donna ucraina attesa stazione

Le difficoltà dei migranti ucraini in Italia

A quasi un anno dall’invasione russa in Ucraina, non c’è ancora piena chiarezza sul funzionamento del sistema di accoglienza delle profughe e dei profughi ucraini in Italia. Nonostante la mobilitazione e le normative attuate a livello nazionale ed europeo per facilitare l’accoglienza, la rigidità della burocrazia italiana non agevola i profughi presenti nel territorio a uscire da una situazione estremamente precaria.

I problemi principali

Le prime difficoltà si sono già viste al momento dell’arrivo: secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2022, dei quasi 154.000 profughi ucraini che sono arrivati in Italia entro settembre 2022, solo il 9% ha trovato accoglienza presso il SAI, cioè il Sistema di Accoglienza e Integrazione. Sandro Antonelli, responsabile del Centro Operativo Comunale di San Donà di Piave (VE) che si è occupato in prima linea dell’accoglienza dei profughi ucraini, ha raccontato a The Bottom Up che “trovare e sistemare delle strutture adatte è stato molto complicato, inizialmente nessuno era preparato e nessuno sapeva come muoversi. Queste strutture non offrono il migliore dei comfort: spesso convivono più famiglie in grandi camerate con bagni e cucina in comune. Ci capita spesso che nascano situazioni spiacevoli dovute alla difficile convivenza”.

Anche per coloro che hanno trovato ospitalità privatamente presso case di conoscenti non è stato affatto facile. “Le case in cui i profughi vengono ospitati devono rispettare norme precise e devono essere fatti gli appositi accertamenti. È stato necessario fare delle deroghe particolari per favorire l’inserimento di queste persone. Inoltre, coloro che si sono offerti di ospitare pensavano di ricevere degli aiuti economici dallo Stato che invece non sono mai arrivati e credevano che questa situazione sarebbe durata un paio di mesi al massimo. A un certo punto molti di loro non hanno più potuto farsi carico delle persone che avevano deciso di ospitare e queste hanno dovuto spostarsi nelle strutture pubbliche”.

ucraina volontari
Operatori e volontari addetti alle informazioni su trasporti e alloggi per i profughi in arrivo dall’Ucraina alla stazione di Keleti. Molte delle persone arrivate in Ungheria hanno continuato il viaggio verso altri paesi d’Europa. Budapest, marzo 2022. Foto di Anna Toniolo/The Bottom Up

Se sin dal primo momento cittadini e gruppi informali si sono mobilitati in prima persona per offrire aiuto alle persone ucraine,  le istituzioni e le associazioni che se ne sarebbero dovute occupare non sono riuscite perfettamente nell’intento. Violetta Burla, referente dello sportello stranieri di Cittadinanzattiva Emilia Romagna, racconta a The Bottom Up come siano state le persone ucraine a dover cercare assistenza in prima persona. “Ci sono dei gruppi su internet in cui i profughi si scambiano consigli per ricevere aiuto. La maggior parte di loro si rivolge al Comune e ai Servizi Sociali, ma solo alcuni vengono aiutati, molti altri no”.

Oltre a questa prima difficoltà riscontrata, si aggiunge una qualità del servizio che non è sempre efficiente. “Mi sono arrivate tante testimonianze di esperienze negative da parte di chi è andato in questura perché i tempi sono lunghi, nessuno è disposto a spiegarti bene come funziona e vengono commessi tanti errori”, continua Burla. “Per esempio, molti ucraini sono nati sotto l’Unione Sovietica, ma nel codice fiscale è stato segnato che sono nati in Russia. Questo tipo di errore dà il via a una serie di complicazioni non indifferenti. I profughi ucraini che arrivano qui hanno diritto a un supporto economico di 300 euro a persona per 3 mesi, ma a molti questo è stato negato per via di quest’errore del codice fiscale”.

Questo non è l’unico problema legato al sussidio dei 300 euro. Sandro Antonelli, infatti, ci spiega che “solo chi non viene ospitato in una struttura pubblica può ricevere questi soldi. Per i bambini, a cui spettano 150 euro, ci sono ulteriori complicazioni. I minori ucraini arrivano senza alcun passaporto al contrario dei loro genitori, hanno con sé solo una specie di certificato di nascita, ma non è un documento valido in Italia. Per questo devono andare al Consolato Generale d’Ucraina a Milano, dove vengono fatti diversi accertamenti e successivamente vengono rilasciati i documenti per ricevere il sussidio”.

Bambino ucraino in attesa del controllo documenti nel treno che dall’Ucraina porta in Ungheria. Zahony, marzo 2022. Foto di Anna Toniolo/The Bottom Up

Il rifiuto della richiesta di residenza

Lo scorso novembre il Comune di Bologna ha rifiutato le richieste di residenza presentate dai profughi ucraini, con la motivazione che il cedolino, cioè la ricevuta della domanda di protezione temporanea, non è sufficiente. Nelle FAQ del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dedicate all’integrazione dei migranti viene spiegato chiaramente che“è[…] possibile iniziare sin dalla presentazione della domanda di protezione temporanea a svolgere attività lavorativa con la sola ricevuta, anche se ancora non è stato rilasciato il relativo permesso di soggiorno”. Dato che non viene fornita alcuna direttiva per quanto riguarda la residenza e dato che non abbiamo ricevuto alcuna risposta dall’ASP di Bologna, abbiamo chiesto un chiarimento a Sandro Antonelli. “Non solo il cedolino non basta per chiedere la residenza, ma in realtà non basta neanche per lavorare. Per poter ottenere la residenza, bisogna avere un lavoro in regola, un datore di lavoro che possa garantire per chi presenta la richiesta. Per avere un lavoro in regola, bisogna avere il codice fiscale, che viene rilasciato solo una volta ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo”.

Non avere la residenza italiana significa non poter accedere a una serie di servizi fondamentali, primo fra tutti la cittadinanza italiana. “Le persone senza residenza non hanno diritto ai bonus, alla disoccupazione, all’assegno unico familiare e di invalidità, e non possono aprire un conto corrente. Tra l’altro, avrebbero grosse difficoltà a iscrivere i propri figli a scuole perché serve lo SPID per accedere ad alcuni servizi come la mensa”, spiega Violetta Burla.

Profughi ucraini mentre salgono sul treno che dal confine tra Ucraina e Ungheria li porta a Budapest. Zahony, marzo 2022. Foto di Anna Toniolo/The Bottom Up

Problemi di integrazione

L’integrazione rappresenta un altro punto dolente per i profughi ucraini, in particolare per le donne e per le mamme. “Inizialmente pensavano di restare qui solo un mese e poi, non appena la situazione si sarebbe sistemata, sarebbero potute tornare a casa. Ma non è stato così, e ora si ritrovano a doversi integrare in Italia”, precisa Burla. “Non è facile. Alcune, per tenersi occupate, cercano di dedicarsi ad attività proposte dalle diverse associazioni o dalla Chiesa. Molte invece si isolano, e chi deve pensare al loro non ha né il tempo né la possibilità, per esempio, di frequentare corsi di italiano o per iscrivere i figli a scuola”.

Per quanto riguarda la frequentazione scolastica, le scuole ucraine offrono ancora la possibilità di seguire le lezioni a distanza, e molti bambini e ragazzi decidono di seguire quelle per non perdere l’anno e di non iscriversi alla scuola italiana. “Tuttavia, sulla carta risulta che non frequentano nessuna scuola e questo non è possibile qui in Italia. Sono quindi costretti a farsi mandare un attestato dalla loro scuola ucraina”, conclude Antonelli.

Carlotta Favaro

Fonte foto di copertina: Anna Toniolo/The Bottom Up

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