Catturato El Chapo, il boss dei narcos dalle fughe spettacolari

“Missione compiuta: lo abbiamo preso”. Sembra una banalissima frase da film d’azione, di quelli dove i cattivi fuggono dai buoni fra inseguimenti, scontri a fuoco e scene spettacolari. E invece è il messaggio che Enrique Peña Neto, Presidente del Messico, ha dato al suo Paese e al mondo attraverso il suo account ufficiale su Twitter, annunciando la (nuova) cattura di Joaquín Guzmán Loera, detto El Chapo, il più famoso e ricercato narcotrafficante al mondo. 

EL CHAPO, IL BOSS DEL NARCOTRAFFICO FRA POTERE E FUGHE SPETTACOLARI

Il più ricercato perché negli Stati Uniti c’è una taglia di 5 milioni di dollari, il più famoso perché è considerato il più potente e il più ricco narcotrafficante in circolazione (secondo Forbes il suo patrimonio è stimabile in circa 1 miliardo di dollari). Diciamo poi che la sua fama è anche dovuta alla spettacolarità delle sue fughe. Già, perché El Chapo era riuscito a fuggire dal carcere di Altiplano lo scorso 12 luglio attraverso un tunnel di un chilometro e mezzo – scavato dai suoi uomini che ci hanno impiegato quasi un anno, dopo l’arresto del loro capo il 22 febbraio 2014 – dotato di ventilazione, luce elettrica e addirittura di un binario su cui viaggiava una motocicletta modificata per permettere al boss del narcotraffico di percorrere velocemente la distanza. Tutto studiato nel dettaglio, con un buco sul pavimento della doccia della sua cella dal quale El Chapo si è tranquillamente calato, incurante delle telecamere che lo tenevano (inutilmente) d’occhio. Sembra davvero il copione di un film e basta vedere il video della fuga per convincersene sempre di più.

Una scena fra lo spettacolare e l’incredibile che ha fatto fare una figuraccia  alle autorità messicane e al governo, o meglio, ha fatto capire (ancora una volta) al mondo come in Messico ci sia evidentemente un problema di corruzione fra chi è addetto alla sicurezza e alla sorveglianza nelle carceri. L’evasione di sette mesi fa è stata infatti il secondo atto de El Chapo in fuga. Nel 2001 infatti Joaquín Guzmán Loera era scappato dal carcere di Puenta Grande (considerato il più sicuro in Messico) nascondendosi in un carrello della biancheria sporca grazie all’aiuto di alcune guardie corrotte. E che il più potente narcotrafficante al mondo corrompesse le guardie e il direttore del carcere non è una cosa così difficile da credere, soprattutto se nei molti anni di detenzione El Chapo ha goduto tranquillamente di cibi prelibati, di prostitute e di feste, oltre naturalmente a dirigere indisturbato i suoi affari. Quindi, facendo due più due, ecco magicamente il tunnel per la fuga. Et voilà! 

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L’ingresso del tunnel da cui è sbucato El Chapo (foto: The Post Internazionale)

IL CARTELLO DI SINALOA: CORRUZIONE, VIOLENZA E CLIENTELISMO

Ma cerchiamo di capire qualcosa di più su Joaquín Guzmán Loera. El Chapo (il piccoletto) è il leader del cartello di Sinaloa, che controlla il 25% della droga contrabbandata in Messico e che opera anche in Europa, Australia, Stati Uniti e nel resto dell’America Latina. Sempre secondo le stime di Forbes il cartello di Sinaloa ha un giro di narcotraffico annuale per un valore di circa 2,7 miliardi di euro, competendo con i rivali del cartello de Los Zetas. Come una vera e propria organizzazione mafiosa il cartello di Sinaloa opera indisturbato attraverso la corruzione delle autorità ma anche della collaborazione della stessa comunità, attraverso un tipico sistema di clientelismo nel quale il boss fa favori in cambio di favori. Inoltre il cartello di Sinaloa è una vera e propria organizzazione strutturata in maniera decentralizzata in modo da permettere libertà di movimento nei traffici. Il cartello di Sinaloa è anche noto per la sua brutalità nel punire chiunque sia di intralcio ai suoi traffici, dalle autorità non disposte a farsi corrompere fino ai giornalisti che denunciano traffici e corruzione: qualche tempo fa avevo parlato dell’omicidio del fotoreporter Rubén Espinosa e dei moltissimi giornalisti uccisi in Messico, ma in questo senso è significativo anche l’omicidio di Gisela Mota, il sindaco antinarcos di Temixco ucciso a inizio gennaio ad appena 24 ore dalla sua elezione. 

LA NUOVA CATTURA E LA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE

Ad ottobre la polizia messicana aveva scoperto un tunnel lungo 800 metri tra il Messico e la California a dieci metri di profondità scavato dai narcos di Sinaloa per trasportare la marijuana negli Stati Uniti. Un tunnel molto simile a quello scavato per permettere la fuga dal carcere di El Chapo, che però a sei mesi di distanza è stato come detto ricatturato. I marines messicani sono infatti riusciti a riacciuffarlo a seguito di uno scontro a fuoco avvenuto l’8 gennaio nella città di Los Mochis, nello stato federale di Sinaloa. Ma El Chapo non è tipo da farsi prendere facilmente e ancora una volta ha cercato di svignarsela attraverso una galleria collegata alla rete fognaria, salvo poi farsi arrestare dopo essere sbucato da un tombino e aver rubato una macchina.

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L’arresto de El Chapo nel febbraio 2014 (Foto: Flickr)

L’INTERVISTA A SEAN PENN PER ROLLING STONE E IL FILM AUTOBIOGRAFICO

Come si è arrivati all’arresto? Grazie a Sean Penn. Sì proprio lui, l’attore di Hollywood, che a ottobre aveva incontrato El Chapo per un’intervista concessa al periodico Rolling Stone e pubblicata il 9 gennaio proprio a seguito dell’arresto. L’FBI, la Dea (l’agenzia antidroga americana) e le autorità messicane avevano fatto luce sul nascondiglio del narcotrafficante seguendo i movimenti di Penn, messo in contatto con El Chapo dall’attrice messicana Kate del Castillo, amica del boss. Intervista nella quale il re dei narcos ha raccontato della povertà e dei primi passi mossi nel mondo della droga, sostenendo che “la droga distrugge, ma se non ci fossi io qualcun altro continuerebbe il traffico”.

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La foto dell’incontro fra Sean Penn e El Chapo (Foto: Rolling Stone)

Insomma leggere questo articolo o un copione di un film probabilmente non farebbe molta differenza. E qualcosa del genere deve averlo pensato anche lo stesso El Chapo, che dopo essere evaso ha deciso che la sua storia da narcotrafficante dovesse essere raccontata in un film, contattando attori e attrici da rendere protagonisti della sua autobiografia ma creando troppo trambusto intorno a sé attirando ancora di più l’attenzione delle autorità, pronte a metterlo nel sacco. Così Joaquín Guzmán Loera torna dietro alle sbarre, fra l’ennesima autocelebrazione del Presidente Neto e la continua richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti (che evidentemente non si fidano molto dei messicani). E chissà che in carcere il boss dei narcos non escogiti qualche altra ingegnosa via per scappare con stile. El Chapo in fuga, atto III. Stay Tuned.

@Giulma90

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