Un Natale al museo: Ariosto a Ferrara
Le vacanze natalizie sono da sempre un’ottima occasione per trascorrere del tempo davanti al focolare domestico e perdersi nelle storie raccontate dai libri, dalla tv, dal cinema, dai nonni. Quest’anno però, vi consigliamo di recarvi fino al Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi Il Palazzo inoltre sarà aperto il giorno di Natale e l’1 gennaio, inclusa la sera ; un’esposizione audace, che entra nella biografia dell’autore e mette in evidenza i suoi punti di riferimento letterari, le gesta degli eroi cavallereschi ai quali si era ispirato, i campi di battaglia con gli elmi scintillanti, le donne della corte di Ferrara e tutto ciò che rientrava nell’immaginario dell’epoca. Il coinvolgimento emotivo dello spettatore è assicurato: l’allestimento è davvero ben curato e consente piena immersione nel mondo ariostesco , è importante per seguire al meglio l’itinerario disegnato con la compagnia dei versi del Si è catapultati nella Ferrara estense d’inizio ’500 ed è possibile ammirare le maestrie di Leonardo, Raffaello, Botticelli e Tiziano, coloro i quali, grazie alla loro arte figurativa, mostrarono all’Europa intera la vivacità culturale del suolo italiano . Ci muoviamo dentro un mondo ricco, sotto tutti i punti di vista: la Ferrara degli Este godette in quegli anni di un periodo di stabilità e ricchezza notevoli e ciò consentì ad Ariosto di parlarne come città «di tutta l’Italia ‘l pregio e il vanto». La vita a corte tuttavia era piena di intrighi e ipocrisie , più volte evidenziate dai poemi epici del periodo, ben lontano dall’immaginaria comunità ideale descritta o auspicata in quegli anni ad Urbino da Baldassarre Castiglione nel ; ancor più lontana dal mondo cavalleresco in cui sono ambientate le vicende del ha evidenziato «un mondo di ipotesi costruito su ipotesi precedenti», facendo riferimento al Il genere epico si avvia verso l’implosione e la fine: la mostra di Palazzo dei Diamanti manca di evidenziare questo aspetto. omissione del senso della fine che emerge nel poema di Ariosto di Tasso, contiene in sé la fine del genere letterario e dello stesso mondo cortigiano che lo vuole raccontare e imitare. L’epico è portato all’estremo punto di rottura, l’intreccio narrativo è estremizzato e non sempre il “meraviglioso” genera lo stupore elogiato dalla mostra. esposte in grandi dimensioni che hanno l’utilità di spiegare in forme vettoriali gli intrecci e le dinamiche dell’opera) è possibile vedere con i propri occhi l’ , che esprime la grazia e l’armonia delle forme per le quali i personaggi ariosteschi perdono il senno. E, a proposito di ragione e pazzia, è molto suggestiva la grande palla in bronzo che simboleggia la Luna dove si è perso il senno di Orlando , che Astolfo andrà a recuperare. La mostra, che comincia con l’ , conclude idealmente il suo percorso con un’altra opera letteraria, il , memore dell’opera di Ariosto e pieno di sincera ammirazione e gratitudine nei suoi confronti. Una sensazione che, è innegabile, viene trasmessa anche allo spettatore della mostra.
