Radical Action: i King Crimson live a Milano

Radical Action: i King Crimson live a Milano

, ma anche altre cose precedenti molto più belle, e ai per tutta la loro carriera, che prosegue ancora oggi, tra pause di riflessione, scioglimenti e conclusioni prematuramente date per definitive. Il tutto sotto la guida dell’insospettabile Re Cremisi , chitarrista, leader e principale compositore della band, una figura enigmatica, immobile nel suo approccio alla musica eppure fluido nell’accettare il passare degli anni e il cambiamento della stessa, producendo un sound che si allontana spesso dagli stilemi del prog per come lo conosce il grande pubblico, esplorando la frontiera del noise e del drone, ma anche la musica classica e un jazz particolarmente aggressivo: un mix ben rappresentato dal titolo del loro quinto album, (letteralmente “Lingue d’allodola in salamoia”, presumibilmente una delicatezza gastronomica, che però, come la musica dei King Crimson, è difficile da apprezzare), del 1973. : hanno suonato a Milano il 5 e 6 novembre, a Firenze l’8 e il 9, e suoneranno l’11 (domani) e il 12 a Roma e il 14 e il 15 a Torino. in quella che probabilmente era l’occasione migliore, la prima data di Milano, ovvero Il re Cremisi, a sinistra, e l’uomo schizoide del ventunesimo secolo, a destra, sulla copertina di In the Court of the Crimson King del 1969 Sono partito da Codroipo (provincia di Udine) con il primo freddo serio dell’autunno in corso, incontrando prima il mio amico Alessandro ( , per via di trascorsi con la lingua russa) e poi il mio amico : con tutti e tre ho condiviso diversi momenti prog, dal concerto di (l’ex chitarrista dei Genesis e affermato solista) al quale ho conosciuto Marco e Sandro, passando per diversi concerti di al pubblico della seconda data di Firenze) – e cercando di non soffermarci troppo a pensare a una ipotetica scaletta di (esempio: chi è stato il miglior batterista di Steven Wilson?), quel genere di cosa che ti consente di ottenere il progster vero alle feste dei giovani non ci va comunque Dopo un pranzo da maiali al McDonald’s di Piazza Duomo lasciamo i bagagli (io e Sasha – Marco e Sandro sono in albergo) a casa dei miei zii, e alle sette e venti siamo davanti agli Arcimboldi, (dove ci riuniamo con Marco e Sandro) ovviamente senza fretta perché tanto i posti sono numerati. Io finanzio ulteriormente Fripp e soci acquistando al banchetto del merchandise un box di rarità compilato appositamente per il tour 2016, (3 CD + 2 DVD + 1 Blu-ray – con il quale posso peraltro giusto tagliare la pizza, non avendo io un lettore Blu-ray) mi sembravano una spesa poco consona. Finalmente, dopo esserci sentiti dire che Subito dopo il soundcheck, prima che gli spettatori entrino nel teatro, Robert Fripp improvvisa sul palco del teatro per creare una trama sonora di qualche decina di minuti che accompagna il pubblico nel prendere posto – il mentre prima un’annunciatrice e poi Fripp stesso ci ricordano di nuovo che non si possono fare foto o video, né registrare il concerto: sua maestà Robert Fripp registra il “Threshold Soundscape” del 5 novembre. Pic by Tony Levin – many more available on tonylevin.com [A questo proposito, prima di cominciare con il concerto vero e proprio, : Robert Fripp è estremamente sensibile al discorso dispositivi di registrazione audio e video di qualunque tipo. Lo fa, però, solo ed esclusivamente per garantire agli spettatori la massima esperienza possibile nell’ascolto dei King Crimson dal fare foto, video e registrazioni, per poi addirittura caricare queste su Youtube – sono già state cancellate – a qualità infima? Siete come i bambini di quattro anni che non hanno ancora imparato a trattenersi e si fanno la cacca nei pannolini? Voi la cacca riuscite a trattenerla? Non vi ha chiesto nessuno di spendere tra i 35 e gli 80 euro per i King Crimson. Sapevate che le regole erano queste. la parte che segue potrebbe risultare complessa per i non addetti ai lavori. , e tra gli applausi sempre più forti entrano, uno alla volta, Fripp inforca gli occhiali, si mette le cuffie, e la band si accorda. Dopo un secondo di silenzio si parte con “Larks’ Tongues in Aspic, pt.1”, dal disco omonimo, che fa risaltare da subito la caratteristica principale di questa formazione cremisi: vorticano attorno ai ritmi possenti e intricati, in una girandola di colpi sorprendenti, a volte all’unisono e a volte ciascuno il suo, ipnotizzando l’osservatore con i loro movimenti. Segue “Pictures of a City”, dal secondo album della band , e vi si nota la seconda caratteristica più importante di questi Crims: con l’estratto dalla suite che da il titolo al terzo album della band, “Lizard c) the Battle of Glass Tears – part i: Dawn Song” (ora lo capite perché il progster medio non va alle feste?), ma poi i Crims , iconico strumentale che apre l’album omonimo del 1974, prende a randellate le gengive dello spettatore, tra la chitarra di un e le tre batterie (accusate da qualcuno di essere “troppo rock” – per cortesia!). Si va avanti con un altro brano da del 1974), durante la quale il re si mostra in tutta la sua maestosità, sconvolgendoci ulteriormente. Al classico (spettralmente premonitore) “Epitaph” dall’esordio , magistralmente reso da Jakko, segue un brano nuovo, “Hell Hounds of Krim”, e poi, con la canzone successiva, (che francamente non mi aspettavo di sentire così presto nella scaletta) è , che culmina nella ripresa della linea vocale che lo apre, per poi chiudersi con un ultimo ritornello dopo averci , “The Talking Drum”, che lascia però chiudere il set a un altro carico da 11, per una perfetta ringkomposition: “Larks’ Tongues in Aspic, part 2”. La porta avvelenata della paranoia: il secondo set e la conclusione che non si possono fare foto, video, eccetera (il che ha un po’ rotto la poesia – e qualcos’altro – ma come sappiamo non è bastato a far desistere, quindi forse ce ne volevano altri), le luci si fanno di nuovo soffuse. Il secondo set si apre con l’inedito “Fairy Dust”, dolce come appare dal titolo, a cui segue l’altrettanto tranquilla “Peace: an End” da , ovvero l’unico brano degli anni ’80 della serata! L’originale vedeva il cantante dei King Crimson dal 1981 al 2008, (che ha esordito con Zappa e poi ha lavorato con Bowie, Reznor e Simon, tra gli altri), recitare che qui, con Jakko, è stata resa melodica, come anche il resto del brano con la scaletta composta principalmente da brani degli anni ’70 (con delle eccezioni, come vedremo). La band è che per il fatto che ha esordito da poco in scaletta. Segue la quasi-title track dell’album d’esordio “The Court of the Crimson King”, epica e malinconica, per poi fare un salto nel 2000 (ecco, appunto, l’eccezione) con “The ConstruKction of Light”, che vede i tre batteristi di nuovo in grande spolvero. Seguono due pezzoni epici, entrambi da Islands del 1971, “The Letters” e “Sailor’s Tale”, per poi tornare nel presente con i brani nuovi (l’unico, ad oggi, accreditato anche a Jakko a nome King Crimson) e “Radical Action II”. Dopo il tour de force strumentale di “Level Five” (dall’EP omonimo del 2003), la band decide che , di tutto il concerto: per tutto il resto dello show le luci erano delle semplici luci bianche puntate sulla band. , ma l’apice viene raggiunto durante l’improvvisazione che costituisce la spina dorsale del brano: a malapena ci si accorge di essere su questo piano dell’esistenza Dopo pochi minuti la band rientra, e il bis si apre con la breve improvvisazione strumentale “Banshee Legs Bell Hassle” (un pezzo nuovo). Poi, , e Fripp sbudella l’aria con l’immenso riff di chitarra di apertura, , mentre Jakko ruggisce le crudeli parole del brano più emblematico dei Crims, e , poi Gavin Harrison ruba la scena con un devastante assolo che fa saltare persino il normalmente immobile Fripp sulla sedia, per poi andare a concludere il brano: e in un’ultimo boato di distorsione, dopo quasi tre ore di monolitico prog, il concerto finisce. Finito il concerto, ci siamo guardati e mi sono reso conto che e vi hanno lasciato un’impronta che non potrà mai essere cancellata. . La loro musica ci costringe a ricordarci della nostra immensa umanità e della nostra ragione, perché è complessa ed emozionante allo stesso tempo, e ha resistito al lento erodere degli anni come nessun’altra musica prog ha saputo fare. Dopo quasi cinquant’anni, l’uomo schizoide del ventunesimo secolo cammina tra noi, ma non ha alcun potere Finito il concerto le foto si potevano fare, e anche sua maestà si è lasciato andare (questa foto comunque è scattata a Firenze). Pic by Tony Levin – many more available on tonylevin.com Click to share on Facebook (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per inviare l’articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)