Nella giornata di oggi Vilnius ospiterà la manifestazione, evento annuale coordinato dal network delle associazioni per la difesa dei diritti LGBT presenti in Lituania, Estonia e Lettonia, e patrocinato da organizzazioni come ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersexual Association), federazione che raggruppa a livello mondiale diversi gruppi di livello nazionale, regionale e locale. L’evento del “Baltic Pride” nacque nel 2009 dopo il “Gay Pride” tenutosi a Riga, con l’obbiettivo di creare una rotazione annuale che mettesse in collegamento la capitale lettone, Tallinn e Vilnius, in modo che ognuna delle capitali ospitasse ogni anno l’evento. Lo scorso anno il Baltic Pride si è svolto nella capitale lettone come parte dell’evento “EuroPride”, rappresentando la prima volta che una repubblica ex sovietica ospitava un evento pan-europeo LGBT.
Vilnius ospiterà la parata per la terza volta (le prime due manifestazioni si erano svolte nel 2010 e nel 2013), con il percorso che partirà da piazza Lukiškės per poi svilupparsi lungo la centralissima Gedimino Prospektas, arteria principale che attraversa la “città vecchia”, e proseguire dalla piazza della Cattedrale fino ai giardini Bernardinai, dove si terrà l’evento conclusivo della parata, tra dibattiti, comizi e musica. Molto soddisfatti e ottimisti gli organizzatori del Pride, tra i quali i membri dell’Associazione LGL (Lithuanian Gay League). “Per la prima volta da quando abbiamo cominciato ad organizzare manifestazioni LGBT, siamo riusciti ad ottenere i permessi di autorizzazione al corteo senza dover ricorrere contro le decisione della municipalità attraverso ricorsi in tribunale, e senza ottenere il permesso un minuto prima della manifestazione. Avendolo avuto ad ottobre 2015, questo ci ha permesso finalmente di poter lavorare senza fare corse contro il tempo, permettendo anche all’evento di svolgersi entro normali condizioni di sicurezza”, ha affermato Vladimir Simonko, consigliere esecutivo di LGL, nata nel 1993 in seguito all’abolizione della legge eredità del regime sovietico sul reato di omosessualità, ed unica ONG presente nel paese che si occupa della tematica proponendo progetti volti a proteggere le vittime di reati di omofobia o promuovere cooperazioni e forum come quello sulla protezione della diversità. “Immediatamente dopo la dissoluzione dell’URSS e l’ottenimento dell’indipendenza, abbiamo deciso di riunirci a Palanga (città lituana che si affaccia sul Mar Baltico, ndr) e cominciare a pensare a come si potesse agire, in cooperazione con altri attivisti provenienti dagli Stati baltici e dall’Europa centro-orientale, in merito a tematiche come quelle LGBT, che fino ad allora erano state criminalizzate e rese argomento dalla nomenklatura sovietica”, afferma sempre lo stesso Simonko, parlando della nascita di LGL e delle idee discusse circa la promozione di un dibattito sui diritti degli omosessuali.
Come arriva la Lituania all’arrivo con il pride 2016? Sarebbe totalmente azzardato fare paragoni con la drammatica situazione dei diritti civili che si presentava tra il 1990 e il 1991, quando il paese attuava il percorso secessionista dall’URSS. Sicuramente rispetto solamente alla prima edizione del Pride 2010, ci sono stati dei passi avanti: a cominciare dall’endorsement lanciato da parte dell’attuale primo cittadino di Vilnius, Remigijus Šimašius, affermando che non negherà a nessuno durante il suo mandato il diritto di riunirsi pacificamente in città per portare avanti istanze di interesse collettivo. Oltre all’assenza di uno scontro con il governo cittadino, i passi verso un cambiamento potrebbero essere determinati dalla presenza di una discussione sui diritti civili piuttosto che sul permesso o meno di organizzare la marcia nel centro città.
Nonostante un clima di velato ottimismo, la situazione è lontana dall’aver individuato una soluzione progressista. “La verità è che alla classe politica ancora non interessa ancora affrontare la mancanza di una legge sulle unioni civili e sulle prevenzione di problematiche gravi come quella dell’omofobia nelle scuole, attraverso attività di sensibilizzazione. Anzi, più si stanno avvicinando le elezioni politiche (che saranno ad ottobre 2016, ndr), più la classe dirigente non vuole assolutamente toccare problematiche che potrebbero turbare il loro elettorato, oltre a danneggiare i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche”. Questo è il pensiero di Virginia Pramisckaite, responsabile per la comunicazione di LGL. Un quadro non certo incoraggiante, non solo alla luce delle numerose bozze di proposte di legge apparse in Parlamento a partire dal 2014 che, ricalcando il modello adottato in Russia, volevano imporre pesanti restrizioni su possibili azioni di “propaganda gay”. Propaganda è stato anche il termine preso da Jonas Bernatonis, attuale ministro della Giustizia, per inquadrare gli obbiettivi che LGL e altre associazioni portano avanti. Sembra quasi scontato sul fatto che lo slogan che oggi scandirà il corteo sarà “We arepeople, not propaganda”. Risposta secca e coincisa in un Paese che è stato classificato nella “Rainbow Map 2015” promossa da ILGA al 39° posto su 49 stati europei riguardo alla protezione dei diritti degli omosessuali, e dove la percezione della discriminazione, nonostante una legge che dal 2003 dovrebbe evitarla, raggiunge ancora il 61%. La società lituana, nonostante i progressi raggiunti in termini di sensibilizzazione riguardo l’argomento, soffre ancora di una pesante carenza di informazione che le consentirebbe di relazionarsi in modo più corretto nei confronti del problema.
Mattia Temporin