De Boer, l’olandese del futuro

De Boer, l’olandese del futuro

Cosa si può fare in dodici giorni? Beh, tante cose. Fare una vacanza. Comprare casa. Diventare altre persone. Si può cambiare lavoro. Ma si possono fare una qualsiasi di queste cose ed ottenere dei risultati? Per esempio, si può comprare una casa, trasferirsi, e abituarcisi? Si può cambiare lavoro, conoscere nuovi colleghi, nuovi sottoposti e nuovi superiori, e vivere questa realtà come se la si vivesse da mesi? La risposta è no. Ma è esattamente il tempo che ha avuto Frank De Boer da quando è diventato allenatore dell’Inter alla prima partita della sua squadra. E dato che non si può, ha perso. Ma sia che faccia bene o che faccia male, in tutta questa stagione, perchè la nuova dirigenza dell’Inter ha scelto De Boer come allenatore, Prima, De Boer non è niente. O meglio, è un grande giocatore. Il fratello riuscito meglio dei De Boer, ha giocato nel grande Ajax pre Bosman, quello della Champions League, per poi seguire l’esempio dell’Olandese e andare al Barcellona. Ma a differenza di Cruijff, è difensore centrale. è regista basso, vede tutto e decide tutto, anche se un po’ meno di Johan. Smette di giocare nel 2006, e nel 2008 diventa allenatore dell’Ajax A1, la Primavera olandese, e contemporaneamente entra nello staff di Van Marvijk per la Nazionale. Ma le cose sotto di lui cambiano molto in fretta. All’Ajax è guerra. Da un lato c’è Johan, ancora una volta. Cruijff era già entrato nella dirigenza dei lanceri proprio nel 2008, per poi andarsene per diventare presidente onorario del Barcellona. Ma la carica gli viene revocata dopo neanche cinque mesi. Van Basten, l’allenatore che lui aveva scelto adottando il dogma “l’allenatore deve essere stato un gran giocatore”, da lui stesso coniato peraltro, se ne è andato, e la panchina è di Martin Jol, con risultati deludenti. Negli ultimi anni, il grande vivaio Ajax è svanito, schiacciato dai contratti sottocosto degli extracomunitari e dalla facilità di comprare giocatori già svezzati. Ma non ci si può inventare ciò che non si è, e l’Ajax non è certo società di osservatori. Così sono arrivati “campioni” di dubbio gusto, che non hanno fatto altro che impoverire le casse e togliere spazio ai giovani. Lui non vuole tutto questo, e lo dice chiaro e tondo. Dall’altro lato però c’è il resto della dirigenza, che decide di ingaggiare un altro dirigente – consulente. L’opposto di Johan, per combatterlo e contrastarlo. Se l’uno è individualista e estroso, l’altro è dogmatico e sistemico. Da un lato c’è la volontà ferrea di crescere tanti campioni, dall’altro la necessità di costruire un sistema che duri nel tempo. Dopo giorni e giorni di divergenze, che proseguiranno anche oltre questa storia, Johan vede in lui il profilo adatto, ex calciatore di alto livello, con visione tattica e contemporaneamente estro. Louis invece analizza gli schemi ed i movimenti della sua primavera, che si muove simpateticamente come un essere unico. E’ la perfetta unione. Sarà calcio di posizione privo di velleità anarchiche, ma basato sul vivaio. E fin qui pensate: beh, allora i vertici cinesi hanno fatto bene. Bisogna puntare sul vivaio italiano, soprattutto per l’Inter che di italiani non ne ha, solo così si riuscirà a vincere in Europa. In più se Van Gaal e Cruijff lo hanno benedetto ci sarà un motivo. I risultati arrivano, non fraintendete. Il calcio di De Boer è un calcio così dogmatico che risulta affascinante scoprirne i meccanismi, come – e ho già avuto modo di parlarne – lo 0 a 0 della scorsa stagione tra Napoli e Juventus, partita brutta sul tabellino ma bellissima tatticamente. In più vince quattro scudetti consecutivi nei primi quattro anni della sua panchina, superando il record che apparteneva proprio a Van Gaal e Cruijff, oltre che a Rinus Michels. Il vero obiettivo, l’Europa, rimane un miraggio. L’Ajax deboeriano non ha mai superato i gironi di Champions, ed in alcuni casi nemmeno ci è arrivato. E non che in Europa League sia andata meglio. In più spariscono anche i successi in patria. Negli ultimi due anni il campionato è stato vinto dal PSV Eindhoven, con l’Ajax costretto sul secondo gradino del podio. Il vivaio non basta più. Vengono comprati giocatori da affiancare ai giovani olandesi non all’altezza delle aspettative, e così i primavera sono costretti a giocare sempre titolari. I giovani non hanno tempo di crescere, vengono subito buttati nella mischia. Un 22enne è un veterano. Il capitano attuale, Klaassen, ne ha 23. In più non ci sono anziani da guardare come esempio, il più “vecchio” dell’anno scorso era L’unica cosa che continua ad andare bene nel sistema Ajax sono le cessioni. La società ha un utile fisso dal mercato di 40 milioni, tutti prodotti da plusvalenze cedendo giocatori cresciuti in casa, e quindi costati zero. Del resto i giovani si vendono bene, soprattutto all’estero, Insomma, negli ultimi anni la filosofia Ajax è apparenza priva di risultati. Eppure la proprietà cinese ha puntato su di lui per costruire da zero un meccanismo che di fatto ha contribuito a corrodere, fino a far fermare. Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)