Il valore civile della memoria storica e il Valdismo oggi

Il valore civile della memoria storica e il Valdismo oggi

”, questa la scritta proiettata sulla Mole Antonelliana, in risposta ai ripetuti e crescenti episodi di intolleranza degli ultimi tempi. È infatti proprio (dal 13 al 17 febbraio), ogni anno osservata dai protestanti italiani che prevede, oltre al consueto culto evangelico, momenti di riflessione condivisa. Il 17 febbraio è infatti una data di festa per la comunità valdese che ricorda il momento in cui, nel 1848, attraverso le Lettere Patenti concesse da Carlo Alberto, le venivano riconosciuti “ tutti i diritti civili e politici de’ Nostri sudditi; a frequentare le scuole dentro e fuori delle università, ed a conseguire i gradi accademici ”. Nonostante restasse invariato il limite alla libertà di culto – per il quale si dovrà attendere fino alla stipulazione di un’Intesa, per i valdesi prima e per gli ebrei poi, per la piena attuazione degli articoli 3 e 8 della Costituzione -, la sofferta conquista ottenuta viene ancora oggi commemorata come giorno di festa. A poche settimane di distanza, il 29 marzo, gli stessi diritti furono concessi anche agli ebrei e agli altri “acattolici”. La solidarietà che lega le due comunità religiose di minoranza è invero molto sentita: perseguitate e ghettizzate prima, emancipate e riconosciute quasi in contemporanea, anche i momenti di riflessione e di comune impegno non mancano. Oggi i Valdesi sono riconosciuti come comunità religiosa protestante, di matrice calvinista. Si tratta di una : da qui la contrarietà all’esposizione dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane – strascichi di quei Patti Lateranensi che invece di tramontare insieme al Fascismo, nonostante il rinnovato nazionalismo laico, sono stati riconfermati durante la costituente del 1946 – e all’esposizione di qualunque simbolo religioso nei luoghi pubblici. l’omosessualità e le unioni civili, l’aborto e il testamento biologico, le cellule staminali e l’eutanasia , dimostrando una spiccata tolleranza e un’attenzione alle Sacre Scritture rilette in aderenza alle complessità del contemporaneo. A questi si annoverano numerosi progetti radicati sui territori, come quelli del che, attraverso i suoi campi e i “weekend tematici”, accanto all’educazione teologica, organizza seminari rivolti all’attualità, alla globalizzazione neoliberista e ai suoi movimenti di opposizione, partecipati e gestiti da una prevalenza di giovani internazionali. della Diaconia Valdese, come la collaborazione con il progetto Corridoi Umanitari di , la gestione dei sistemi SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e CAS (Centri di Accoglienza Secondaria, gestiti dalle prefetture territoriali) al fine di livellare ogni differenza e di garantire un’integrazione diffusa. Molto spesso e per le dovute ragioni si è posta l’attenzione sulle vicissitudini della diaspora ebraica. Tuttavia anche il Valdismo merita di uno sguardo retrospettivo, non tanto per assunto di forzati parallelismi, quanto piuttosto per ribadire come le minoranze siano state e tutt’oggi a più riprese tornino ad essere oggetto di vessazioni. nasce nel XII secolo come movimento pauperistico per la predicazione, secondo molti diffusosi attraverso le gesta di . Da Lione, insieme ai primi seguaci, il commerciante di stoffe parte per una missione di evangelizzazione tanto agognata quanto sofferta. La Chiesa Romana si dimostra già da principio avversa a quel movimento valdese tanto refrattario al dogmatismo e al mondo clericale: dalle prime scomuniche ecclesiastiche, infatti, con il (1215) ne decretano la definitiva rottura. Le stesse crociate vengono ricordate quale pagina nera nella storia del Valdismo: con la guerra santa proclamata da papa Innocenzo III, infatti, si conobbe un vero e proprio martirio dei valdesi. Eppure l’opera d’inquisizione si dimostra di più difficile accesso negli insidiosi territori boschivi e montani delle vallate alpine, tanto che molti religiosi vi confluiscono dando vita a quelle che ancora oggi vengono conosciute come “ ”, terre del Pinerolese a sud-ovest di Torino i cui torrenti battezzano le vallate di riferimento – Pellice, Angrogna, Chisone e Germanasca. , gli echi della protesta di Lutero raggiungono anche l’Italia e ben presto, quella corrente dei “poveri di Lione”, nata quale movimento eretico-medievale, si fornisce di una base dogmatica: attraverso i 24 articoli del documento elaborato nel 1532 durante il Sinodo di Cianforano, infatti, si è riorganizzata dando vita alla Chiesa valdese. , i Valdesi si distanziano definitivamente dal mondo cattolico. L’indefessa resistenza condotta dalla minoranza religiosa sabauda in risposta all’acuirsi delle persecuzioni porta, nel 1561, alla siglatura della . L’accordo, pur garantendo il diritto di culto alla minoranza religiosa, si è dimostrò poco più di una toppa edulcorante, circoscrivendo tale libertà alla sola parte alta delle Valli Valdesi. La ghettizzazione che ne seguì si è dimostrata particolarmente ardua, eppure, sebbene per secoli i vincoli territoriali parevano ridurre le azioni della comunità al rifugio subalpino, i tentativi di sconfinamento e i rapporti con l’Europa non sono cessati. Un avvenimento indelebile nella memoria del Valdismo è senz’altro quello delle cosiddette “ colpisce con veemenza il circondario di Torino: massacri e devastazioni, stupri e rapimenti di bambini per la rieducazione al cattolicesimo sono solo alcune delle immagini che rievocano uno dei più tragici episodi di persecuzione valdese. Non mancò tuttavia una risposta solidale dei vicini europei, che spinse l’inglese Oliver Cromwell ad organizzare una protesta delle Chiese evangeliche di ogni nazione, da cui il Duca di Savoia si vide costretto al riconoscimento delle “patenti di grazia”, atto di rappacificazione sottoscritto a Pinerolo. (1686), nuove persecuzioni, trucidi e carcerazioni vedono protagonisti i valdesi e, grazie alle immediate azioni di resistenza, ai sopravvissuti viene infine concesso il . Tra le mete europee di destinazione dei rifugiati, nella Germania meridionale si creò una solida comunità di valdesi; mentre tra coloro che confluirono nella vicina Svizzera emersero molte personalità determinate a tornare in patria. Con questi ultimi si configura quello che viene ricordato come il “ ”, un viaggio che vede protagonisti un gruppo di meno di mille uomini (sì, uomini, anche nella storiografia valdese c’è un’ampia prevalenza maschile) che, nella notte del 16 agosto , s’incammina dalle sponde del lago di Ginevra verso la Savoia. A distanza di 13 giorni, a seguito di scontri armati contro le truppe francesi, riuscì finalmente a raggiungere Bobbio Pellice. porta con sé vessazioni e malfidate amicizie, frutto dei moti che sconvolgono l’intera Europa nel corso dell’800 e lascito delle contraddizioni presenti in quella ristretta area geografica alpina: dalle frontiere di tipo politico – che la vedevano interposta tra Ducato di Savoia e Francia –, a quelle religiose – la difficile convivenza tra cattolici e valdesi – fino a quelle sociali – gli attriti di classe tra contadini, artigiani e magnati. , tuttavia, attraverso le Lettere Patenti, ai valdesi vengono riconosciuti quei diritti civili e politici fino ad allora negati. Nonostante per il pieno riconoscimento della libertà religiosa si debba attendere altri cento anni, a partire da quella data i valdesi possono dar vita ad un’opera di testimonianza, di diffusione della Bibbia e d’impegno nel campo dell’educazione, della sanità e dell’assistenza: furono creati orfanotrofi, piccole “scuolette”, ospedali e ricoveri per anziani. è di fatto un periodo che interessò i valdesi in prima persona, impegnati nella riconversione di una Chiesa che per anni si era vista reclusa nel suo ghetto alpino. Dalla sua spiccata matrice europea, ben presto il Valdismo si diffonde lungo tutta la Penisola italiana e, dal 1859, ha dato altresì vita a molte comunità Oltreoceano, come quelle in Argentina e Uruguay. Nella prima metà del ‘900 i valdesi, ormai accolti nella vita civile e militare del Regno, devono fare i conti con i tragici avvenimenti che sconvolgono il paese e il mondo intero. Con la fine dell’egemonia protestante e l’ascesa a livello nazionale delle forze cattoliche, è più che mai necessario un lavoro di chiarificazione e di rinnovamento teologico che porta all’emersione di due diverse correnti di pensiero: da una parte coloro che sostengono la (1929) e l’autarchia fascista, infatti, la Chiesa Valdese si ritrova in un vicolo angusto, dai difficili rapporti con l’estero e dai sempre più tigliosi contatti nazionali; non mancano cedimenti al conformismo, atteggiamenti di cautela e di compromessi non privi di viltà. Prendendo a prestito le parole di Jean-Pierre Viallet nel suo saggio , resta tuttavia “indubbio che la più importante delle chiese evangeliche italiane costituì, in complesso, un ambiente piuttosto refrattario al fascismo, prima di fornire all’antifascismo militante un numero non trascurabile di esponenti”. Nelle Valli Valdesi infatti, oltre alla significativa – che vide la Val Pellice tra i portavoce del Partito d’Azione e della lotta partigiana – molti pastori e numerosi laici collaborarono per portare in salvo e nascondere nelle proprie abitazioni private ebrei e rifugiati politici. Per quanto concerne i periodici valdesi, più volte affermatisi quali giornali “unicamente” religiosi, sotto la nuova direzione di ” (di cui il Regime ordinò la cessione nel 1940) poi de “ ”, la chiesa riconosce il proprio ruolo anche rispetto alle dinamiche politico-sociali e all’ecumenismo. Insieme a Miegge infatti, la corrente dei neocalvinisti conosciuta quale inizia a maturare posizioni decisive, rinnegando sia il protestantesimo liberale sia quell’atteggiamento di prudenza, di sottrazione all’impegno politico. è un momento epocale, nel quale emergono distintamente le diverse vedute e gli attriti interni alla Chiesa – durante il sinodo infatti, il membro della commissione d’esame umiliarsi davanti a Dio per non aver saputo assumere una posizione critica nei confronti della grave situazione politica di quegli anni – che conduce ad un dibattito acceso. Tuttavia è proprio dai punti di frattura emersi in questa occasione che si rafforzarono le posizioni volte ad una revisione del protestantesimo italiano. Furono in numero sempre maggiore i apertamente contrari, in luce dei segni del tempo, alla Chiesa nelle sue vesti confessionali e molti a militare nelle formazioni partigiane, come La fine della dittatura restituisce libertà d’azione alla minoranza valdese, che ben presto si reinserisce nella società, rimettendo in piedi i rapporti internazionali, su cui ancora oggi poggia le proprie basi. La posizione dei valdesi che si configura negli anni del dopoguerra è quella di una , di cultura non confessionale e dalle vedute moderne, dall’indiscutibile ispirazione cristiana pur distanziandosi dalle influenze ecclesiastiche. Dalla fine degli anni ‘60, la Chiesa evangelica valdese è tra i protagonisti di nuovi patti d’integrazione, divenendo membro della . Tra il 1975 e il 1979, unitasi alla Chiesa metodista italiana, ha dato vita, pur mantenendo distinte le due comunità, all’ viene sancita la prima attuazione del III comma dell’art. 8 della Costituzione, quindi divenuta l’11 agosto e infine approvata dal Sinodo: svincolata dal sistema concordatario, la Chiesa valdese ha potuto decretare la sua definitiva emancipazione. Sebbene quest’anno a causa del maltempo non è stato possibile celebrare la Settimana della Libertà con i consueti per quella minoranza religiosa che, a seguito di anni di vessazioni, trucidi e umiliazioni, ha finalmente potuto vedersi riconosciuta. Questo retaggio è certamente una delle ragioni chiave dell’attenzione che il Valdismo ha rispetto ai temi della , non già vittima di falsa retorica, ma per una rinnovata sensibilità, saldamente riletta in seno all’attualità attraverso progetti concreti, di attivo coinvolgimento democratico e plurale. Quest’anno le iniziative promosse per la celebrazione della festività, che elevano ad oggetto di discussione l’ , sono ancora una volta tese a smuovere le coscienze del mondo protestante e di tutti coloro che vogliano prendere parte al dibattito, tra cui anche la comunità ebraica. che incombono sul presente devono tuttavia essere trattate coi guanti da coloro che intendono esporsi in qualità di difensori dei diritti umani: così come l’antisemitismo è oggi al centro del dibattito internazionale, non va dimenticata crescente. Allo stesso modo andrebbero ancor più sottolineate le differenze che tra diaspora e l’attuale stato d’Israele, tra identità religiosa e nazionale, tra antisemitismo e antisionismo. Tutti argomenti, questi, che giocano ruoli diversi, ma che spesso, nella retorica della difesa umanistica, rischiano di venire sovrapposti e, ancora una volta, strumentalizzati da chi negli “ismi” della contemporaneità trova terreno fertile per stigmatizzare, ferire, umiliare, ostentare violenza e alzare nuovi muri.