Il successo del M5Stelle apre l’era dell’inimmaginabile

, potremmo definire così questo momento politico a livello internazionale. Il che promette di costruire un muro al confine con il Messico. In Italia una compagine politica fondata non più di 13 anni fa da un comico e un esperto di web marketing conquista quasi un terzo dell’elettorato , staccando la concorrenza, e diventando il perno di quello che ormai si delinea come un nuovo sistema partitico. E non si può partire che da qui, dal roboante successo del Movimento 5 Stelle, per analizzare queste elezioni parlamentari. Già nel 2013, con il paese inabissato nella più profonda crisi economica dal dopoguerra, i pentastellati si erano da poco trasformati nel primo partito italiano in termini di percentuali, con oltre il 25% di voti. Questa notte però si sono spinti oltre, fino al , letteralmente sommerso dalla marea grillina, come aveva previsto l’ex deputato pugliese di Forza Italia Raffaele Fitto in un durante la conferenza stampa congiunta del centrodestra. Un Meridione che non sa a che santo votarsi e allora si affida a (e chissà che pure questo non sia contato qualcosa) designato ovviamente dal web come candidato premier del MoVimento. E chi se ne importa se prima di diventare parlamentare aveva lavorato come steward del Napoli e webmaster o se non azzecca un congiuntivo. Tanto meglio, anzi. E chi se ne importa anche se la democrazia interna non è proprio sembrata regnare sovrana in questi anni all’interno dei 5 Stelle. Chi se ne importa se la prima esperienza di governo sotto i riflettori, quella romana, è per ora stata segnata da una sconcertante confusione e anche qualche scandalo. Sono comunque ancora , per via di cinque anni di opposizione intransigente ai governi Letta, Renzi e Gentiloni. Inoltre, in questa campagna elettorale sono riusciti a presentarsi come rassicuranti e allo stesso tempo ancora determinati ad aprire le Istituzioni di cinque anni fa. Soprattutto per questo motivo milioni e milioni di italiani hanno deciso di dargli un’opportunità. Ma forse anche per non darla più ad altri. In primis il Partito Democratico, che era alla maggioranza in Parlamento da quasi sette anni. Infatti che lo priva del suo ruolo di partito centrale in parlamento. Perdendo addirittura anche in Emilia Romagna, regione rossa per eccellenza, in cui a vincere è stato il centro-destra. Questo risultato si inserisce in un trend europeo di profonda crisi dei tradizionali partiti socialdemocratici. Solo l’anno scorso il PS alle presidenziali francesi ha raccolto un misero 6%, non riuscendo ad approdare al secondo turno, e l’SPD in Germania ha di poco superato il 20,5%, il suo peggior risultato di sempre. Forse non è un caso che, come il PD, anche questi due partiti venissero da esperienze di Governo. È un fenomeno che ormai è stato ribattezzato “ ”, da Pasok, il maggior partito di centrosinistra greco che nelle elezioni del 2012, le prime dopo la crisi del debito, perse 30 punti percentuali. Le cause di questa crisi dei partiti socialdemocratici nel generale erodersi delle lealtà partitiche e nello specifico scollamento con il loro ormai ex bacino elettorale, quello delle fasce meno protette della popolazione. Quindi Matteo Renzi, segretario uscente del PD da dicembre 2013 e Presidente del Consiglio fino al referendum costituzionale del dicembre del 2016, è semplicemente stato risucchiato dall’ineluttabile declino dei partiti di centro-sinistra europei? In parole povere, dove stanno i suoi demeriti in questo fragorosissimo tonfo? Nella sua fulminante ascesa politica, il rampante ragazzo di Rignano sull’Arno si è preso il PD e, passando anche attraverso l’allontanamento di alcuni storici dirigenti, lo ha trasformato a sua immagine e somiglianza. Sì, ma in cosa di preciso si è trasformato il pronipote del PCI? In un partito liberale di sinistra, borghese e concentrato nei centri urbani, con una spiccata vocazione a governare con ogni mezzo e una preoccupante tendenza verso l’accentramento organizzativo. Non certo un’immagine vincente in un clima di diffusa sfiducia verso l’establishment. Non una buona base dalla quale risorgere dalle ceneri. Renzi non si è fatto del tutto da parte dopo il referendum , dando l’immagine di un leader attaccato alla poltrona e quasi rancoroso nei confronti di un elettorato che sembra non comprendere i suoi progetti riformisti. Tanto che negli ultimi giorni si aveva quasi la sensazione che fosse diventato una debolezza per il Partito in termini di appeal più che un asset. Ha accettato una legge elettorale che incoraggiava fortemente le coalizioni per poi fare piazza pulita di alleati che lo potessero aiutare. In questo senso si segnala la scarsa performance della lista europeista e, diciamolo, anche un po’ elitista, + Europa di Emma Bonino che non è riuscita nemmeno a superare il 3%. Le premesse per le dimissioni appena annunciate e la definitiva uscita di scena c’erano quindi già tutte. Ma a sinistra del PD le cose sono andare persino peggio. , formazione elettorale nata dalla fusione di SEL, Sinistra Italiana e celebri transfughi dal PD ha raccolto uno sconfortate 3,4%. Da sola SEL aveva ottenuto praticamente la stessa percentuale di voti nel 2013. A dimostrazione che i notabili D’Alema e Bersani non portavano alcun seguito in dote dal PD e che forse la scelta di farsi guidare da due figure istituzionali come il Presidente della Camera e del Senato, rispettivamente Boldrini e Grasso, non era stata di certo lungimirante. Ingiustificati anche i festeggiamenti di per un insignificante, nel senso privo di significato, 1,1%. Forse l’obiettivo era solo battere CasaPound, che ha fatto persino peggio. . Si tratta del miglior risultato nella storia del Carroccio. A dimostrazione che l’evoluzione da formazione regionalista a clone italiano del Front National, con annessa retorica anti-euro e immigrazione, ha pagato. E pure tanto, dando legittimità interna al suo fautore, ovvero Salvini stesso. Nonostante il tentativo di nazionalizzazione, è stato comunque come al solito il Nord a trascinare la Lega. Si è venuto così a delineare una sorta di con il M5S che spezza in due il Paese. Sempre a proposito di destra, da notare anche il buon risultato di che sono passati dall’1 al 3%. Grazie a questo exploit, Salvini ha così superato anche Berlusconi nelle gerarchie interne al centrodestra. , 7 punti percentuali in meno rispetto al 2013. Il lento ma inesorabile declino del Cavaliere di Arcore è indiscutibilmente certificato dai numeri. Peccato che né il centro-destra, né il Movimento 5 Stelle in solitaria e tanto meno un centro-sinistra a pezzi otterranno la maggioranza dei seggi nelle due Camere. . Sembra però difficile che il Governo non passi dalle mani dei pentastellati a questo giro. E sembrano decisi a non farsi sfuggire l’occasione: “ ”, ha affermato Alessandro Di Battista nella notte. Mentre il leader Di Maio si dice “pronto a parlare con tutte le forze politiche” L’alleato più naturale dal punto di vista di contiguità (post)ideologica potrebbe essere la Lega , uomo simbolo della alt-right americana ed ex consigliere del presidente Trump. Tuttavia Salvini potrebbe preferire aspettare e giocarsi il ruolo da egemone nel centro-destra piuttosto che fare il ruolo da non protagonista in coalizione con i 5 stelle. Altre maggioranze oltre a queste due sono difficili da immaginare con un grande coalizione tra PD e Forza Italia che non avrebbe mai i numeri in parlamento. Tanto più che Matteo Renzi ha confermato l’intenzione a non allearsi nel corso della conferenza stampa durante la quale ha ufficializzato le dimissioni da segretario di Partito. Ma cosa possiamo aspettarci da un governo targato 5 Stelle? Difficile dirlo, visto che le loro posizioni sono prima state celate per 5 anni da una miriade di “no” in Parlamento e poi da vistosi oscillazioni in campagna elettorale , a seconda di dove tirava il vento dell’opinione pubblica. Esemplificativo a riguardo l’episodio di una parlamentare grillina la quale, incalzata dalle domande di Lilli Gruber, riguardo alla permanenza nell’area euro. Recentemente Di Maio è stato a Washington per rassicurare gli Stati Uniti sulla fedeltà atlantica. La sua , presentata in anticipo come biglietto da visita anti-inciuci, è per lo più composta da persone provenienti da quell’entità mistica e salvifica chiamata “società civile”: accademici, un generale dei carabinieri e perfino un ex olimpionico di nuoto. Nessun estremista e perfino qualche chiunque erediterà l’esecutivo sarà leggermente più fortunato di chi si è insediato nel 2013 . L’economia è in lieve ripresa, lo dicono i dati macroeconomici, seppur con qualche “ma”. Sia merito del PD e dei suoi piccoli alleati, o del presidente della Banca Centrale Europea, non importa. Ma dubito che qualcuno lo riconoscerà. Come di certo non lo hanno fatto gli elettori. Di più non è dato sapere. Benvenuti nell’era dell’inimmaginabile. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)