Le vacanze natalizie sono da sempre un’ottima occasione per trascorrere del tempo davanti al focolare domestico e perdersi nelle storie raccontate dai libri, dalla tv, dal cinema, dai nonni. Quest’anno però, vi consigliamo di recarvi fino al Palazzo dei Diamanti di Ferrara per vedere e ascoltare una storia unica, raccontata nella mostra Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi. Prorogata fino al 29 gennaio, a testimonianza del grande successo ottenuto. Il Palazzo inoltre sarà aperto il giorno di Natale e l’1 gennaio, inclusa la sera (orari e tariffe consultabili qui).
Il percorso tematico allestito riguarda il mondo di Ariosto ai tempi della stesura dell’Orlando Furioso, risalente a 500 anni fa; un’esposizione audace, che entra nella biografia dell’autore e mette in evidenza i suoi punti di riferimento letterari, le gesta degli eroi cavallereschi ai quali si era ispirato, i campi di battaglia con gli elmi scintillanti, le donne della corte di Ferrara e tutto ciò che rientrava nell’immaginario dell’epoca. Il coinvolgimento emotivo dello spettatore è assicurato: l’allestimento è davvero ben curato e consente piena immersione nel mondo ariostesco. L’audioguida, del tutto gratuita, è importante per seguire al meglio l’itinerario disegnato con la compagnia dei versi del Furioso esposti sui pannelli delle sale. Si è catapultati nella Ferrara estense d’inizio ’500 ed è possibile ammirare le maestrie di Leonardo, Raffaello, Botticelli e Tiziano, coloro i quali, grazie alla loro arte figurativa, mostrarono all’Europa intera la vivacità culturale del suolo italiano. Ci muoviamo dentro un mondo ricco, sotto tutti i punti di vista: la Ferrara degli Este godette in quegli anni di un periodo di stabilità e ricchezza notevoli e ciò consentì ad Ariosto di parlarne come città «di tutta l’Italia ‘l pregio e il vanto».
La vita a corte tuttavia era piena di intrighi e ipocrisie, più volte evidenziate dai poemi epici del periodo, ben lontano dall’immaginaria comunità ideale descritta o auspicata in quegli anni ad Urbino da Baldassarre Castiglione nel Cortegiano; ancor più lontana dal mondo cavalleresco in cui sono ambientate le vicende del Furioso, ben 800 anni prima. Non a caso il curatore della mostra Guido Beltrami ha evidenziato «un mondo di ipotesi costruito su ipotesi precedenti», facendo riferimento al confine tra realtà e immaginazione, che diviene labilissimo nella stesura di quest’opera letteraria. Il genere epico si avvia verso l’implosione e la fine: la mostra di Palazzo dei Diamanti manca di evidenziare questo aspetto. Possiamo forse trovare qui l’unica mancanza della mostra, l’omissione del senso della fine che emerge nel poema di Ariosto. Il mondo epico raccontato nel Furioso, così come lo sarà nella Gerusalemme liberata di Tasso, contiene in sé la fine del genere letterario e dello stesso mondo cortigiano che lo vuole raccontare e imitare. L’epico è portato all’estremo punto di rottura, l’intreccio narrativo è estremizzato e non sempre il “meraviglioso” genera lo stupore elogiato dalla mostra.
È ben curato l’aspetto che consente al “meraviglioso” di definirsi in quanto tale, ossia il desiderio, il vero motore di tutta l’opera, e la follia che ne consegue. Grazie all’aspetto interattivo estremamente curato (molto interessante l’utilizzo di alcune infografiche esposte in grandi dimensioni che hanno l’utilità di spiegare in forme vettoriali gli intrecci e le dinamiche dell’opera) è possibile vedere con i propri occhi l’ideale di bellezza femminile del 1500, in particolare nel ritratto di donna di Botticelli, che esprime la grazia e l’armonia delle forme per le quali i personaggi ariosteschi perdono il senno. E, a proposito di ragione e pazzia, è molto suggestiva la grande palla in bronzo che simboleggia la Luna dove si è perso il senno di Orlando, che Astolfo andrà a recuperare. La mostra, che comincia con l’opera di Boiardo L’innamoramento di Orlando, conclude idealmente il suo percorso con un’altra opera letteraria, il Don Chisciotte di Cervantes, memore dell’opera di Ariosto e pieno di sincera ammirazione e gratitudine nei suoi confronti. Una sensazione che, è innegabile, viene trasmessa anche allo spettatore della mostra.
Daniele Barresi
@DanieleBarresi2