Proposta di moratoria linguistica in ambito musicografico

mi ha dato pacco per il primo pezzo per una nuova rubrica pero di poter iniziare fra due settimane quando tornerò col SundayUp™ (improvvisare è una figata, una volta alle medie che non avevo fatto i compiti di storia ho fatto finta di leggere dal mio quaderno le risposte a una decina di domande del libro mai viste prima guadagnandomi in tempo reale di una compagna che per molti altri aspetti credo non mi sopportasse più) (Alice, anche se so che giochi a calcetto spero tu non sia diventata lesbica) (non che ci sia niente di male, per carità, ma non ti ci vedo, ecco). Ora, in maniera sorprendentemente casuale, l’omosessualità femminile mi dà lo spunto per continuare il discorso. , impegnato in torneo di pallacanestro (eh no, qui non divagherò, checcazzo!), sentivo un tizio (uno che per inciso ne ha vista una per sbaglio trent’anni fa solo perché aveva sbagliato spogliatoio) “non avrà mai successo perché la gente non lo andrà mai a vedere dal momento che sa che l’80% delle giocatrici è lesbica” solo per la possibilità di rimorchiare… mah) Ora, non voglio infilarmi in questo terreno minato, anche perché le poche giocatrici di basket femminile che conosco sono etero (anzi, una di queste a 15 anni ebbe una fugace cotta per me – , ma quello che mi interessa è la guerra di genere. Sì, perché l’obiettivo della proposta di di cui mi faccio alfiere sono espressamente e precipuamente le donne. Arriviamo al punto: si tratta dell’aggettivo qualificativo “ ”, flesso nella maniera più appropriata in accordo col soggetto, riferito a band musicali. Pensateci. Quante volte avete sentito questo aggettivo abbinato a qualche band? . E quante di queste volte a pronunciarlo era un essere di sesso maschile? A onor del vero e per correttezza, non voglio invertire l’ordine dei fattori: quello che mi sta sul cacchio non è certo l’appartenenza di genere del parlante, quanto e soprattutto l’espressione in sé. , le diverse occorrenze del mio personalissimo campione empirico non fanno altro che indicarmi con segnali luminosi a intermittenza che sono principalmente le femmine ad usarla. Non si tratta di una legge normativa, è solo Ma ora veniamo al punto teorico del problema. Lasciando da parte l’ipotesi che si tratti di una mia arbitraria idiosincrasia – ipotesi quasi certamente vera peraltro – quello che mi di questo abbinamento risiede nella scelta lessicale. Provo a enumerarne le ragioni. Prima di tutto, non significa granché. In due sensi, uno pragmatico-informativo, nel senso che non mi aggiunge nulla di nuovo sull’artista in questione, specie dopo il Grande Sottinteso Culturale del punk, cioè: non è quasi per niente rilevante se chi fa musica sia , l’importante è che il prodotto finale mi dica qualcosa, sia “ ”. L’altro senso in cui “bravo” è tendenzialmente vacuo è tecnico-artistico: prima di tutto, dubito che tu ascoltatore medio sia anzitutto un musicista titolato (cioè abbia studiato seriamente, a differenza di me) tanto da poter fare apprezzamenti tecnici sulla bravura (e di cosa poi? Di esecuzione, di scrittura, di arrangiamento?) degli artisti in questione, ma soprattutto, specie dopo il Grande Sottinteso Culturale della digitalizzazione del , che cazzo ne sai che il, es., bassista di quel gruppo abbia realmente eseguito quello slego o che quel cantante abbia veramente cantato a quell’altezza senza sbavare l’intonazione (e chissà, James Blake parla come canta e, nel caso, dove ha la manopola del pitch shift Successivamente, dal punto di vista psicologico-sociale, è probabile che tu dica che i Sigur Ròs sono bravi per mancanza di argomenti, per l’appunto, più tecnici – cosa di cui nessuno ti fa una colpa, per l’amor d’Iddio! – ci può stare, non c’è scritto da nessuna parte che per ascoltare e parlare di musica bisogna essere musicisti esperti o almeno delle persone. Infatti se invece che dire che i Sigur Ròs ti piacciono perché evocano paesaggi innevati e nebbiosi o un mondo fatto di elfi barbuti che vivono nella tua testa o ti ricordano dici che sono “bravi”, io posso accettarlo perché non hai i mezzi o la volontà di dire altrimenti (e va bene, non è un problema), ma se dici che “ Perciò, mettiamola così, se dovete dire di qualche band che vi piace, dite che vi piace o dite che vi evoca qualcosa, o dite che vi piace il suono della chitarra o la voce del cantante. Dite quel che vi pare, il più fondatamente possibile, ma non dite “che sono P.s.: gli esempi di band che sono stati definiti come “bravi” o “bravissimi” sono tratti dall’esperienza reale