“Migrant Tomatoes”, la storia dietro un pomodoro

“Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo! Maccarone, io me te magno!”. (Alberto Sordi in un “Un americano a Roma”).

 

 

Cosa c’entra Alberto Sordi con l’articolo che vi appresterete a leggere? Niente. Ma mi serviva un’apertura e l’associazione pomodoro-maccheronialsugo-unamericanoaroma-albertosordi è la prima che mi è venuta in mente. Già, perché fra poco si parlerà di pomodori, anzi, delle molte storie che stanno dietro a un pomodoro raccolto in un qualche campo del nostro Paese, tanto amante della #pastasciutta e degli spaghetti, tanto da valerci nel mondo la nomea di spaghettari.

Fatta questa piccola premessa veniamo a queste storie, che Francesco Amorosino, professione fotografo, ha voluto raccogliere concettualmente in una serie fotografica intitolata “Migrant Tomatoes”, nata dall’osservazione, quasi casuale, di un dettaglio.

Francesco, “Migrant Tomatoes” è una serie fotografica che raffigura dei pomodori dietro ai quali si celano delle storie molto forti. Come nasce questa serie di immagini? Cosa è scattato in te?
I pomodori raffigurati nelle immagini sono quelli che la mia famiglia, come molte nel Sud, usa ogni anno per fare la salsa. Si tratta di un momento di gioia, un rito. Eppure lo scorso anno le tante morti nei campi a causa delle alte temperature mi hanno portato a chiedermi da dove venissero questi ortaggi, chi li raccogliesse, quanta fatica e quanta tragedia si portassero dietro. Volevo raccontare questa storia, ma non sapevo come, finché sulla superficie dei pomodori ancora sporchi di terra comprati da mia nonna per la salsa ho visto le impronte di chi li aveva raccolti, quasi una firma, un marchio di fabbrica. La storia era tutta lì, era venuta da me, proprio come avevo intuito.

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@Francesco Amorosino – “Migrant Tomatoes”
Un’opera con un messaggio sociale importante tale da permetterti di essere premiato con il Sony World Photography Award nella categoria Professional – Still Life. Cosa significa per te questo premio? 

Non mi aspettavo che un lavoro così concettuale potesse essere premiato e invece proprio il fatto che sia successo non solo mi riempie di orgoglio, ma mi fa ben sperare per il futuro della fotografia, sempre più aperta a linguaggi non convenzionali. Per me segna un traguardo e al tempo stesso mi spinge a cercare nuove strade per utilizzare questa forma d’arte per avere un impatto significativo sulle persone che mi stanno attorno e sulle questioni aperte della nostra società.

Francesco Amorosino premiato ai Sony World Photography Awards 2016
Francesco Amorosino premiato ai Sony World Photography Awards (www.francescoamorosino.com)
 Per molti la fotografia è racconto, per altri fare informazione, per altri ancora creatività e immaginazione. Per te invece cosa rappresenta la fotografia?
La fotografia è tutte queste cose, dipende dall’uso che se ne fa. Potremmo dire che è anche memoria o pura condivisione. Quando lavoro sui miei progetti personali per me diventa una forma d’arte capace di toccare le persone che la guardano. Penso che l’osservatore di una foto sia tanto importante quanto il fotografo stesso, che debba andare a completare l’immagine con la sua esperienza. Della fotografia amo la capacità di raccontare in un modo più aperto che l’avvicina alla poesia più che al romanzo.
C’è una foto da te scattata che ricordi in particolare per qualche motivo? Insomma, diciamo quella che ti ha in qualche modo segnato dentro.
Ogni immagine è legata a qualcosa di speciale, però non posso dirtene una in particolare! Mi affeziono sempre molto all’ultimo progetto che sto portando avanti, come se l’ultima immagine fosse sempre quella che mi risuona di più dentro. Di certo nessun progetto ha avuto su di me un impatto come questo dei pomodori, ma sto già guardando oltre.
Quali sono i progetti che hai in cantiere o a cui vorresti lavorare? 
Tra i miei ultimi lavori ci sono “Il Libro del Comando”, un viaggio nei luoghi oscuri delle streghe delle Langhe, e “Index Librorum Prohibitorum”, una serie in cui i libri subiscono le stesse torture che gli eretici pativano per aver letto un libro proibito dalla Chiesa. Di entrambi si può vedere un assaggio sul mio sito. Per il resto voglio dedicarmi molto all’insegnamento e ad alcuni progetti di fotografia relazionale, per coinvolgere sempre di più il pubblico in questo mondo bellissimo che spesso, però, è troppo chiuso in se stesso. Oggi c’è un rinnovato interesse per la fotografia e le persone vogliono saperne di più, per questo sono pronto a condividere la mia esperienza.
“Migrant Tomatoes” sarà esposta fina a domenica 16 ottobre presso lo Spazio Tadini di Milano, in occasione della mostra dei Sony World Photography Awards esposta per la prima volta in Italia (info qui). Il concorso fotografico ha aperto le iscrizioni per il 2017, anno che vedrà festeggiare il decennale di quello che è ormai noto come il più grande concorso fotografico al mondo (qui per le iscrizioni).
Per seguire invece Francesco Amorosino e i suoi lavori questo il suo sito ufficiale.
Giuliano Martino

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