Reddito minimo garantito: la vera riforma necessaria

Reddito minimo garantito: la vera riforma necessaria

Il welfare italiano va rinnovato e semplificato senza i dogmi del secolo scorso. Il reddito minimo sarebbe un grosso passo verso questa direzione. Negli ultimi tempi è entrato nel dibattito politico, sebbene sotto svariate e improprie terminologie, il . In ordine di tempo, l’ultimo a nominarlo è stato Enrico Letta nel del 30 aprile scorso, quando parlando di ammortizzatori ha aperto a Per di più, in questo caso, vale l’ormai celebre motto “ce lo chiede l’Europa”. A ben vedere, il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea, ha auspicato l’introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d’inserimento nella società dei cittadini più poveri , è l’unico paese in Europa a non avere un sistema di supporto alla povertà di questo tipo. Se i paesi nordici si collocano al top di una ipotetica classifica sul reddito minimo, il nostro Germania prevede un sussidio di 345€ per tutti i disoccupati tra i 16 e 65 ann i (si badi bene, anche a chi non ha mai lavorato, non solo ai disoccupati) a cui si aggiungono le spese di affitto e riscaldamento. che ha introdotto un Reddito di garanzia pari a 6500 € annui (calcolati come reddito disponibile equivalente), corrispondenti ad un costo di 3€ al mese per residente. , il RMG va distinto dal reddito di cittadinanza. Se quest’ultimo consiste in un sussidio dato a tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito e dallo status lavorativo; il reddito minimo garantito si contraddistingue per un universalismo selettivo, in quanto caratterizzato da (e senza differenza tra categorie di lavoratori) che fanno dipendere la concessione da accertamenti su reddito e patrimonio. Detto ciò, pare ovvio che, in tempi di suicidi, i populismi sull’Imu e gli arroccamenti sull’art.18 dovrebbero lasciare spazio a discussioni serie su costo che si aggirerebbe tra gli 8 e i 10 miliari per un sussidio di 500€ , come suggeriscono di nuovo Boeri e Perazzoli, ma si tratterebbe di andare a sostituire tutto il marasma scoordinato di sussidi del welfare italiano con questo strumento. È vero, inoltre, che l’attuazione del reddito minimo garantito presenta problematiche relative ad errori di primo tipo (mancata assegnazione del sussidio a chi ne ha diritto) e del secondo tipo (assegnazione a chi non ne ha diritto), ma ciò potrebbe essere bilanciato dalla Infine, una manovra corposa come l’introduzione dell’RMG richiede estrema attenzione nella ai bisogni del richiedente, nonché la previsione di interventi per l’inserimento nel mercato del lavoro. , semplificherebbe gli strani e ingiusti meccanismi dello stato sociale nostrano e se applicato in maniera seria (cioè non all’italiana) ridurrebbe gli sprechi. Se vogliamo ripartire, bisogna farlo dal welfare, superando, da una parte, il rifiuto di uno stato che fornisce servizi e dall’altra, la paura di un mercato del lavoro veramente liberalizzato. Ciò richiede una nuova Italia, libera dai dogmi del ‘900, dagli interessi corporativi, dalle mazzette e dal malcostume generalizzato. Purtroppo sembra che per ora ci terremo le balle sull’Imu, una riforma della giustizia che aiuta i potenti (e che non riduce la tempistica dei processi come si vuol far credere), le sterili urla contro la casta e un mercato del lavoro che continua a discriminare, con i suoi totem, tra chi è dentro e chi è fuori. Per un approfondimento sul reddito minimo in Europa si veda lo studio comparatistico di