“No internationals”: trovare casa nei Paesi Bassi, l’inferno immobiliare degli studenti espatriati 

UTRECHT –  Situata nel cuore dei Paesi Bassi, la città è attraversata da canali su cui si affacciano ristoranti scavati nella roccia, ponti agghindati con fiori che distolgono dal freddo cielo del nord e bar accoglienti dal profumo di cannella. A pochi passi dalla torre campanaria, l’immobile centrale dell’università pubblica fondata nel 1636, una struttura dai mattoni rossi dove ogni giorno si celebrano cerimonie di laurea e di dottorato. La Utrecht Universiteit ospita più di 35mila studenti, di cui quasi 4mila internazionali. La quota straniera è altrettanto rappresentata tra il personale, per il 30% composto da ricercatrici e dipendenti non olandesi. 

Sembra un quadro perfetto, quello che in olandese verrebbe descritto col termine gezellig per indicare il senso di accoglienza, felicità, equilibrio e intimità emanato dalla cittadina. Eppure, scavando più a fondo, ci si rende conto che in questo sistema c’è una crepa. «La città di Utrecht è molto poliglotta e l’università celebra con fierezza il fatto di ospitare molti studenti stranieri, ma alla fine, nessuno ci aiuta a trovare casa» racconta frustrata Alicia, trentina espatriata nei Paesi Bassi nell’agosto del 2020 per seguire una magistrale in biotecnologie. «Molte persone cercano di sfruttare coloro che si trovano già di per sé in difficoltà», continua Conor, uno studente irlandese approdato a Utrecht per seguire la magistrale in fisica teorica. “Tra questi ultimi ci siamo noi studenti internazionali, che non abbiamo né i contatti né gli stessi canali d’accesso ai servizi immobiliari degli studenti olandesi», continua. Anche Marta, studentessa spagnola collega di Alicia, denuncia una lotta impari tra stranieri e autoctoni: «Non ci sono abbastanza case e quando si tratta di trovare alloggio, noi internazionali siamo discriminati perché non parliamo olandese». Ed è così che le voci degli studenti internazionali fanno luce su un problema ingente: la crisi immobiliare olandese e il suo impatto sugli stranieri che vogliono fare di Utrecht la loro casa. 

La crisi immobiliare olandese

Secondo il punto 2 dell’articolo 22 della Costituzione olandese, tutti hanno il diritto a una casa in quanto le autorità sono responsabili di fornire un numero sufficiente di sistemazioni abitative. Eppure, come Alicia, Marta e Conor lamentano, questo non è sempre il caso. 

Nelle venti città più grandi dei Paesi Bassi – tra cui Utrecht – mancano 26,800 spazi abitativi (camere e appartamenti) per studenti, un dato stimato a crescere fino a 44,800 nell’anno universitario 2029-2030, secondo l’indagine svolta dall’agenzia di ricerca Abf nella primavera del 2022. Ciononostante, la crisi immobiliare non interessa unicamente gli universitari ma è un fenomeno nazionale che tocca l’insieme del mercato immobiliare olandese. Nel 2022 la carenza di case in Olanda ammonta a 315mila unità abitative e per rispondere alle domande previste nei prossimi quindici anni è necessaria la costruzione di più di un milione  di nuove strutture (dati raccolti nel 2022 da Abf). 

Diversi fattori spiegano questi numeri. L’assenza di case è dovuta a un graduale aumento della popolazione olandese, non seguito da sufficienti investimenti nel settore immobiliare. A limitare quest’ultimo vi sono sia caratteristiche strutturali, come le piccole dimensioni del Paese, che dinamiche economiche. Dato che l’Olanda è il secondo il più grande esportatore di frutta e verdura al mondo, i terreni coltivabili sono estremamente importanti per la sua economia e questo riduce ancora di più la porzione edificabile della nazione. Da non sottovalutare anche l’assenza di manodopera nel settore edilizio, che rallenta lo sviluppo di nuove unità abitative. 

Altro elemento da considerare è poi il prezzo eccessivo delle case, in parte causa e conseguenza della crisi. Da un lato, gli storici bassi tassi d’interesse del Paese e l’accelerazione della privatizzazione del mercato immobiliare dopo la crisi del 2008 hanno portato a un aumento del costo degli immobili, gonfiando quindi la competizione. Dall’altro, secondo la legge del libero mercato, il limitato numero di unità abitative legittima ancora di più i proprietari ad affittare le loro case a prezzi elevati, rendendo la ricerca per la casa una lotta alla sopravvivenza. Secondo lo studio condotto dall’Istituto di statistica Cbs, nel 2022 il prezzo degli affitti è aumentato mediamente del 3% e Utrecht è la municipalità che ha subito l’aumento maggiore. 

Nei Paesi Bassi (NDL) il costo monetario dell’affitto è quasi raddoppiato in 7 anni.

Gli studentati universitari: costosi o inaccessibili per gli internazionali

A nord della città, c’è un bar nascosto dietro un distributore di benzina. Il locale è di tendenza per gli abitanti di Utrecht. A un tavolo sono sedute Marta, Alicia e Conor. Le loro parole cariche di frustrazione sono travolgenti: «Sapevo che sarebbe stato difficile trovare casa, ma pensavo fosse normale perché c’è lo stesso problema anche in Irlanda. Mi sono reso conto della criticità della situazione qui in Olanda, solo quando ho dovuto lasciare lo studentato a giugno del 2021» attacca Conor, con tono deciso. «Trovare una casa in affitto è difficile un po’ ovunque, ma qui ci sono così poche opzioni che la ricerca è quasi impossibile per noi internazionali» precisa Marta. 

Il loro primo anno, svoltosi quasi interamente online a causa delle restrizioni imposte per la pandemia da Covid-19, Alicia, Conor e Marta hanno alloggiato in uno dei tre studentati universitari di proprietà dell’azienda SSH, convenzionata con la Utrecht Universiteit. «Ricorda che tutte le case con SSH Short Stay (affitti brevi) sono molto richieste e trovare alloggio non è garantito», recita il sito dell’università, quasi a ricordare che l’opzione non è diritto di tutti, ma piuttosto una possibilità da cogliere con un po’ di fortuna e dei soldi pronti sul conto corrente. Dopo una registrazione di 81 euro, il giorno di apertura delle candidature bisogna essere tra i primi a prenotare una stanza e pagare due mensilità come caparra, una somma che può facilmente sorpassare i mille euro dato  che una camera singola con cucina e bagno in comune può costare fino a 570 euro al mese, simile al prezzo di un affitto privato. Rispetto al privato le spese sono incluse nel prezzo dell’affitto, ma il contratto non è rinnovabile, per cui gli studenti internazionali hanno diritto a una casa Short Stay solo al loro primo anno di università. «Noi siamo stati fortunati perché  abbiamo trovato un posto libero in studentato, ma l’affitto era carissimo.

Studentato a Utrecht. Foto di Alice Carnevali/The Bottom Up

«Gli studenti olandesi che conosco, sembrano avere dei canali diversi per trovare casa, lasciando noi internazionali con quello che resta» dice Conor. «Per esempio, gli olandesi possono trovare più facilmente un alloggio con SSH per un periodo superiore all’anno attraverso la formula Long Stay, una lista di attesa per cui normalmente gli olandesi fanno domanda da quando hanno 16 anni», insomma una mossa strategica per assicurarsi un posto in studentato all’inizio della triennale avendo una possibilità di scelta più ampia rispetto all’opzione Short Stay, con camere anche a meno di 300 euro al mese. Negli stessi studentati SSH abitati dagli internazionali, infatti, ci sono appartamenti il cui contratto è rinnovabile. Per averci accesso è sempre necessaria una registrazione, questa volta di 20 euro e non di 81. Inoltre, al posto della logica “chi prima arriva meglio alloggia”, la prenotazione della stanza è realizzata tramite lista di attesa e colloqui coi coinquilini. Certo, anche gli internazionali hanno diritto di registrarsi, ma dato che molti olandesi si iscrivono ancora prima di iniziare l’università, le probabilità non sono a favore degli stranieri.

«C’è chiaramente scritto – No Internationals »

In ogni caso, il momento difficile è arrivato una volta terminato il contratto con SSH in agosto 2021» racconta Alicia. «Per trovare casa bisogna guardare continuamente gli annunci pubblicati su Facebook, ma molti sono scam per tirare in inganno gli internazionali». E Marta annuendo continua: «Anche le piattaforme per trovare affitti come Kamernet sono delle truffe. Devi pagare una somma al mese per iscriversi e poter contattare i proprietari, ma molte persone nemmeno ti rispondono».  Malgrado sia uno dei siti più consigliati per trovare casa, Kamernet costa 34 euro al mese e altri studenti internazionali come Nikita intervistato dall’Erasmus Magazine lamentano la stessa mancanza di trasparenza subita da Marta. 

Ma c’è di peggio. «Il problema maggiore è che si trova spesso casa tramite Facebook, ma nei gruppi la maggior parte degli annunci è riservata agli olandesi, c’è chiaramente scritto “No Internationals”. Io capisco che parlare in olandese a casa sia comodo, ma siamo tutti giovani e qui tutti parlano inglese con facilità» racconta Alicia. Sui gruppi Facebook la diffidenza nei confronti degli stranieri si concretizza con la scritta no internationals che come un titolo apre la descrizione della camera in affitto.

Ma se è così difficile, come hanno fatto Conor, Alicia e Marta a trovare un alloggio? Conor vive a Canvas, uno studentato privato non convenzionato con l’università, pieno di monolocali nuovissimi, il cui prezzo varia dai 619 ai 983 euro al mese. Nonostante il costo elevato, tutti gli appartamenti sono pieni. Alicia ha trovato casa dopo tre mesi di ricerca, ma non ha smesso di guardarsi intorno, sperando di trovare una nuova stanza per avere più spazio. Marta, invece, ha vinto alla lotteria: «Sono stata cacciata dallo studentato SSH ad agosto, al termine del mio contratto. Nonostante avessi iniziato a cercare una casa a maggio, dopo tre mesi non avevo ancora trovato nulla, quindi a settembre ho affittato illegalmente la stanza di un amico. A ottobre mi sono poi spostata in un altro appartamento, anche questo in subaffitto. Alla fine sono stata tanto fortunata da vincere una lotteria» mi spiega con un tono tra l’incredulo e il polemico. «È stato più facile vincere un monolocale con una lotteria che trovare una camera dopo cinque mesi di ricerca». La lotteria è organizzata dal gruppo privato Holland2Stay che si occupa di mettere in relazione persone alla ricerca di un alloggio e residenze private, dove Marta ha “vinto” un monolocale di cui paga un affitto di oltre 700 euro al mese.  «Non sono stati mesi semplici. A un certo punto ho pensato: ok, sto facendo questo tirocinio obbligatorio e non pagato per il mio master, ma non ho una casa, come faccio a terminare i miei studi? Insomma, ero molto stressata e ho avuto un esaurimento nervoso di fronte alla mia referente di laboratorio». E Marta non è la sola. Secondo l’International Student Survey realizzato dall’organizzazione per gli studenti Erasmus ESN e il sindacato studentesco LSVB, circa il 59% degli studenti internazionali intervistati ha problemi di salute mentali dovuti alla difficoltà di integrarsi tra gli olandesi e gli standard elevati richiesti dall’università. 

L’università discrimina apertamente gli internazionali

L’università non aiuta gli studenti espatriati a sentirsi a casa. Per far fronte al problema immobiliare, la Utrecht Universiteit sta finanziando la costruzione di 200 nuovi monolocali riservati agli studenti internazionali a Maarseen, un paesino a 40 minuti in bici dal polo scientifico. Ciononostante, questa misura è stata oscurata dalla comunicazione di benvenuto invita all’inizio dell’anno accademico 2022 dall’ateneo alle sue matricole. All’inizio dell’anno accademico 2022, la Utrecht Universiteit ha inviato una email invitando gli studenti stranieri a considerare l’idea di non trasferirsi in Olanda se non fossero stati in grado di trovare un alloggio sicuro, data la forte crisi immobiliare. Nel messaggio, l’università affermava che preferiva offrire un’immagine veritiera dell’ampiezza della crisi immobiliare, per evitare situazioni molto stressanti, ma al contempo non apriva alla possibilità di perseguire la didattica da remoto. «L‘università celebra sempre il fatto di avere studenti internazionali, ma non offre alcun tipo di aiuto a coloro che sono alla ricerca di un alloggio. L’ email è stata inviata poco prima dell’inizio delle lezioni, non è stata un buon benvenuto per chi veniva da fuori» si lamenta Alicia. 

Una soluzione (forse) targata 2030

Nel centro di Utrecht, nascosta dietro il tavolino esterno di un’enoteca c’è una porta. Al primo piano dell’edificio si trova la sede di Landelijke Studentenvakbond LSVB, il sindacato studentesco nazionale. Qui The Bottom Up ha incontrato il direttore Joram Val Velzen per capire quale aiuto è offerto alle persone come Alicia, Marta e Conor che cercano una casa nei Paesi Bassi. LSVB non solo fa da portavoce degli studenti nelle istituzioni accademiche e politiche, ma cerca di offrire un supporto concreto a coloro in cerca di casa attraverso la housing hotline, una piattaforma online che aiuta a non incappare in truffe, tradurre i contratti e trovare strutture di emergenza. 

A proposito delle risposte che LSVB riceve dalle università è dalle istituzioni Joram Val Velzen spiega: «In seguito alla mail spedita ad agosto dalla Utrecht Universiteit, abbiamo denunciato sui media l’inutilità della misura. L’università è consapevole che trovare casa è difficile, ma continua a promuovere il suo curriculum in giro per il mondo perché più studenti ha, più soldi riceve dallo Stato». Oltre ad aver ignorato la protesta del sindacato, le università a cui il sindacato aveva inviato la mail hanno puntato il dito contro le case di emergenza: «Le università considerano che non ci siano abbastanza immobili d’emergenza, ma il problema è che molti di questi ora sono abitati da rifugiati che arrivano dall’Ucraina e quindi lo spazio per gli studenti si è ridotto ancora di più» ha precisato Val Velzen. Se da un lato l’università scarica la responsabilità sul mercato immobiliare, dall’altro la politica non sembra fare meglio: «Spesso la risposta che riceviamo dalle amministrazioni è che il problema della casa non interessa solo gli studenti, ma tutta la popolazione» ha spiegato il direttore . «Inoltre, molti politici sono preoccupati che la costruzione di più immobili generi forti emissioni di CO2, impedendo all’Olanda di raggiungere lo zero emissioni nette del 2050». Il riferimento è all’obiettivo fissato dall’Olanda alla COP 26 di Glasgow del novembre 2021, per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette di CO2 entro il 2050. 

Joram Val Velzen. Foto di Alice Carnevali/The Bottom Up

Malgrado la difficile presa di responsabilità della crisi immobiliare da parte dell’università e dei singoli partiti politici, Joram Val Velzen sembra entusiasta e ricco di speranza per il futuro: «LSVB ha collaborato con il governo per la creazione di un piano d’azione 2022-2030. L’obiettivo è costruire 60,000 case per studenti concentrandosi particolarmente su appartamenti condivisi per risparmiare spazio. Il piano è ambizioso, ma è arrivato il momento di essere ambiziosi». Il progetto descritto è stato presentato nel settembre del 2022 e prende atto della difficoltà incontrata dai cittadini  internazionali nella ricerca della casa e delle discriminazioni che questi devono subire. Il report afferma chiaramente che il contratto Short Stay (quello utilizzato da Marta, Conor e Alicia nel primo anno di studi) ha una protezione legale molto bassa rispetto agli altri contratti e che la politica “No internationals” è un grande impedimento all’integrazione degli espatriati nella società olandese. Ciononostante, le proposte messe sul tavolo sono scarse e partono dal presupposto che lo studente straniero si fermi in Olanda per un tempo limitato. Per esempio, viene presentata l’idea di accogliere nelle stanze degli olandesi che partono in Erasmus gli internazionali che arrivano in Olanda, si parla di facilitare l’accesso a un’abitazione per gli studenti delle summer school, ma le misure per coloro che vogliono fermarsi in Olanda più a lungo scarseggiano. Certo, si riflette sulla necessità di offrire contratti di affitto in inglese per facilitare la comprensione e aumentare la trasparenza, ma lo si fa in un report disponibile solo in lingua olandese. 

Così, anche la realtà che sembra costruita a misura di studente si frantuma sotto il peso della crisi immobiliare e della discriminazione nei confronti degli stranieri. Perché la crepa nel quadro perfetto se si viene da lontano come Marta, Conor e Alicia non è solo non trovare un alloggio , ma anche non sentirsi a casa. «I miei colleghi olandesi di laboratorio si lamentano perché noi internazionali non ci integriamo e tendiamo a stare tra di noi, ma se loro non vogliono condividere un appartamento con noi è difficile»  ricorda Alicia. «Sarebbe più semplice conoscere la cultura e la lingua olandese vivendo con delle persone di qui, uscendo a fare festa con loro, ma questo non è possibile». 

Alice Carnevali

Foto di copertina e slideshow: licenze Creative Commons

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