Se questa fosse una storia di supereroi, il nostro protagonista sarebbe probabilmente un supercattivo, o uno di quegli eroi contemporanei, con un passato tormentato e tanti difetti per renderli più umani. Del resto, Ragno Nero non suona proprio amichevole, e il completo nero che indossa e i 190 cm di altezza non fanno altro che aumentarne il timore negli avversari. Anche la provenienza, la cara vecchia URSS, ne fa un tipico antagonista di James Bond e del mondo libero. In realtà, a tutto questo il Ragno Nero non sembrava pensare. Lui pensava solo a parare. Lui era il miglior portiere della storia. Lui era Lev Ivanovich Yashin, unico portiere ad aver vinto il Pallone d’Oro.

Come la maggior parte delle storie di supereroi, serve un inizio drammatico. C’è chi perde i genitori, chi viene morso da un ragno o chi sopravvive ad esplosioni nucleari a cui è esposto perché rimane impigliato in una recinzione. Lui ha 11 anni quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale, ed è russo. Sia sua madre che suo padre lavorano nell’industria pesante, e anche lui praticamente da subito viene messo in catena di montaggio, per sostituire i colleghi più anziani che partono per il fronte. Lev è di Mosca, quindi non subisce la devastazione che vede il resto del paese. La città infatti non viene mai conquistata dai nazisti, ed il giovane può continuare a lavorare. Leggenda vuole che si guadagni qualche rublo ed il pane per la famiglia già mostrando le sue doti da portiere, prendendo al volo vari oggetti che gli vengono tirati. Al termine della guerra continua a lavorare per la stessa fabbrica, ed entra nella squadra di calcio dello stabilimento. Vladimir Cecerov, ex campione di ping pong, viene assunto per allenare questa squadra, ed è il primo a scoprire realmente le doti di Yashin. Gli procura un provino con la squadra del Ministero degli Interni, la Dinamo Mosca. Il provino va bene, ma in quel momento titolare inamovibile della formazione calcistica della Dinamo era Tigr (la tigre) Chomic, e data l’abilità di Lev a seguire e parare oggetti di piccoli dimensioni (si allenava infatti con le palline da ping pong) viene schierato con la squadra di hockey. In un paio di occasioni, per squalifica di Chomic o in partite di importanza minore, viene schierato tra i pali del campo di calcio. Le sue prestazioni non piacciono a tutti, e tra questi c’è un piccolo signore, vestito con un impermeabile grigio e con due minuscoli occhialetti tondi sul naso. Basta una sua parola, e Lev torna a parare sul ghiaccio. Nel 1953, con Yashin titolare, la squadra vince il campionato sovietico di hockey su ghiaccio, proprio mentre quel piccolo signore con gli occhiali viene condannato ed ucciso nel corso di una seduta del Comitato Centrale del PCUS. La morte di Lavrentij Pavlovic Berija, capo della polizia segreta sovietica e presidente della Dinamo, di fatto apre le porte della squadra calcistica a Lev.

L’anno successivo Chomic subisce un infortunio, e Yashin torna nella porta della Dinamo calcistica. E da quel momento non abbandonerà più i pali dei bianco azzurri. Proprio quell’anno vince il primo campionato, a cui ne seguiranno altri quattro e tre Coppe dell’URSS. Ma se con la Dinamo era Lev, con la nazionale divenne il Ragno Nero. Indossava infatti una divisa tutta nera, che risaltava tra le altre biancorosse, e ai più sembrava impossibile avesse solo due braccia, per la capacità di parare ogni conclusione. Fu il titolare fisso fin dal 1954 in ogni partita della nazionale sovietica, e principalmente grazie a lui l’URSS divenne un pericolo per ogni altra squadra del mondo. Prima di lui, la nazionale dei CCCP non aveva mai partecipato a nessuna competizione internazionale. Con lui tra i pali, arrivò il primo oro olimpico nel 1956, nel 1958 l’URSS arrivò ai quarti ai Mondiali di Svezia e vinse la prima edizione della storia degli Europei nel 1960. In quella competizione subì solamente due reti, una nella prima partita contro l’Ungheria ed una nella finale contro la Jugoslavia.

La specialità del Ragno Nero era leggere l’azione ancor prima che si sviluppasse. In questo modo si faceva trovare nella posizione migliore per intervenire e bloccare la conclusione sul nascere. In più fu il miglior pararigori della storia, proprio per questa capacità di leggere i segnali. Le statistiche ufficiali non esistono, ma è certo che i rigori parati siano oltre un centinaio, forse intorno ai 150. In più la forza nelle mani, sviluppata in fabbrica e nel fermare il disco da hockey a mani nude, gli permetteva di bloccare praticamente sempre il tiro, spesso ad una mano, e trattenere il pallone.
Il 1962 è un anno buio per Yashin. Il campionato venne vinto dagli odiati rivali dello Spartak, squadra creata dal sindacato centrale moscovita, mentre la Dinamo si dovette accontentare del secondo gradino del podio. Al Mondiale cileno del 1962 la Federazione venne eliminata ai quarti dai padroni di casa. Il Ragno venne caricato e colpito più volte dai giocatori cileni, tanto che nel corso della gara venne ferito ad un occhio e fu costretto ad essere medicato con una benda, cosa che non gli impedì di tornare in campo e parare ancora. Al termine di quei Mondiali Lev trentatreenne annunciò il ritiro, salvo poi ripensarci. E fu una fortuna, perché il 1963 fu l’anno della consacrazione. In campionato subì solamente sei reti, e permise all’URSS di qualificarsi per l’Europeo dell’anno successivo. In una doppia sfida contro l’Italia si mise in luce, tanto da parare un rigore all’Olimpico a Sandro Mazzola. Fu anche la stagione del Pallone d’Oro, davanti a Gianni Rivera e Jimmy Greaves. Si era già qualificato tra i primi cinque in altre tre occasioni, e fu il primo portiere (e finora unico) a vincerlo. Come ulteriore riconoscimento, venne convocato per la sfida Inghilterra – Resto del Mondo, che vedeva i migliori giocatori inglesi fronteggiare i migliori giocatori del mondo per festeggiare il centenario della FA. Risultato finale 2-1 per gli Inglesi, ma Yashin giocò solo il primo tempo e non subì alcuna rete. Di fronte aveva quello che fino a qualche mese prima veniva considerato il miglior portiere alla pari con lui: Gordon Banks. Il pallone d’oro mise la parola fine a questo pareggio, ma la vittoria dei mondiali 1966 da parte degli albionici rimise in discussione tutto.
Proprio al Mondiale 1966 Yashin colse insieme alla Nazionale il miglior risultato alla massima competizione internazionale. La corsa verso la vittoria si concluse solamente in semifinale, contro la Germania Ovest. Anche la finalina terminò con una sconfitta, facendo arrivare l’URSS quarta ad un mondiale, risultato mai nemmeno eguagliato. Fu l’ultima grande competizione a cui partecipò da titolare. Agli Europei 1968 non venne nemmeno convocato, ed al suo posto venne portato Psenicnikov, numero 1 del CSKA, tenente dell’esercito (a cui il CSKA apparteneva), a cui era stato dato in premio un appartamento con due camere da letto. Un lusso spropositato, contando in primis che Psenicnikov fece abbastanza male, tanto da non essere più convocato. Yashin invece per tutta la carriera aveva ricevuto uno stipendio da sergente, fino ad un massimo di 200 rubli. La fine della carriera in Nazionale non impedì a Lev di continuare a giocare in patria, vestendo la maglia della Dinamo fino al ritiro, nel 1970. Come riconoscimento, venne convocato ai Mondiali messicani del 1970, ma non giocò nemmeno una partita, superato nelle gerarchie questa volta dal georgiano Kavazashvili. Prima del ritiro, gli venne conferito l’Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica in tempo di pace. Celebrò il ritiro nel 1971, davanti a 103mila spettatori (anche se le richieste di biglietto furono sette volte superiori) ed insieme a Franz Beckenbauer, Bobby Charlton, Giacinto Facchetti, Eusebio e Pelè.

Si ritirò a vita privata, salvo qualche stagione come allenatore di squadre minori o preparatore dei portieri in selezioni giovanili. Nel 1985, a cinquantasei anni, gli venne amputata una gamba per una tromboflebite. Costretto sulla sedia a rotelle, venne invitato ed accettò di accompagnare la nazionale dell’URSS alle Olimpiadi di Seul del 1988, dove la Nazionale vinse il secondo ed ultimo oro olimpico della sua storia. Alle premiazioni, Lev aveva ancora l’oro vinto oltre trent’anni prima. Un tumore allo stomaco lo portò via, a sessant’anni, nel 1990. Negli anni successivi gli vennero riconosciuti premi ed onori: venne scelto come miglior portiere del XX secolo davanti a Banks e Zoff, venne istituito un premio in suo onore per il miglior portiere dei mondiali e venne scelto dalla Federazione, ormai senza più CCCP sulle maglie, come miglior giocatore russo della storia della FIFA. Ma ai premi ed ai riconoscimenti il Ragno Nero non ha mai mostrato di pensare troppo. Lui pensava solo a parare, ed è probabilmente per questo che Lev Yashin era il migliore.
Marco Pasquariello