Fack ju Göhte: la lezione della Germania

il confronto Italia – Germania, di certo a scopo di acchiappare i sui social network con la battutona, ma in un ipotetico confronto (sotto diversi punti di vista) la Germania vincerebbe a mani basse. Appena tornato dall’Italia più di qualcuno mi ha chiesto, alla luce dei recenti avvenimenti, “ma dimmi un po’, in Germania, come si sta, totale e il disorientamento generale che, suppongo, si dia per scontato ci sia anche in Germania. Spiacente di deludervi, ma non c’è. Certo, ci sono quelli di , una specie di Movimento 5 Stelle con più nazionalismo e un pizzico di Forza Nuova), passando per l’ , per tutta una serie di motivi: il primo, per loro stessa ammissione, è dovuto al nazismo. Anche se al giorno d’oggi si sente meno, è questo senso di colpa che ha consentito la nascita di una società (il termine usato per definire la società multiculturale sviluppatasi in Germania nel secondo dopoguerra) già dagli anni Sessanta e Settanta, quando moltissimi immigrati ) misero alla prova la società tedesca ancora non completamente ripresasi dalle difficoltà della II Guerra Mondiale (si parla naturalmente della , dato che ben pochi avevano interesse ad emigrare in Germania Est, trattandosi di un paese con un’economia praticamente da terzo mondo se comparata con quella dei vicini occidentali). Dopo un iniziale momento di spaesamento, però, ci si rese conto che bisognava fare buon viso a cattivo gioco e gli elementi culturali degli immigrati divennero parte integrante della cultura tedesca , colui che ne creò la forma più popolare, era un immigrato turco con un fast food a Berlino, Kadir Nurman; la è uno dei piatti più amati dai tedeschi, in tutte le sue versioni; Mesut Özil e Jerome Boateng, giocatori della nazionale di calcio tedesca, di origini rispettivamente turche e ghanesi. Camminando nei giardini dell’università di Trier o per le viuzze del centro storico non si poteva fare a meno di notare : persone da tutto il mondo, con retaggi culturali dei più vari, ma che . La differenza principale tra la Germania e l’Italia è questa: nei primi anni Novanta profughi dall’ex-Jugoslavia, e il sistema di gestione che crearono allora è rimasto dal numero enorme di rifugiati e richiedenti asilo, consente di normalizzare una situazione che avrebbe tutte le potenzialità di diventare esplosiva. Il sistema consente innanzitutto una dei profughi sul territorio, stabilita dal governo centrale ma applicata e messa in atto da , ed è questo il problema principale in Italia (e un problema particolarmente sentito in Friuli-Venezia Giulia). In Germania, per quanto possa divergere per ideologia dal governo di Berlino, nessun governatore si sogna di rifiutarsi di accogliere la propria quota di profughi , che varia in base al PIL e alla popolazione: con PIL più alto e popolazione più bassa si accolgono più profughi, con PIL più basso e popolazione più alta se ne accolgono di meno. In Italia, invece, ci sono sindaci e governatori di Regione che fanno per ragioni ideologiche, senza rendersi conto di intasare ancora di più un sistema già molto precario (o forse rendendosene conto – ma insistendo comunque, perché le elezioni sono sempre dietro l’angolo), quando invece La campagna “Deutschland kann das” (“La Germania può farlo”) per l’integrazione dei rifugiati. in termini quantitativi è almeno equivalente a quella italiana: la differenza è che , e, anche se la crisi si è fatta sentire, e i recenti scandali dell’industria automobilistica non hanno aiutato, la situazione , ma anziché tirargli i chewing gum masticati forse dovremmo farci dare una mano con questa nostra versione di latino (dato che con quella di greco si sono già dati da fare) e se proprio non vogliamo imparare dai tedeschi, [Il titolo dell’articolo, che significa letteralmente “Vaffanculo, Goethe!” ma scritto sgrammaticato, è quello originale di una sguaiata ma divertentissima commedia tedesca distribuita in italiano come “Fuck you, Prof!”: se sapete il tedesco vale la pena recuperarla in lingua originale.]