La Ribellione d’ottobre

La Ribellione d’ottobre

“This rebellion is by no means over”; così il movimento di Extin che ad ottobre ha mosso gli attivisti di più di sessanta Sono stati giorni intensi, che hanno coinvolto le maggiori città europee tra strade bloccate, flash mob e rappresentazioni teatrali: a più di 30.000 manifestanti si sono scontrati con la repressione della polizia, in una protesta durata come quelle di Praga, Parigi e Bruxelles è stato semplice conciliare le proteste con la reazione istituzionale. , lo sciopero della fame condotto da 10 attivisti è durato ben 7 giorni , ottenendo infine un incontro col ministro Costa e l’appoggio di alcuni deputati. Conclusa la settimana di mobilitazione il movimento ha continuato ad operare attraverso azioni e marce diventando sempre più capillare nel territorio. In Italia, nuove città come Treviso e Vicenza hanno aderito alla dichiarazione di emergenza climatica ed ecologica, mentre altre, come , hanno visto ulteriori esempi di azioni in particolare contro l’industria della moda e la deforestazione. Nelle ultime settimane infine il dibattito si è riversato al di fuori del movimento vero e proprio coinvolgendo anche personaggi di spicco 20 ottobre hanno firmato, assieme a circa altri cento artisti, una tion Rebellion e si difendono dalle accuse di ipocrisia che i media avevano mosso contro di loro. Chiamarci ipocriti non ci farà stare zitti. Invitiamo tutte le persone con piattaforme e profili a unirsi a noi e ad andare oltre la paura, a usare la voce senza timori e per dire la verità sull’Emergenza Climatica ed Ecologica. Sta già accadendo.” , mentre gli attivisti di XR sono impegnati a coordinare le iniziative future e fare ordine tra tutti gli avvenimenti recenti, è evidente che questo giovane movimento internazionale e cercare di capire che cosa stia accadendo nelle nostre città. Non c’è bisogno di specificare che il fenomeno di XR si inserisce in un quadro particolare, in cui la questione ambientale inizia finalmente a rientrare nell’agenda politica che a sua volta polarizza il dibattito . Si tratta inoltre di momento in cui la potenza mediatica e l’abilità comunicativa sui social svolgono un ruolo fondamentale, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di numeri e caratteristiche dei destinatari e di tipologia delle informazioni condivise. Questi ed altri fattori si intersecano con la vita dei movimenti come tion Rebellion, creando qualcosa di diverso dal classico modello di movimento sociale a cui eravamo abituati, e sul quale pertanto è fondamentale porsi delle domande. Per farlo, abbiamo parlato con uno dei primi attivisti di XR Italia, , che ha contribuito al lancio del progetto ed ora ne è tra i più convinti animatori. Tutto nasce a Londra, quando ad aprile 2018 viene formalizzata l’esistenza del movimento che si farà conoscere con la “dichiarazione di ribellione” annunciata il 31 ottobre davanti al Parlamento britannico. Dal mese di novembre è cominciata anche l’espansione internazionale, piuttosto efficace, si direbbe, dato che dopo un solo anno si contano attivisti in più di 60 Paesi Obiettivi urgenti e mirati, dieci punti ribaditi e portati ovunque che fanno da manifesto politico al movimento, nonviolenza come legge comune, disobbedienza civile come collante della piattaforma internazionale tion Rebellion, utili per fornirne una prima inquadratura, ma di sicuro non esaustivi per catturare l’ondata di spunti che questo movimento sta portando con sé. Molti di questi, come l’approccio nonviolento, lo sciopero della fame, l’organizzazione radicalmente antigerarchica, sembrano richiamarsi a svariate forme di protesta del passato, e sintetizzarsi in un’esperienza che, seppur giovane, si rivela agile e capace di conciliare il piano internazionale con il radicamento nei territori. “la strategia è stata studiata da accademici, studiosi del clima e dell’ecologia ma anche delle scienze sociali che hanno analizzato il funzionamento di movimenti passati dal punto di vista organizzativo.” La metodologia nonviolenta, quindi, non è solo frutto dell’ispirazione di grandi figure storiche come Gandhi o Martin Luther King, ma è adottata in quanto ritenuta efficace dagli studi che hanno incrociato le esperienze delle azioni di protesta precedenti, decretando effettivamente “perdente” l’opzione violenta. di cui è costituito l’elenco dei valori e nei metodi stessi utilizzati per le manifestazioni. Lo sciopero della fame, ad esempio, oltre ad essere la modalità di protesta pacifica per eccellenza, che non reca danno a nessuno se non a chi la pratica, vuole essere un’allegoria dell’emergenza ambientale: il corpo ha un tempo limitato, come il pianeta, e si deve agire prima che esso scada. Rebellion Italia e altri Paesi, in particolare quelli in cui il movimento è ancora numericamente troppo ridotto per attuare il blocco di una città, hanno aderito ad ottobre ” ovvero l’opzione del rifiuto del cibo in segno di protesta. “Lo pratichiamo perché arriva al cuore delle persone ed è il riflesso plastico di ciò che sta accadendo alle popolazioni di vari paesi del mondo e che accadrà a noi stessi tra qualche decina d’anni” afferma Marianna, un’attivista tra quelli che hanno attuato uno sciopero della fame lungo sette giorni, lo scorso ottobre a Roma. Se lo sciopero della fame è uno dei metodi più estremi messi in atto da alcuni attivisti, la strategia fondamentale che fa da perno al movimento è quella della disobbedienza civile di massa, attuata attraverso blocchi stradali o azioni di disturbo. L’idea della disobbedienza civile di massa è anche un’idea di inclusività , è una festa per mostrare che siamo in tanti a volere un cambiamento. Il movimento si vuole fluido, antigerarchico, ognuno può partecipare ad una sola azione o far parte dello zoccolo duro; quello che serve è coinvolgere la popolazione in modo ampio.” Anche su quest’ultimo punto XR non insiste casualmente: secondo studi, infatti, un movimento può avere successo se coinvolge almeno il 3,5% della popolazione. La spinta alla mobilitazione di massa si congiunge ad una rivendicazione dell’efficacia della partecipazione civile e della spinta dal basso. Uno dei 10 punti del movimento propone l’abbattimento delle “gerarchie del potere per una partecipazione più equa”. canali istituzionali democratici, precisamente a quelli della democrazia rappresentativa, che secondo il movimento hanno fallito in passato ed ora non sono in grado di garantire l’attuazione delle misure necessarie, “Le misure che servono sono troppe drastiche e, se imposte dall’alto, creerebbero rigetto. Noi chiediamo che siano istituite delle assemblee cittadine e che il governo sia guidato anche da queste decisioni.” Potere decisionale distribuito, una nuova forma di democrazia che faccia perno sulla giustizia climatica ecologica, una radicale giustizia sociale in grado anche di non far gravare il peso della transizione su chi meno si può permettere di portarlo. Un progetto ambizioso, una critica al sistema come ce ne sono state tante, si potrebbe dire. Certo è che, almeno in questo primo periodo, Extin tion Rebellion ha dimostrato di avere in serbo qualche buona carta da giocare per lasciare un segno nella società.