I’m ready, my Lord – Leonard Cohen se n’è andato

I’m ready, my Lord – Leonard Cohen se n’è andato

Il cantante, musicista e poeta Leonard Cohen è andato da qualche altra parte Ma lui era canadese e, soprattutto, era uno schivo. Spiritualità complessissima, dalle evidenti origini ebraiche, scolpite in quel cognome, passando per il rapporto con la cristianità, aggiungendo diversi anni passati insieme ai monaci buddisti. Quale dio avrà incontrato il signor Cohen non è dato sapere. A noi, per ora, ha lasciato un corpicino esile ma reattivo, dominato da un naso non , ma arcuato come una luna calante. Così grande da proiettare una lunghissima ombra, profonda come la sua voce, ormai così bassa da esser capace di dialogare con le viscere della stessa terra che ora ha abbandonato. Lo ricordiamo, oggi, come scrittore e poeta. che decenni fa gli confessò di ritenerlo il numero uno (premettendo che egli era il numero zero, origine del mondo), ha Tre redattori di TBU hanno preso brandelli di quelle composizioni e hanno provato a spiegarne la bellezza e il valore. Quanto cazzo è brutto l’arrangiamento originale di uno delle composizioni testuali e musicali più intense e intrinsecamente belle del creato? Diciamolo. Escono anni ’80 da ogni fottuta parete e fa effetto sentirlo: riverbero esagerato sul  rullante, tom registrati in modo da risultare separati da tutto il resto, riverbero osceno sulla voce del Nostro, cori da gospel da quattro soldi  con effetto coro-da-stadio, arpeggiatori della linea di basso di cui non si sentiva alcun bisogno, flanger completamente random in maniera priva di qualsivoglia gusto. Terrificante. Dopo aver passato una vita a denigrare Jeff Buckley devo forse dargli atto che l’idea di una rivisitazione minimalista di questo brano fu vincente, nonostante la sua interpretazione continui a sembrare uscita, , da un X-Factor qualsiasi: puro esercizio vocali di una voce acerba e standard. Le cronache raccontano che il brano ha conosciuto una seconda giovinezza dopo essere stato cantato, in versione piano e voce, da sua maestà John Cale ne l 1991 e nel 2001 da Rufus Wainwright per Ma per fortuna il mondo va avanti e gli artisti sanno reinventarsi. La versione “da vecchio” del brano è tutto un altro mondo. Tornando al testo, ho scelto l Su tutto il brano si potrebbero spendere un saggio intero e quindi tenterò di limitarmi. Accade relativamente spesso, d’accordo, a partire dalla poesia provenzale e dell’amor cortese passando per . Ma è più raro che il poeta che, dentro la poesia, parli della poesia stessa (o del poetare), nel caso di un cantautore lo faccia anche riguardo alla musica. Ancor più raro che lo faccia con tale grazia. , in una sorta di capello che in 3 versi riesce ad anticipare i due temi principali del brano: la religiosità e la carnalità, intrecciate tra un Dio e un tu. E il primo di questi versi introduce un concetto che trovo affascinanti di per sé: un accordo segreto, che in realtà è una progressione, che subito dopo viene enunciata contemporaneamente alla sue esecuzione, in una sorta di magnifico solfeggio. Anche se grazie all’unico vero M° di TBU, ” potrebbe essere da intendere in senso tecnico di “cadenza”. Il V grado vuole sempre approdare da qualche parte, cioè “cadere”. Di solito finisce su un I grado, ma la cadenza d’inganno lo fa finire sul VI (che è minore per definizione). c’è del vero in quel che la voce recita, ma è anche un artificio retorico. La prima strofa si conclude poi con un altro momento in cui inizia la sovrapposizione tra l’io narrante e il Re David: egli si ritrova a scoprire, più che comporre, questa preghiera mistico-carnale e per questo si ritrova . La meraviglia di ritrovarsi tra le mani qualcosa di cui non si ha idea ma di cui si riconosce l’immediata bellezza: la maggior parte dei musicisti, anche amatoriali, conosce questa sensazione. Il legame col divino ricorda una delle varianti del mito di Orfeo : ricevette in dono una lira da Apollo e cominciò subito a suonarla ottenendo di far fermare i ruscelli, far cadere gli uccelli mentre volavano e far avvicinare le belve a sé in adorazione. Ne parlai , scorrazzando tra le moderne riscritture del mito da parte di Arcade Fire e Nick Cave – in quest’ultimo notabilmente si trova un altro episodio in cui il momento decisivo corrisponde a un Sol minore settima. Insomma, David-Cohen come Orfeo, strimpellando per caso, trova “l’accordo segreto” che piace al dio e si stupisce. : “ma a te della musica non frega troppo, o sbaglio?”, che serve a introdurre con molta grazia che andrà avanti per tutto il brano, nel segno di un altro verso memorabile che in sei parole racchiude un mondo: Quando eravamo piccoli le nostre prime esperienze di contatto fisico con l’altro si facevano con Mimando il gioco del medico e del paziente avvenivano le prime esplorazioni che in seguito chiameremo erotiche. Da adulti, quando ci innamoriamo, sogniamo qualcuno che ci completi, che ci veda e ci scopra in tutte le maniere. se vuoi che sia un dottore / esaminerò ogni centimetro di te”. Mi viene spontaneo cominciare da questo verso, da quando Leonard Cohen fa la promessa erotico-spirituale più grande si possa fare, quella di “esaminarsi in ogni centimetro”. Ma non è sufficiente. Ogni storia d’amore è una storia di promesse, di sospensione dell’incredulità in cui tutto è possibile. L’uomo di Cohen si immagina su un ring, a combattere, si fa autista di viaggi fisici e metaforici, sulla cui auto dovremmo salire senza remore. Ma è anche quell’uomo che vuole essere “portato via per un giro”, chiamato ad affrontare l’avventura in cui ogni amore, lungo o breve, ufficiale o clandestino si risolve. E noi 3 – Un trattato tra il mio amore e il tuo “, praticamente la confessione di un adolescente psicopatico trasposta in termini ampollosi, lessi Michael Stipe che riconosceva in Cohen l’ispirazione per il mood del pezzo: “è un tributo a Leonard Cohen, nell’utilizzare . Il tipo di allegoria mi colpì, non a caso il pezzo di Stipe cominciava così: I know the barricades / And I know the mortar in the wall breaks. come b-side dal gruppo di Athens. L’ha rifatto nel suo ultimo, ottimo album I wish there was a treaty, I wish there was a treaty (grande tema, tristemente premonitore, di tutto l’album: il chiamarsi fuori dai giochi, il lasciar andare le cose). Rimane quindi, se non altro, una piccola ma determinata volontà di , di trovare un compromesso: di stipulare un trattato di pace. Geopolitica dei sentimenti, si potrebbe maldestramente chiamare. Alle rivendicazioni fa spazio la consapevolezza che il raggiungimento di un accordo è più importante delle conquiste territoriali ( non me ne frega di a chi andrà quella cazzo di collina) . L’amore non è una marcia trionfale, Cohen lo sa bene, ma la novità è che Il testo è impreziosito da questo inciso dal sapore mistico-favolistico che tanto ci piace di Cohen. Un piccolo ribaltamento: , come il Re David quando scopre l’accordo segreto) e allora, preso da una ebraicissima voglia di introspezione, finisce per denudarsi, facendo il cambio della muta di squame che compongono la sua pelle. Vuole mondarsi dal peccato, da se stesso: ma la (ri)nascita, come Mary Shelley ci insegna in Il serpente pervaso dal siero si ritrova sconfitto e desideroso solo di pace. Non gli interessa rivendicare superiorità (se non quella passata, del giorno zero, ma arcaica ormai), ma solo rimettere le cose a posto. Che passi la rabbia e venga quel che deve venire dopo. è il pezzo da cui prende il nome l’ottavo album in studio di un Leonard Cohen e fa parte della colonna sonora di due film che amo molto, di Steven Shainberg con Maggie Gyllenhaal e James Spader (2002) e di  Richard J. Lewis, interpretato da Paul Giamatti e da Dustin Hoffman (2010). Il bello di questo pezzo (e di qualsiasi altro pezzo, fatta eccezione per “Viva la pappa col pomodoro” che non parla di sicuro ai cuori dei disgraziati che mangiano la pizza bianca) Poiché in fondo al cuore sarò sempre e soltanto un maschietto quattordicenne con un brutto taglio di capelli, secondo me è una canzone che parla di Or I’d crawl to you baby and I’d fall at your feet And I’d howl at your beauty like a dog in heat Non mettere mai in discussione il modo e la frequenza in cui si fa sesso finisce per essere un po’ cattolico, poco divertente, certo presuntuoso e molto limitante. Metterlo sempre in discussione, invece, fa in modo che uno, quando finalmente lo fa, rimugini sul significato di questa canzone . Ah, la luna è troppo luminosa, la catena è troppo stretta e io non sono mai contenta. (Poi ho realizzato che il testo è un po’ diverso, ma il mio sdegno non se n’è andato). una specie di piccola coperta dal suono nasale a cui aggrapparsi quando davvero non ce la fai più. Adesso che è morto, come ogni volta che muore una celebrità, il magico mondo dell’Internet fiorirà di omaggi e citazioni. Immaginate cosa succederà quando morirà Fabio Volo. Sono quasi le cinque di mattina, l’alba è semi-grigia e incombe spietata alla finestra. Non riesco a dormire, e in effetti ormai ci ho rinunciato. Mi riscaldo una tisana e infilo le cuffiette, per ascoltare ancora una volta First We Take Manhattan. Non puoi definirla dolcemente malinconica con un retrogusto amaro, piuttosto è amara con un retrogusto dolcemente malinconico, ma ti avvolge e ti fa sentire stranamente cullato, calmo. È la canzone giusta per quando vedi solo le distanze e hai dentro milioni di vuoti diversi , che non puoi ricucire ma che forse puoi trasformare in creatività.  È la canzone di Leonard Cohen che preferisco. “Mi hanno condannato a vent’anni di noia per aver tentato di cambiare il sistema dall’interno” è un po’ il trait d’union fra “Tutto il potere ai soviet” e “I tuoi occhi sono fari abbaglianti e io ci sono davanti”. Quando Leonard Cohen, genio-ficone-nasone-pluri-fotografato-con-una-banana in mano descrive il mondo, lo fa farfalle nello stomaco di chi non se lo merita, società della noia e della moda che soverchiano chi cerca di pensare con la propria testa. Quando gli chiesero di cosa parlava questa canzone, Leonard Cohen rispose che fondamentalmente, parlava di quello che dicevano (“Non rompetemi i puntinipuntini, baggiani”). Ma disse anche che parlava di “Terrorismo Psichico”: abbiamo ancora il sangue ghiacciato nelle vene per l’eredità di chi ha sconvolto il nostro piccolo mondo ordinato e ha mandato in frantumi il palinsesto congelato e familiarmente noioso e gerarchico delle nostre vite, come Freud, Gesù, Einstein o Marx. Per un uomo di sconfinato talento la morte è soprattutto un piccolo affronto, più che la fine della storia. David Bowie ci ha lasciati orfani del suo trasformismo e della sua voce, David Foster Wallace ha impiccato una piccola parte di ognuno di noi al patio di casa sua e, anche se non si chiama David, ci ha abbandonati anche il grande cantautore canadese. Ora che non possiamo più prendere Berlino con Leonard, lo siamo ancora di più. restano impresse nella memoria, per la loro forza intrinseca, nonostante il linguaggio non certo facile e non sempre immediato. Una di queste era la , dalla quale balzare fuori e fuggire senza voltarsi indietro. Il mondo di quel Montale era Incasellato, precotto, monumentale, castrante: così è l’universo nel quale siamo gettati. Tuttavia, , sempre appartenente al regno delle cose inanimate (beh, tecnicamente una pianta è animata, lo so, ma in molti sensi non lo è) con una delle sue strofe più famose non tanto sul piano cosmico-esistenziale ma su quello un po’ meno totalizzante della vita in società e dei rapporti interpersonali si esprime in maniera molto simile: L’universo di malvagità descritto dal canadese nelle strofe che non ho riportato non è lo stesso di , ma la scena di speranza è la medesima: le strettissime maglie dell’esistenza talvolta offrono una piccolissima via d’uscita. L’unica possibilità è abbeverarsene quanto più si può. È questo il piccolo miracolo che, per scomodare ben altro poeta, riesce a muovere l’amore e l’altre stelle. Andiamo verso il bene, consapevoli che non sarà mai perfetto o totale; Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)