7000 giri: Le Mans ’66 – La Grande Sfida (James Mangold, 2019)

Una mia idea sul cinema è che non ha necessariamente bisogno di grande tecnica o anticonformismo: , “nel grande disegno delle cose, anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale”. In breve, se esco dalla sala cinematografica e voglio essere il protagonista del film, il mio giudizio sarà positivo , volevo andare ad acquistare azioni spazzatura e fregare i gonzi; dopo , inevitabilmente, volevo mettermi alla guida di una macchina da corsa e sfidare i favoritissimi dominatori del mondo delle corse automobilistiche pur essendo una testa calda che vuole sempre fare le cose a modo suo. – ma tanto non è uno Star Wars o un cinefumetto quindi ok, giusto? , tratto da uno dei miei libri preferiti degli ultimi anni. Mangold è noto al grande pubblico soprattutto per il recente (con Angelina Jolie, che per il suo ruolo nel film l’Oscar lo vinse), (sui primi anni di carriera di Johnny Cash). Il titolo originale del film, , con il quale è stato distribuito nei soli Stati Uniti, è curioso, poiché entrambi i personaggi citati sono, di fatto, gli antagonisti – e Ford, che come vedremo rappresenta i “buoni”, in realtà è il più “cattivo” dei due. la poesia che gli americani mettono nel riprendere un pilota di auto da corsa che usa un cambio manuale – cambia marcia sulla leggendaria Ford GT40 sembra il momento più importante del film (e a un certo punto lo è, in effetti). Proprio Christian Bale, in questo filmone molto americano, è quello che più di tutti : grande come pochi della sua generazione – e ancora miracolosamente immune alla che lo costringe a interpretare sempre lo stesso personaggio in qualunque film – supera di poco l’ottimo , ex pilota e progettista di macchine sportive) e tutti i cattivi del film, che in realtà sono i buoni (perché sono – idealmente contrapposta alla cattiva Ferrari). Proprio su questo conflitto tra la coppia Damon-Bale e i colletti bianchi si gioca la trama principale del film, più che sulla lotta dei due per la vittoria (come fa supporre il titolo internazionale del film). Ciò che resta alla fine è , il momento che a tutti noi bastian contrari, che vogliamo fare sempre di testa nostra, farà gridare Miles, che è il principale pilota collaudatore, oltre che meccanico, del che, si spera, farà vincere alla casa automobilistica la 24 ore di Le Mans, è avanti di due giri sul secondo e terzo pilota, anche loro della Ford. Ha già battuto la Ferrari, il cui motore è per cercare di tenergli testa, e vincendo Le Mans vincerebbe le tre gare automobilistiche più importanti nello stesso anno: . Leo Beebe, malvagio al punto da risultare forse eccessivamente macchiettistico, però, non sopporta Miles, a suo dire troppo anticonformista e maleducato, e suggerisce al non brillantissimo Henry Ford II che . Comunica ciò a Shelby, che lo prende a male parole e riferisce a Ken, dicendogli anche che . Ken riparte dai box e guadagna ulteriore distanza, e poi, apparentemente soddisfatto dall’essere arrivato così avanti, decide di assecondare l’antagonista. Sfortunatamente, le regole di Le Mans prevedono che vinca chi percorre più strada in 24 ore, e poiché le altre due macchine erano partite prima, Ken si ritrova al secondo posto, , solo perchè per una volta ha deciso di non fare di testa sua. Sembra prenderla piuttosto bene, scambiandosi anche un cenno di intesa con Enzo Ferrari, evidentemente felice di essere stato battuto da un pilota così abile. Ken Miles muore pochi mesi dopo la mancata vittoria, durante una prova di una nuova macchina. Gli appassionati gli tributeranno tutti gli onori riservati ai grandi, e nel 2001 viene inserito, postumo, nella . Carroll Shelby continuerà la sua carriera di costruttore di automobili per tutta la vita. , se vogliamo, e la sua ambientazione negli anni ’60 rafforza questa impressione. Eppure Mangold ha ormai un modo ben delineato di fare cinema, contemporaneo e sapiente, e la pellicola non appare affatto datata, né dà l’impressione di voler essere vintage a tutti i costi. Persino (che di Elvis – e molti altri – era il chitarrista solista) che sottolinea diversi momenti salienti del film. Il film non è esente da qualche difettuccio, ma sono cose minori: soprattutto , e non sempre si riesce a prenderlo sul serio. Quello che lo può rendere indigesto è che è da chi non apprezza il genere. Io, che invece il genere lo apprezzo, [Tutte le immagini sono tratte dal film, eccetto la copertina che è il poster italiano]