento in cui serve di più a chi ne ha bisogno – per esempio proprio in estate o subito dopo le feste natalizie, i due periodi dell’anno in cui le scorte si riducono più sensibilmente. Così facendo, il rischio di emergenze in questi casi si riduce notevolmente. Se non avete ancora mai provato a donare il sangue, ogni occasione è buona: informatevi presso l’associazione più vicina, verificate di avere i requisiti (è più semplice di quanto sembri) e potete andare a donare!
È piuttosto adatto, in questo caso, il modo di dire (utilizzato spesso dal presidente dell’associazione di cui faccio parte io) “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. A leggere la maggior parte degli articoli, sembrava che il servizio sanitario pugliese cascasse dal pero e stesse per condannare a morte i suoi pazienti perché non c’era sangue (e così non era), eppure, anche se ci fosse stata una carenza improvvisa molto più grave di quella reale, il problema si sarebbe posto fino a un certo punto proprio grazie alla collaborazione tra le regioni. Ma soprattutto, il problema si sarebbe posto fino a un certo punto perché, nonostante la tendenza italiana all’autocritica, il sistema funziona bene. È migliorabile, certo (ma associazioni e Centro Nazionale Sangue ci lavorano da anni, ai miglioramenti, e ce ne sono già stati moltissimi), ma “l’Italia che ci piace” non è uscita dalle tane all’improvviso: è lì ogni giorno.

I donatori di sangue che consentono, solo ed esclusivamente grazie alla loro generosità (sembra un’esagerazione smielata, ma è la verità semplice che più semplice non si può), al sistema sanitario di operare ogni giorno con i margini con cui opera, lo fanno tutti i giorni, e francamente, cari media, sarebbe anche ora di accorgersene.
Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus
Un pensiero su “If you want blood, you got it – i media e la donazione di sangue”