Le estetiche aggressive dell’anti-terrorismo
94.7 e 96.25 Mhz FM oppure in streaming sul sito e su smartphone sintonizzandosi sul canale di PODCAST della puntata di The Listen Up del 05 ottobre 2017 Sempre più spesso la loro organizzazione architettonica è additata come complice connivente dell’aggressione; come se lo spazio stesso arrivasse a incoraggiare gli attacchi e a favorirne gli effetti letali. Le conseguenze della violenza ricadono in parte su strade non idonee, su barriere inefficaci e strutture inadatte, giudicate come corresponsabili delle stragi. Analizzando le città attraverso la lente del terrore, vi si ritrovano intrinseche organismi inadeguati a fronteggiare le nuove tattiche di guerra del XXI secolo. Il territorio urbano è un gigantesco, poroso bersaglio, un susseguirsi di si impongono come i privilegiati criteri di progettazione e la sicurezza diventa il canone ufficiale a cui adeguarsi. Se alla vita cittadina è ormai connaturata la potenziale minaccia di un attentato terroristico, allora è la struttura stessa della città a dover funzionare come deterrente sul ruolo che l’architettura e il design possono giocare in sinergia con le tattiche dell’antiterrorismo. In una sorta di , le città spaesate si rivolgono agli architetti e agli urbanisti per accrescere la sicurezza dei propri luoghi pubblici. ed ai doveri civici i progettatori di spazi, accusati di aver troppo indulto in architetture fragili e lacunose, nocive per l’attuale stato sociale. di cooperazione, in cui le pianificazioni di sicurezza interna possano tradursi in adeguate declinazioni di ambito architettonico. Lo spazio deve configurarsi come uno strumento d’attacco, trasformandosi in un’ La polarizzazione dell’architettura e delle sue forme a fini aggressivo-difensivi è una in realtà in atto da lungo tempo, in particolare in quegli Stati che hanno fatto del controllo sociale e della minaccia terroristica un ha accompagnato gran parte delle trasformazioni storiche dell’architettura urbana, permeando dall’interno lo stesso fenomeno cittadino. Le città, fin dalle origini, hanno modificato il loro aspetto di fronte alle evoluzioni delle tattiche di conflitto, per integrare l’operato degli eserciti e degli altri meccanismi di difesa. Il fenomeno attualmente in corso non ricalca però una militarizzazione radicale degli spazi urbani, ma cerca piuttosto di intervenire localmente, con Lo stato di assedio di questa epoca neo-medievale non deve essere percepito come incombente e inquinare la vita sociale delle metropoli, ma deve essere diluito a piccole e concentrate dosi. La militarizzazione urbana trasforma allora in strumenti dell’anti-terrorismo quelle creazioni neglette e considerate accessorie che rispondono al civettuolo nome di “arredo urbano”. Ecco allora filari di banchine di cemento che spiaggiano come placidi cetacei sui selciati delle strade , a tentare di dissuadere letali incursioni veicolari sulle folle. Agli ingressi degli spazi pubblici si installano ferree porte dai colori sgargianti e soavi membrane plastiche sostituiscono i troppo opachi cestini della spazzatura. Anche i filari di alberi, finora piuttosto fitomorficamente innocui nella loro immobilità vegetale, possono essere utilizzati come barriere arboree e persino placidi specchi d’acqua rappresenterebbero inaspettati dissuasori. Parti della città che sembravano unicamente servire ad aumentarne la piacevolezza e a valorizzarne gli spazi si tramutano ora in o la loro adattabilità indiscriminata a qualsiasi situazione urbana, quanto piuttosto ci si preoccupa di neutralizzare il più possibile l’inquinamento visivo scaturito da queste trasformazioni, rendendole altamente Il sensazionalismo esasperato del terrore sui media conduce anche a cercare di mantenere il profilo fotogenico delle città, individuando meccanismi di protezione che non ne intacchino la superficie estetica per tentare creative reinvenzioni di queste interferenze architettoniche, limandone gli aspetti più aggressivi con la potenza anestetica della seduzione delle forme. Queste strutture anti-terrorismo vengono allora sottoposte a improbabili che non fanno altro che ribadirne la presenza aliena all’interno del tessuto urbano. Sembra talvolta che l’estetizzazzione dell’anti terrorismo sia assunta come pretesto per una sottile dell’urbano, in un’operazione meccanica di imborghesimento, in cui l’arredo urbano svolge lo stesso ruolo di costume delle chincaglierie sui caminetti. E se la strategia del terrore contemporanea è anche, essenzialmente, una strategia economica, anche la lotta dell’antiterrorismo assume contorni grotteschi quando atelier di designer creano in massa e dalle proprietà taumaturgiche per società terrorizzate. L’antiterrorismo si sta infatti rivelando un estremamente vantaggioso non solo per le grandi aziende produttrici di armamenti e delle più sofisticate tecnologie di spionaggio, ma anche per l’industria creativa in cerca di nuove nicchie di mercato. L’antiterrorismo diventa allora una Si tratta piuttosto di adattare a nuove tipologie di antagonisti un dei gruppi sociali problematici – come ad esempio la tendenza a eliminare le panchine nelle grandi stazioni ferroviarie per evitare che divento rifugio notturno per ampiamente riciclabili dall’attuale tendenza del design anti-terrorismo, che semplicemente le adatta ad un nuovo tipo di minaccia sociale. È sinistro notare come l’architettura che utilizziamo per difenderci abbia così Lasciando da parte i diversi scopi per cui sono formulate queste due tipologie di architettura offensiva, attraverso progressivi sbarramenti, barriere e ostacoli che diminuiscono le sue possibilità di fruizione democratica da parte di tutti gli utenti. Sotto i trattamenti estetici di normalizzazione e integrazione , entrambe sono strategie che mirano a rendere inospitali e aggressive le strutture cittadine. E se la creazione di architetture violente è una soluzione caratterizzata dalla forte rapidità di obsolescenza, considerando la straordinaria capacità proteiforme di adattamento del terrorismo contemporaneo, è legittimo allora farsi domande sulle proprietà commutative degli interventi architettonici dell’anti-terorrismo e quanti di essi potrebbero essere, rientrata la più diretta minaccia terroristica, rivoltati contro manifestanti o i cittadini stessi. radicale delle strutture e dei modelli di vita, un’ipotesi al momento vissuta come non sufficientemente attraente da perseguire, eviterebbe forse un Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
