Il governo targato Lega e Movimento 5 Stelle ha infine preso forma. Dopo polemiche, colpi di scena mediatici e mediati, slogan da piena campagna elettorale e paventate crisi politiche, sono stati designati i ministri e il nuovo esecutivo ha giurato dinnanzi al Presidente Mattarella.
Tra le nomine, si è fatta notare con particolare insistenza quella di Lorenzo Fontana, 38enne neo ministro della Famiglia e della Disabilità, ultracattolico, già vicesindaco di Verona, una lunga carriera alle spalle come fedelissimo della Lega. Le sue prime dichiarazioni da ministro sono state uno schiaffo alle conquiste civili sudate con tenace fatica: secondo Fontana, le Famiglie Arcobaleno non esistono, perché l’unica famiglia concepita sarebbe quella “naturale”, ossia composta da una mamma e da un papà. Il calo della natalità è una piaga da arginare, per questo è necessario intervenire con politiche che riducano il numero degli aborti, per esempio, secondo il ministro, potenziando i Consultori perché dissuadano le donne ad abortire e detassando i prodotti per la prima infanzia come i pannolini. Forse il ministro Fontana dovrebbe frequentarli più spesso, i Consultori, per comprenderne appieno la funzione e, magari, farsi un’idea sul perché oggigiorno non si voglia – o possa – mettere al mondo figli.
La senatrice del Pd Monica Cirinnà, promotrice della legge sulle unioni civili, risponde a Fontana presentandosi in occasione del voto di fiducia in Senato con una sgargiante t-shirt fucsia pro famiglie arcobaleno, mentre la Corte di giustizia europea emette una sentenza storica che legittima l’unione tra coppie omosessuali in tutti i paesi dell’Unione. D’altronde, lo stesso Salvini ci tiene a rassicurare che il tema non è parte del “contratto di governo”, i diritti già acquisiti non verranno toccati. Magra consolazione, visto che il governo giallo-verde nasce senza Ministero per le Pari Opportunità, quasi ad anticipare che non ci saranno ulteriori avanzamenti.

Il dibattuto contratto è decisamente molto più chiaro in tema di immigrazione: no alle attuali proposte di modifica del regolamento di Dublino, Centri per i rimpatri chiusi, più espulsioni e tempi più celeri nella valutazione delle domande. “Finita la pacchia per i clandestini”, tuona Salvini durante un comizio a Treviso. “Occorre buonsenso”, ribadisce domenica 3 giugno durante una visita al centro hotspot di Pozzallo, “spesi male i 5 miliardi impiegati per tenere i clandestini qui in albergo”.
I “risultati locali” di una perenne campagna elettorale
Non si respira un bel clima, nel Bel Paese. A Verona, l’aggressività della campagna anti-immigrazione non risparmia nemmeno l’ambito accademico, riuscendo a saldare assieme i temi più cari alla destra filocattolica: l’immigrazione, la fantomatica “teoria del gender”, la difesa della “propria cultura”. Sempre Fontana, allora deputato della Lega Nord al Parlamento Europeo, in un’intervista del 25 aprile 2017 per il quotidiano La Verità si scagliò contro l’adozione del doppio libretto universitario per studenti transgender, accusando l’Ateneo veronese di fare “propaganda ideologica e indottrinamento” per aver promosso un ciclo di incontri sulle teorie queer. Ma torniamo a fatti più recenti.
17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia. Il Rettore dell’Università di Verona, Nicola Sartor, decide di annullare una giornata di studio e formazione sulle migrazioni LGBT prevista per venerdì 25 maggio, in collaborazione con i Dipartimenti di Scienze Umane e Scienze Giuridiche dell’università scaligera, ASGI e varie associazioni attive nel territorio. Il motivo, si legge nella discussa nota diffusa dal Rettore, è che “l’evento è uscito dall’ambito scientifico per diventare terreno di contrasto e soprattutto di ricerca di visibilità per diversi attivisti di varia estrazione. L’università non può prestarsi a strumentalizzazioni da parte di soggetti estranei al mondo scientifico che si scontrano su temi politicamente ed eticamente controversi come quelli delle migrazioni e dell’orientamento sessuale delle persone.”

Il convegno non è gradito all’estrema destra veronese, notoriamente molto attiva in città, che promette di intervenire per impedirne regolare svolgimento (qui, l’evento promosso sulla pagina Facebook di Forza Nuova Verona). Secondo Forza Nuova, “il proselitismo LGBT è penetrato in tutti i possibili spazi culturali e sociali del tessuto veronese”. Motivi di sicurezza hanno dunque spinto il Rettore a posticipare la giornata formativa a settembre.
Lorenzo Bernini, docente dell’Università di Verona e tra i relatori del convegno, contattato via mail, ci chiarisce alcune dinamiche. Riportiamo le sue parole:
“Le associazioni già coinvolte nell’organizzazione dell’evento in Università, assieme ad altre che nel frattempo si sono unite (questo l’elenco completo: ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, Rete Lenford, Pianeta Milk, Pink, Avvocato di strada), hanno scelto di organizzare comunque un convegno sul tema dei richiedenti asilo LGBTI+ nella data inizialmente prevista. L’Associazione Villa Buri ha accettato di ospitarlo nella sua bellissima sede e la commissione pari opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza e il Centro Interdipartimentale di Ricerca per gli Studi interculturali e sull’Immigrazione dell’Università di Padova hanno offerto il loro patrocinio. Con questa decisione, le associazioni promotrici non soltanto hanno difeso la libertà di pensiero e di espressione, ma hanno anche dimostrato di non essersi fatte intimidire da chi aveva minacciato l’uso della forza. Come il presidio organizzato dalle studentesse e dagli studenti del liceo Montanari, il convegno del 25 maggio è stato quindi un segnale importante di difesa dei valori democratici, in un clima politico come quello attuale in cui xenofobia e omotransbifobia sono diventati dei collanti che tengono uniti forze reazionarie, destre populiste e organizzazioni neofasciste. Episodi di taglio squadrista si stanno diffondendo non solo a Verona, ma in tutta Italia. Per queste ragioni ho accettato volentieri di tenere l’intervento di apertura, in cui ho ricordato che il tema ad oggetto, la protezione internazionale per chi subisce persecuzioni a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere nel paese da cui proviene, è un diritto sancito da trattati internazionali sottoscritti dall’Italia e suffragato dai principi della nostra costituzione antifascista. La cittadinanza democratica di Verona e di tutta Italia ha sostenuto con entusiasmo il nuovo evento: moltissimi sono stati i comunicati di sostegno, e molto ampia la partecipazione di pubblico. Il convegno è stato insomma un successo, e si è tenuto in modo totalmente sereno e pacifico – sotto gli occhi vigili, certo, degli agenti di polizia”.
Intimidazioni continue
Nella città di Giulietta e Romeo, episodi di questo genere non sono una novità. Il presidio antirazzista a cui fa riferimento Bernini è stato organizzato lunedì 4 giugno in Piazza Bra dalle studentesse e dagli studenti, giovanissimi, del liceo Carlo Montanari di Verona, in risposta al sit-in tenuto da alcuni esponenti di “Fortezza Europa” di fronte ai cancelli della loro scuola poco prima dell’inizio delle lezioni, proprio lo stesso giorno in cui veniva annullato il convegno sulle migrazioni LGBT. In questo caso, l’oggetto delle proteste sono stati i primi piani scattati ad alcune persone migranti e poi appesi alle finestre dell’edificio scolastico, frutto di un progetto di ricerca promosso dal Miur intitolato “Legalità e merito”. Tiepide le dichiarazioni dell’amministrazione scaligera, a guida leghista, su quanto accaduto.

Prendendo direttamente parola, i ragazzi hanno spiegato che quegli scatti sono il risultato di mesi di lavoro, di un percorso di sensibilizzazione su temi particolarmente delicati come i movimenti migratori, l’inclusione e l’accoglienza. Hanno ricordato che nessun essere umano può essere definito illegale, e che barriere e confini sono un prodotto storico. Che le migrazioni sono sempre esistite, e che nelle nostre vene scorre lo stesso sangue. “No borders-No nations-Just people”, recitava uno degli striscioni, riprendendo la scritta esposta sulla facciata del liceo che ha scatenato la contestazione di Fortezza Europa, perché percepita come un attacco all’identità culturale. Sì, perché è necessario incontrarsi, per provare a conoscersi e rispettarsi, spostare lo sguardo dai confini alle persone. Tra i volti che portavano appesi al collo, c’era anche quello del 29enne sindacalista maliano Sacko Soumaila, ucciso dall’indifferenza omertosa e dal razzismo. Come Sandrine Bakayoko, Pateh Sabally e le migliaia di morti inghiottiti dal Mediterraneo o nelle maglie del sistema d’accoglienza.
Quando si normalizzano idee nazionaliste e xenofobe, basando la propria credibilità su pericolose retoriche “da caccia al nemico di turno”, il rischio è quello di produrre una generale torpore delle coscienze, ideale per il proliferare degli estremismi. Ma succede anche che si incontrino soggettività resistenti e resilienti, ben decise a difendere i diritti costituzionali, l’autonomia di pensiero e di istruzione, senza cedere al ricatto dei diritti sociali barattati per quelli civili. Con la (flebile) speranza che Verona sia un caso unico nel suo genere, e non un piccolo laboratorio di ciò che potrebbe aspettarci nei mesi a venire.
Martina Facincani