Help, I’m a Rock: 50 anni di Freak Out!

Cinquant’anni dopo Freak Out!, abbiamo un disperato bisogno di riscoprire l’immensa opera artistica di Frank Zappa.

Da vivo, ha pubblicato 59 album (dal 1966 al 1993), e molti altri ne stanno uscendo postumi (anche se, a parte i primi, molti sarebbero stati difficilmente approvati da Frank in vita, e la faida familiare in atto tra i due figli Dweezil, che sembra essere il più ragionevole, e Ahmet, dopo la morte della madre Gail, che a quanto pare ha gestito in modo piuttosto scellerato il patrimonio economico e musicale di Frank, non fa ben sperare per il futuro), recuperati dall’immenso caveau di casa Zappa in California.

Frank Vincent Zappa è stato il più grande artista di musica popolare contemporanea, anche se la definizione, data l’immensa estensione del suo lavoro, rende difficile catalogarlo anche in una definizione così ampia. Zappa ha influenzato la musica ma, pur con tutte le sue contraddizioni, ha soprattutto influenzato il modo di vedere la musica pop, uno dei pochi veri artisti a cui del pubblico importava veramente poco, al punto di (con una mossa degna del peggior George Lucas) negli anni ’80 reincidere alcune parti di suoi album storici, di fatto rovinandoli inserendovi suoni troppo contemporanei e invecchiati malissimo, restando fermo nella convinzione che erano sue opere e quindi era liberissimo di migliorarle come credeva (nell’edizione in cd successiva We’re Only In It For the Money è stato riportato alla forma originale, Cruising with Ruben and the Jets no, purtroppo).

The Mothers of Invention
La prima formazione dei Mothers of Invention

Freak Out! è uscito il 27 giugno 1966, e nulla è più stato come prima. Zappa aveva da poco perso una buona parte dei suoi nastri e del suo equipaggiamento dopo essere finito in galera per 10 giorni per “cospirazione atta alla produzione di pornografia” dopo che un poliziotto in borghese lo aveva pagato per registrargli un nastro di suoni pornografici (all’epoca bastava poco, sì).
Entrato a far parte dei Soul Giants, una band di cover rhythm and blues composta da Ray Collins (voce e percussioni), Jimmy Carl Black (batteria), Roy Estrada (basso e voce), David Coronado (voce e sassofono) e Ray Hunt (chitarra); questi ultimi lasciarono la band dopo che Zappa convinse Collins a suonare le sue composizioni, poiché pensavano che non avrebbero avuto alcun successo. E fin qui, la storia sembra la classica origine-di-una-band-rock-and-roll.

Nel 1966, però, Tom Wilson (produttore di Bob Dylan e Simon & Garfunkel, e successivamente dei Velvet Underground, all’epoca uno dei pochissimi produttori o discografici afroamericani) sente la band, che Zappa nel frattempo aveva ribattezzato Mothers, suonare “Trouble Every Day”, un bluesone aggressivo che racconta la storia della rivolta di Watts (una storia piuttosto folle). Prendendoli per la più recente sensazione di blues bianco, Wilson convince la MGM a produrli. I discografici acconsentono, ma chiedono che cambino il nome in qualcos’altro, dato che Mothers poteva essere inteso come diminutivo di motherfucker. È interessante, perché, oltre all’ovvio significato come parolaccia, nel gergo dei musicisti americani il motherfucker è uno particolarmente bravo: lo dimostra la storiella raccontata da Buddy Guy negli extra di Shine a Light (il live degli Stones diretto da Scorsese), come spiegazione a quel “Buddy – Mothefucker – Guy” usato da Jagger per presentarlo. Lo stesso Zappa, successivamente, ha detto che, pur essendo “anni luce avanti” rispetto alla scena locale, non erano particolarmente eccezionali se si guardava altra gente che girava.
Così nascono i Mothers of Invention.

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La finta lettera di “Suzy Creamcheese” sul retro della copertina di Freak Out!

Zappa e soci si mettono quindi al lavoro sul loro primo LP, e dopo aver sentito le prove di “Any Way the Wind Blows” e soprattutto la meravigliosamente folle “Who Are the Brain Police?” Wilson capisce che *forse* non sono esattamente la nuova rivelazione del blues bianco. Man mano che la registrazione procede, però, adora sempre di più i risultati di questi cinque matti, e riesce a far avere a Zappa un budget enorme per “questa mostruosità”, come lo stesso Zappa definì successivamente l’album. Peccato che Wilson fosse sotto acidi per una generosa porzione del tempo in cui produsse Freak Out!, e si giocò di fatto la carriera (vincendo) su un album che molto probabilmente percepiva in modo totalmente differente rispetto a com’era in effetti. L’album è il secondo (preceduto di appena una settimana da Blonde on Blonde di Dylan) disco pop doppio di tutti i tempi, realizzato in modo estremamente meticoloso e artisticamente integro: ogni canzone ha un suo ruolo, dalla title track “Hungry Freaks, Daddy!” al roboante pastiche sperimentale conclusivo “The Return of the Son of Monster Magnet”, che in realtà è solo la traccia ritmica di una composizione più ampia, che non trovò posto sull’album perché la MGM si rifiutò di pagare altre ore di studio per registrare gli arrangiamenti orchestrali, ed è perciò sottotitolato “Unfinished Ballet in Two Tableaux” (i due “tableaux” sono “Ritual Dance of the Child-Killer” e “Nullis Pretii (No Commercial Potential)”: nel pezzo c’è Mac Rebennack (Dr.John) al pianoforte, ed è un delirio astutamente e sapientemente pianificato dall’inizio alla fine (la seconda metà è follia pura, e che ci crediate o no è stata concepita senza consumare alcuna droga illegale: Zappa infatti era estremamente contrario all’uso di stupefacenti, e negli anni ha licenziato parecchi musicisti per questo motivo).

È ironico che un artista così poco incline ai compromessi come Zappa (che però ai compromessi, molto spesso per ragioni contrattuali ed economiche, dovette piegarsi molto spesso) abbia esordito con un album in cui aveva così poco controllo creativo sul suo materiale rispetto al futuro, eppure al tempo stesso un controllo creativo enorme rispetto a un qualunque suo contemporaneo: come detto, Freak Out! è l’esordio di un’oscura formazione semi-rhythm and blues sperimentale, doppio, che si conclude con una specie di esperimento di musique concréte di dodici minuti, peraltro preceduto da un doo-wop delirante come “It Can’t Happen Here”. Anche questa esperienza fu fondamentale nella formazione dell’etica artistica di Zappa, e lo portò a lavorare in sempre maggiore autonomia, portandolo in tour quasi perpetuo, pubblicando una media di due album (quasi sempre di inediti, anche quelli dal vivo) all’anno nella sua carriera poco meno che trentennale.

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Frank in versione Sheik Yerbouti

Zappa va riascoltato e riscoperto ora per capire cosa significa essere veramente liberi. Freak Out! è una feroce satira all’America contemporanea dell’epoca, ed è il primo capitolo di una narrazione che Frank avrebbe proseguito fino alla morte, giunta troppo, troppo presto: la libertà è inutile se non la sappiamo usare.

 

Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus

2 pensieri su “Help, I’m a Rock: 50 anni di Freak Out!

  1. Bell’articolo, completo e informativo! Cmq anche Cruising with Ruben and the Jets è stato poi ripubblicato con basso e batteria originale,… il cd si chiama Greasy Love Songs 😉

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