C.A.R.A di Mineo, LasciateCIEntrare denuncia: “È segregazione, chiudetelo”

(CT). Ad attestarlo è il report redatto dai rappresentanti della campagna , che dal 2011 si batte per salvaguardare i diritti dei richiedenti asilo in Italia e la libertà di stampa. Una delegazione si è introdotta nella struttura poche settimane fa, accompagnata dal suo nuovo direttore, l’ingegner Il C.A.R.A. di Mineo nasce nel 2011, al fiorire delle primavere arabe, per iniziativa del governo Berlusconi. Sin dagli inizi il progetto fa parlare di sé: la struttura designata per l’accoglienza, il Residence degli Aranci, suscita da subito le perplessità di tanti addetti ai lavori a causa degli elevati costi di acquisizione e amministrazione. La struttura, infatti, era nata per accogliere le famiglie dei muniti di ogni comfort, dai campi sportivi agli esercizi commerciali. La decisione dei marines di trovare alloggi più vicini alla base militare ha poi lasciato interdetta la questione dell’impiego di una struttura di tali dimensioni: da qui la decisione del Comune di Catania di utilizzarla come Sin dall’arrivo dei primi migranti, tuttavia, il residence ha iniziato a mostrare segni di trascuratezza. Il sovraffollamento ha ben presto determinato l’accumularsi di situazioni di disagio, a cui sono seguite le proteste degli ospiti del centro, arrivate al punto di richiedere l’intervento delle forze dell’ordine nell’autunno del 2013. Lo scoppio del caso ha poi scaraventato l’amministrazione al centro del ciclone, rivelando dettagli sconcertanti: appalti truccati, dati di affluenza “gonfiati” per ricevere maggiori sovvenzionamenti, assunzioni in cambio di tessere elettorali. La situazione è rimasta in stallo fino a pochi mesi fa, quando la ha rilasciato una durissima relazione: 66 pagine che ripercorrono i sei anni di vita del centro, spaziando dagli illeciti dell’amministrazione, alle pessime condizioni igienico-sanitarie, al rischio di ghettizzazione. Un documento che ha forzato dei cambiamenti all’interno del più , indagato per truffa aggravata, ha lasciato il posto all’ingegner Di Natale, che ora sta provando a recuperare la situazione. Come rivela il di LasciateCIEntrare, l’amministrazione starebbe cercando di puntare sulla trasparenza: lo stesso Ministero dell’Interno ha una sede fissa all’interno del centro adibita a controlli antimafia, che tuttavia sono riservati solo a due delle sette cooperative che lavorano nella struttura. I delegati dell’associazione LasciateCIEntrare nutrono però seri dubbi sul miglioramento delle condizioni di vita per i 2987 ospiti del centro. La visita delle strutture ha evidenziato la totale mancanza di uno spazio hotspot e di collegamenti necessari per garantire a tutti lo spostamento verso la cittadina di Mineo, fattore che rischia di favorire l’isolamento dei rifugiati. Le pratiche per la richiesta dei permessi di soggiorno . Nonostante le rassicurazioni del direttore, restano i dubbi sui metodi di controllo utilizzati per garantire la tranquillità all’interno degli alloggi, dove alla delegazione non è stato permesso di entrare. Continua a vigere per ragioni di sicurezza il , nonostante i tempi di permanenza dei rifugiati siano molto lunghi. Ma l’elemento più preoccupante emerso dal report è probabilmente la che i migranti hanno mostrato nei confronti dei rappresentanti dell’associazione, una situazione che non si era presentata nel corso della prima visita alla struttura nel 2014, e che fa scattare un campanello d’allarme. Due anni – e diverse denunce – dopo la prima visita della delegazione, quindi, le condizioni di vita all’interno della struttura nel catanese non sembrano migliorate. Perciò, LasciateCIEntrare chiede a gran voce la chiusura del centro: Per noi il CARA, anche alla luce di quest’ultima ispezione, rimane un Da quanto osservato facendo un confronto fra la prima visita nel 2015 e quella attuale, pensiamo che le condizioni siano più somiglianti ad un ghetto che a un’esperienza d’integrazione. Le persone sono costrette ad uno stile di vita pensato per un breve periodo. […] Nei fatti dietro questa macchina che tende alla perfezione si perpetua una gestione segregativa e lontana dalla possibilità di creare luoghi in cui i richiedenti asilo possano realmente integrarsi nel paese in cui ricevono la protezione internazionale. […] Il C.A.R.A. di Mineo va chiuso perché perpetua una gestione securitaria, poliziesca, segregativa e non garantisce la realizzazione di alcuna quotidianità ai nuclei familiari, a chi vuol ricongiungersi o costruirsi la propria vita. Quando l’accoglienza – misura di per sé volta al tentativo di migliorare le condizioni di vita di persone in difficoltà – scade nella , perde automaticamente il suo valore. Il perdurare di situazioni analoghe a quella di Mineo rischia non solo di monopolizzare inutilmente le risorse a disposizione, impiegandole in , ma anche di vanificare il lavoro di chi ogni giorno prova a far risorgere queste realtà dalle ceneri dell’illegalità, invano.