L’Iran alla sfida elettorale, tra repressione e voglia di libertà
Secondo una credenza popolare del nord dell’Iran, quando tre rane cantano vuol dire che sta per piovere. “La pioggia quando arriva?”, chiede Nima Yooshij alla rana in una sua celebre poesia del 1952: una metafora della rivoluzione, ma anche una premonizione. Di lì a poco, infatti, l’Iran avrebbe conosciuto il golpe anti-Mossadeq, la “rivoluzione bianca” voluta dallo scià per modernizzare il Paese, la rivoluzione del 1979 e la nascita della Repubblica islamica. Un Novecento vivace e drammatico ha portato nel terzo millennio un Iran con un’identità forte e apparentemente immutabile. , l’ultimo libro di Antonello Sacchetti giornalista esperto ed appassionato di Iran. Lo incontro in un piccolo bar a due passi dal Colosseo. Voglio cercare di capire meglio quest’ . Fonte d’ispirazione per incantevoli racconti e romantiche novelle. Ricco di . Mi bastano pochi minuti per realizzare che, dietro ad una si possono chiudere le porte della città ma non le bocche della gente La nostra chiacchierata, quindi, non può che iniziare dalla fine. D’altronde, come già detto, l’Iran è il paese delle mille e una contraddizioni. Gli chiedo delle . Viene fuori che il più grande errore che si possa commettere è considerare . “Capace di vincere le scorse elezioni in nome del dialogo con l’occidente (accordo sul nucleare docet) e, soprattutto, grazie all’ampia coalizione che comprendeva pochi riformisti, alcuni moderati e qualche conservatore”. All’angolo opposto, prendendo in prestito un gergo pugilistico che spiega bene il . “Un turbante nero, mi dice Antonello Sacchetti, molto gradito ad Ali Khamenei. Diversamente da Rouhani che indossa un copricapo bianco , Presidente dell’Associazione Culturale Italia-Iran di Torino e conduttore radiofonico di origini iraniane. Semir da poco più di un anno, infatti, conduce una rubrica che si chiama , attraverso la quale cerca di fare ordine tra le complesse . È venuto in Italia molti anni fa, subito dopo l’avvento della Rivoluzione Khomeinista, con l’obiettivo di completare gli studi. Prima di rispondere alle mie domande, però, ci tiene a precisare che il suo è un giudizio personale. Una sorta di presa di posizione. Mi spiega, che “l’ politico di Raisi è dovuti al suo ruolo di custode dell’ che gestione il mausoleo dell’Imam Reza a Mashad, nel nord del paese”. La sua è una posizione molto netta. Non risparmia critiche ad un che, a suo dire, “utilizza la repressione per limitare i diritti e le libertà degli iraniani, riuscendo a preservarsi intatto da quasi quarant’anni è stato condannato a fustigazione in seguito alla denuncia del datore di lavoro. e di aver, completamente, disatteso le promesse fatte in campagna elettorale. Sottolineando, altresì, che in Iran “tutto ciò che è politico può diventare, improvvisamente e pericolosamente, religioso sono le due facce della stessa medaglia. Molte cariche politiche, infatti, secondo la legge devono spettare ai religiosi. Con la conseguenza che il ruolo degli quest’ultimi finisce spesso e volentieri con il condizionare la vita politica ed istituzionale del paese. Secondo Antonello Sacchetti, però, l’Iran non è diventato musulmano con la Rivoluzione del ’79. Anzi, tutt’altro. A suo dire, lo scritta in seguito alle sollevazione contro la Scià ha come modello quella belga, mentre per alcuni aspetti fa riferimento al sistema istituzionale francese. Contraddizione per contraddizione, è il caso di fare un passo indietro tornando all’altro per dieci anni. Ciò nonostante, sembra essersi ritagliato il ruolo del candidato . Una scelta che riporta la mia mente a quanto accade, ormai da qualche anno, anche in Occidente. Prova provata che, in fondo in fondo, l’Iran non è poi così distante da noi. Almeno da questo punto di vista. , non a caso, è stata quella di ergersi a paladino dell’ iraniano. Mentre lui, ovviamente, sarebbe sceso in campo a difesa di quel restante 96% di normali cittadini. Cosa che assomiglia un po’ al famoso 99% che risuonava negli slogan del Movimento . Con l’inevitabile conseguenza che, ad ogni tornata elettorale, si alleano e si mescolano contro ogni logica politica. Così, se da un lato l’ va ricercato tra il ceto medio-alto, istruito ed urbanizzato. Quello a cui, solo teoricamente, fa riferimento vive nelle zone più povere del paese ed è molto sensibile alla politica dei La nostra chiacchierata, a questo punto, prosegue davanti ad una tazzina di caffè. La conferma, inaspettata ma piacevole, che in questo paese vale tutto e il contrario di tutto arriva da quella “rivoluzionaria” . Paventata, ma poi scioltasi come neve al sole. Riprova che, forse, l’Iran non è ancora pronto un simile salto di qualità. , ex Ministro della salute del Governo di Ahmadinejad, è l’emblema di un sistema politico e sociale nel quale le donne faticano ancora a trovare la loro dimensione. Imbrigliate, per usare un eufemismo, nelle maglie di una società, sotto alcuni punti di vista, ancora troppo , infatti, sono ancora una costante in Iran. Chi visita questo paese, però, viene sorpreso nel vedere donne che dalle fantasie floreali. Semir, infatti, mi assicura che “qui le donne hanno anche saputo fare la storia. Passata e recente. Hanno dormito e mangiato con gli uomini durante la Rivoluzione del ’79. Preso parte ai Comitati di sicurezza rivoluzionaria.” E anche , come mi ricorda Sacchetti, giocato un ruolo decisivo duranti lo sciopero del tabacco del 1891. Ad ogni angolo di strada, nelle piazze o nei negozi del centro di Teheran le “ In Iran, mi confida Semir, “c’è la vita pubblica e, poi, c’è quella privata . Protetti dalle mura domestiche, uomini e donne, danno libero sfogo alle loro passioni. “Il che, mi dice Semir, ha finito per incoraggiare un deprecabile stato di schizofrenia generale degli iraniani che, nel 2009, erano scesi in piazza per gridare tutta la loro Salgo sulla metro che mi porterà alla Stazione e, da lì, a casa. Non posso fare a meno di ripesare a ciò che mi ha detto Antonello Sacchetti. Ad questo paese dalla aperti ed istruiti. Allo stesso tempo, però, con una società fortemente divisa in classi e alla strenua ricerca di una giustizia sociale che tarda ancora ad arrivare. Il ammonendo chi sarebbe arrivato dopo di lui: “non pensate mai di fare a meno di questo popolo
