Prima repubblica e male minore, il referendum per noiseFromAmerika

Prima repubblica e male minore, il referendum per noiseFromAmerika

che hanno studiato negli Stati Uniti e lì lavorano o hanno lavorato, che analizzano da un punto di vista in qualche modo esterno la situazione politica, economica e sociale italiana. Proprio per questo loro essere “in qualche modo esterni”, dicono, le loro considerazioni verranno interpretate spesso come niente più che “rumore” da chi le legge in Italia: da qui viene il nome del progetto. Ciononostante, costituzionale ho pensato di raccoglierle qui, anche per dimostrare che il “rumore” non è affatto rumore. alle elezioni europee 2014 – giusto per darvi delle coordinate), che ora ha perso ogni interesse per la politica (attiva): al , e il suo argomento si basa al 49% su questioni riguardanti che, nel concreto, non ha nulla a che fare con la riforma costituzionale nel contesto della campagna per il referendum (e questo lo stiamo vedendo noi nelle ultime settimane – l’articolo di Boldrin è del 23 settembre). La confusione sulla legge elettorale e sul suo destino post-referendum, però, la lega comunque indissolubilmente al destino della riforma costituzionale. Secondo Boldrin, se cade la riforma va rifatta anche la legge elettorale: rigettando questo argomento, la sua opposizione alla riforma cade, come detto sopra, al 49%. Il restante 51%, ovvero la parte più importante dell’argomento secondo Boldrin, include principalmente due temi: il , sul quale già in passato si è espresso in diversi modi: ammette che , ideato da una sinistra “che del federalismo ha terrore” e attuato da una destra “in via di fascistizzazione” che davvero federalista non è stata mai. Secondo Boldrin, senza responsabilizzare le regioni e gli enti locali, una vera riforma del settore pubblico , che elimini gli sprechi, riduca le tasse e riporti, in breve, il paese a crescere, : sarebbe stata utile negli anni passati, dai ’60 ai ’90, quando c’era un vero bipolarismo destra-sinistra, mentre , e ne vediamo gli effetti in altri paesi, dall’Inghilterra alla Spagna, con l’esempio macroscopico (e quasi profetico) degli Stati Uniti, dove Clinton ha perso le elezioni per via di una frammentazione addirittura interna al suo partito L’opinione di Boldrin si conclude in modo amaro, ammettendo che lui (e anche se ce l’avesse, dice, non avrebbe comunque i voti per metterla in atto), ma la prudenza lo invita, essenzialmente, a , ma aspettare ancora un po’ che arrivi una proposta di cambiamento migliore di questa. nasce come replica a quello di Boldrin. Sul federalismo, pur concordando che la versione attuale del “federalismo” all’italiana sia un mostro, Federico ritiene che nelle regioni e al loro abuso di diritto di veto su diverse materie. , visto il depotenziamento delle medesime contenuto nella stessa riforma, e dato che la maggior parte sono stipendi di dipendenti pubblici non licenziabili, e con l’eliminazione delle preferenze nel 1991 si tolse comunque la nomina diretta da parte degli elettori : il primo è utile ma poco rilevante, mentre il secondo è , dato che, come i dipendenti del senato, neanche quelli delle province possono essere licenziati e andranno dunque ricollocati. Data la legge elettorale, la maggioranza per il partito vincente alla camera non consentirebbe comunque l’elezione “in solitaria” del presidente della Repubblica, dunque anche su questo nessun problema. La modifica delle cose minori o tecniche è tutto sommato ragionevole, ma in ogni caso di poco impatto. . Dice Federico che Boldrin voterebbe NO solo per dare al parlamento il tempo di fare una nuova legge elettorale che impedisca una vittoria al M5S al ballottaggio. Se vincesse il NO, però non ci sarebbe una maggioranza con cui fare una legge elettorale decente, dunque la soluzione meno improbabile sarebbe un , ovvero (come nel titolo dell’articolo di Brusco), “il ritorno alla prima repubblica”. chi accetta i lati negativi della globalizzazione per averne i benefici . Dice Federico, che non ama molto Renzi, che ritiene le sue soluzioni il meno peggio possibile data la situazione politica intorno a lui e l’ostilità degli stessi elettori alle riforme. L’unico leader possibile di uno schieramento modernizzatore sarebbe proprio lui: “chi ci mettiamo? – l’ennesimo – fino al 2018, come minimo, e una nuova ammucchiata fino al 2023 se il M5S si rifiutasse di formare un governo con altri partiti: il tutto causato da un inevitabile ritorno al proporzionale. Se vincesse il sì, invece, con una riforma dell’Italicum ci sarebbe un barlume di speranza nella vittoria del PD al ballottaggio, grazie a un miglioramento della situazione economica e, dice Federico, soprattutto grazie alla “palese incapacità dei grillini a governare”. Certo, potrebbero anche vincere i grillini. Ma a questo punto la catastrofe sarebbe meritata. Giovanni Accolla: Al referendum voterò NO e dico no alla scelta del male minore non ha più senso nulla se non si comincia a scegliere per il meglio Nell’articolo l’autore conferma, di fatto, quanto affermato poche settimane prima da Giovanni Federico: . Accolla è un sostenitore del sistema proporzionale, e ritiene che il combinato-disposto legge elettorale + riforma istituzionale non potrà che portare a “una forma di pseudo dittatura postmoderna” , non potendo più sopportare il suo modo di governare – pur dicendosi , citando casi di altri politici che avevano dichiarato che sarebbero spariti una volta terminato l’incarico, restando invece nei paraggi (uno su tutti D’Alema, che, come ricorderete, affermò di volersi occupare di politica estera, e invece eccolo qui a lottare per il NO al referendum). Se continuiamo di “meno peggio” in “meno peggio”, finiremo col dover votare Grillo per difenderci da qualcuno di peggio di lui? , un paio di giorni dopo quella di Accolla, comincia con un’affermazione piuttosto lapidaria: “ Se vince il SÌ al prossimo referendum costituzionale non ci saranno grossi miglioramenti. Se vince il NO invece la situazione peggiorerà, e parecchio. , spacciate ogni volta per cambiamenti epocali e lavori faticosissimi quando in realtà hanno cambiato molto poco, Brusco conclude . Eppure, se la riforma non dovesse passare, la conseguenza più probabile e principale sarebbe Brusco, in ogni caso, si rende conto di non essere entrato troppo nel merito, ma per non allungare ulteriormente, rimanda all’opinione di Riguardo ai due articoli per il NO, Brusco ammette che, auspicando un ritorno al proporzionale, Accolla fa benissimo a votare no, mentre si affida di nuovo a Federico per quanto riguarda le risposte all’opinione di Boldrin. e alla sua visione del federalismo come soluzione dei mali dell’Italia: senza discutere sulla bontà dell’idea, Brusco afferma che, secondo lui, il federalismo in Italia non sarà mai possibile per la semplice ragione che piacerebbe a lui, a Boldrin e forse a un altro 0,5% dell’elettorato è meglio una riforma, pur lontana dall’essere ben fatta, che almeno cancella le assurdità sulle competenze condivise contenuti nella riforma del 2001. 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