Arte vs. Cinema: capi e accessori d’altri tempi

La settimana della moda è l’occasione per scoprire come ci vestiremo nel prossimo futuro: cosa andrà di moda quest’estate? Che colore andrà il prossimo inverno? Talvolta in passerella sfilano abiti che citano illustri figure del passato o della stretta attualità (vedi la tuta delle combattenti peshmerga riprese da H&M). Insomma, si prepara l’abbigliamento del futuro strizzando l’occhio agli intramontabili classici. Questo vale soprattutto per la moda maschile che è fatta di pochi, ineliminabili, capisaldi. Guardando al passato, eppure, ci accorgiamo che nell’arte e nel cinema sono apparsi capi e accessori iconici otto-novecenteschi ingiustamente trascurati dalla moda contemporanea. Eccovi, dunque, un paio di capi e accessori che possono svoltare il vostro look verso picchi di stile incommensurabili.

Vesti sacerdotali: tunica e vestaglia
C’è chi prende la propria professione come una vocazione, e allora perché non indossare un abito che renda manifesto il segno della superiorità della propria missione? La tunica è il capo d’abbigliamento che ha accomunato i grandi della storia (insieme al sandalo!) fino all’introduzione in Occidente dei pantaloni; dopo questa rivoluzione nella moda medievale, la scelta della tunica è diventata un forte atto politico-intellettuale. Comoda e ariosa, soprattutto se indossata senza biancheria, il pittore Gustav Klimt ha fatto della tunica il suo indumento da lavoro.
Una diversa declinazione della veste sacerdotale ci viene da Il Grande Lebowski. Nel capolavoro dei fratelli Coen, Jeff Bridges, nei panni del drugo Lebowski, fa sfoggio di un’eleganza che non rinuncia alla comodità: pantaloncini a quadri, maglie sdrucite, cardigan con fantasie geometriche ma, soprattutto, la polivalente vestaglia/accappatoio e i sandali (declinati anche nella plastica versione moda mare in Riviera). È anche grazie al suo comodo quanto iconico outfit se il drugo è diventato il messia della filosofia di vita migliore di tutti i tempi: il Dudeismo.

Pince-Nez
La moda hipster ci ha abituati a vedere per le strade individui che sfoggiano occhiali a teleschermo o perfettamente tondi, preferibilmente neri o in osso. Per distruggere questi amanti del vintage sul loro stesso territorio è fondamentale sfoggiare un accessorio che era già vetusto nel beneamato secolo decimonono, il pince-nez.
Conosciuto anche come bicicletta o stringinaso, il pince-nez è l’occhiale più raffinato di tutti i tempi: meno eccentrico del monocolo, più elegante dell’occhiale comune, delinea praticità senza rinunciare allo stile. Senza dubbio, è l’accessorio definitivo per l’uomo e per la donna che vogliono dimostrare autorità estrema con un tocco di sinistro mistero, che non guasta mai. Tra i principali endoser figurano il drammaturgo Anton Čechov e il presidente americano Teddy Roosevelt, entrambi li accoppiavano a dei folti baffi capaci di incutere un serioso rispetto anche al Kaiser Guglielmo, che pure coi baffi non scherzava. In letteratura è rimasto memorabile il pince-nez di Korov’ev/Fagotto, scagnozzo di Satana ne Il Maestro e Margherita; attratti da questo accessorio furono anche i detective Sherlock Holmes ed Hercule Poirot. Al cinema ricordiamo la bicicletta che Morpheus indossa in Matrix, mi pare che ci abbiano fatto pure qualche meme

Bastone animato
La scomparsa del bastone da passeggio (e dell’ombrellino parasole femminile) dall’habitus della bella società è già una grave mancanza della moda recente: il bastone conferiva all’uomo un portamento regale, accostato magari al cappello a cilindro e alla redingote. Indubbiamente, ciò che ci manca di più è la versione animata del bastone da passeggio: celata sotto il legno si nasconde una lama, fondamentale per evitare cadute di stile quando ci si imbatte in malandrini che non rispettano il diritto di passaggio del gentiluomo urbano. Un oggetto che viene da lontano: i romani lo chiamavano Dolon, i giapponesi Shikomizue. Abbiamo potuto apprezzare l’utilità del bastone animato nel film Arancia meccanica, nel quale fa da contorno alla mise tutt’altro che elegante di Alex e dei suoi tre drughi.

Panciotto avanguardista
Veniamo a un autentico oggetto del desiderio, un indumento che assomma in sé eleganza, arte e avanguardia: il panciotto futurista. Disegnati tra il ‘23 e il ’24 dall’artista Fortunato Depero, i panciotti futuristi sono caratterizzati da fantasie e colori spregiudicati: la cromia dinamitarda manifestava il disprezzo di F.T. Marinetti e dei futuristi per tutto ciò che è ordinario, un beffardo attacco all’accademia e agli ordinari completi a tinta unita. Se già indossare un panciotto al giorno d’oggi è un atto da esteti senza scrupoli, il panciotto avanguardista rappresenta il nec plus ultra: vestire un’incomprensibile opera d’arte.

Matteo Cutrì

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