Decine di tribù stanno investendo in progetti per l’energia solare, eolica e idroelettrica, nell’ottica di costruire un futuro più sostenibile.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato in inglese su Yes!
L’autore, Ted McDermott, è un giornalista freelance con base a Spokane, Washington.
Traduzione di Federica Zani
Il mercato del lavoro nel territorio indiano è difficile. Edmond Salt lo sa meglio di chiunque altro.
Salt, 42 anni e cinque figli, cittadino Navajo di Kayenta, in Arizona, una volta apirava a uno dei lavori più richiesti alla miniera di carbone locale. Anche se è riuscito a ottenere un impiego temporaneo, Salt non ce l’ha fatta a ottenere un posto fisso in quell’ambiente competitivo e con poche possibilità..
È stato nomade per due decenni, durante i quali ha passato mesi lontano dalla sua famiglia, ha vissuto in hotel e alberghi per soggiorni prolungati mentre si spostava per il Paese seguendo il lavoro.
“Ho praticamente cercato di infilarmi ovunque riuscissi,” ha detto. “C’erano opportunità migliori fuori dalla riserva, quindi ho un po’ seguito quello”.
La fortuna ha giocato a favore di Salt quando a inizio 2018 ha ottenuto un posto di lavoro in un impianto solare ultimato da poco a Kayenta, dove ha cominciato a lavorare a tempo pieno e a lungo termine come apprendista elettricista per la Navajo Tribal Utility Authority (impresa senza scopo di lucro che si occupa di fornire servizi e opportunità lavorative alla comunità Navajo, NdR).
Il lavoro di Salt – e il fatto stesso che esista – fa parte di una spinta crescente delle tribù disseminate nel Paese a lanciare progetti per le energie rinnovabili.
Dalla Florida all’Alaska, decine di tribù stanno lavorando per sfruttare l’energia di vento, sole e acqua per produrre milioni di dollari di entrate, creare posti di lavoro a lungo e breve termine, e ridurre i costi delle utenze per i cittadini, aiutando nel frattempo a combattere il cambiamento climatico e ad aumentare l’indipendenza energetica.
L’energia solare è all’avanguardia nel territorio indiano, con i progetti in corso della nazione Navajo, della tribù Northern Cheyenne del Montana orientale, della tribù Spokane di Washington, della tribù Seminole della Florida, e di tante altre.
Le tribù stanno anche attingendo all’energia di vento e acqua. In Alaska, le tribù si stanno dedicando all’energia idroelettrica per evitare la costruzione di dighe invasive dannose per i salmoni. E in Nord e Sud Dakota, un consorzio di sei tribù Sioux sta lavorando con una società privata per sviluppare grandi parchi eolici che potrebbero alimentare circa 1,5 milioni di abitazioni.
Il Presidente Navajo Jonathan Nez ha rivelato a InvestigateWest che lo sviluppo di energie rinnovabili riduce la dipendenza delle tribù dalle compagnie energetiche esterne che per molto tempo hanno avuto in pugno sia il fatto di procurare opportunità lavorative, sia la supervisione dell’ impatto ambientale di miniere e industrie.
“Ora nessuno potrà approfittarsi di noi”, ha detto Nez. “Saremo azionisti di maggioranza, proprietari di maggioranza dei progetti sviluppati nella nazione Navajo, così da avere fondi per aiutare la nostra gente, fornire loro elettricità ed essere anche al comando”.
Il passaggio alle energie rinnovabili ha ricevuto un impulso a fine marzo, quando l’amministrazione Biden ha annunciato lo stanziamento di più di 9 milioni di dollari per decine di comunità tribali per i cosiddetti progetti di energia pulita. Kayenta ha ricevuto quasi 1,2 milioni di dollari per il sostegno di un progetto solare e di accumulo energetico.
Tanksi Clairmont, cittadina di Sisseton Wahpeton Oyate e direttrice del Tribal Solar Accelerator Fund, appartenente all’organizzazione no-profit Grid Alternatives, ha detto che i progetti per le energie rinnovabili rafforzeranno quella che ha chiamato “resilienza energetica”.
“Spero che tutte le tribù sviluppino i propri piani energetici, perché guardando i rapporti delle agenzie federali ci stiamo rendendo conto del potenziale di produzione energetica delle nostre terre, che è enorme,” ha dichiarato.
“Sta alle nostre tribù utilizzare questa informazione e sviluppare i loro piani energetici, e compiere il primo passo, se non l’hanno già fatto”.
Trovare nuove opzioni
Con i prezzi di petrolio e carburante che aumentano vertiginosamente, e con la pressione crescente nelle nazioni di affrontare il cambiamento climatico, le tribù si trovano in una buona posizione per soddisfare la domanda di energie rinnovabili.
Le nazioni tribali controllano più di 50 milioni di acri di terre negli Stati Uniti, di cui uno stimato 6,5% è adatto allo sviluppo di energie rinnovabili, secondo un rapporto del 2018 del National Renewable Energy Laboratory.

Foto offerta dalla Navajo Tribal Utility Authority/Navajo Nation
Il settore solare da solo ha dato impiego a più di 230,000 lavoratori nel 2020, anche se con un calo del 7% dovuto alla pandemia, secondo il 2020 National Solar Jobs Census.
Entro il 2030, i posti di lavoro nel settore dell’energia solare dovrebbero quasi raddoppiare raggiungendo circa i 400,000, e potrebbero arrivare fino a 900,000 dato il tentativo degli Stati Uniti di produrre il 100% di energia pulita entro il 2035.
Nel complesso, circa 3 milioni di americani hanno lavorato nel settore delle energie rinnovabili a partire dal 2020, secondo il rapporto “Clean Jobs America 2021”.
“Nonostante il calo generale (nel 2020), le energie rinnovabili restano il più grande creatore di posti di lavoro di tutto il settore energetico americano”, ha svelato il rapporto.
Una spinta dal Congresso e dalle legislature statali verso regolamenti che aiutano la transizione dai combustibili fossili potrebbe accelerare il passaggio a energie più pulite, una mossa che “creerebbe nuove importanti opportunità per le persone alla ricerca di un lavoro in ogni stato,” dice il rapporto.
Ma come esistono opportunità, esistono anche ostacoli.
Alcune sfide sono storiche. L’eredità della produzione energetica da industria estrattiva nelle terre tribali è stata parecchio controversa, con tribù che si approcciano diversamente alla produzione di carburante, petrolio e carbone, e che affrontano le conseguenze dovute alle tossine rilasciate dall’estrazione dell’uranio e da altri progetti.
Anche i progetti per le energie rinnovabili hanno effetti devastanti sulla popolazione indigena, con dighe idroelettriche che impediscono ai salmoni e ad altre specie di raggiungere le loro zone di riproduzione in mezzo a tribù che hanno profondi legami culturali e spirituali con esse.
I progetti per creare un sistema di accumulo d’acqua per generare energia idroelettrica quando necessario, e per usare energia geotermica oltre a quella degli impianti eolici e solari, hanno suscitato preoccupazioni sull’impatto che avrebbero sull’ambiente e sulle risorse culturali indigene. Nel frattempo, alcune tribù restano legate a sistemi energetici basati sul carbonio che hanno garantito per molto tempo energia ed entrate.
Altre sfide sono contemporanee. La produzione di energia rinnovabile è tecnicamente impegnativa, spesso costosa, e soggetta a regolamentazioni complesse.
Clairmont, del Tribal Solar Accelerator Fund, dice che le tribù possono superare queste sfide quando vi si avvicinano in maniera graduale, partendo da piccoli obiettivi che crescono nel tempo.
“I loro obiettivi stanno diventando più alti a mano a mano che la loro esperienza nella comunità aumenta”, ha detto.
Il Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America (DOE) ha finanziato progetti per le energie rinnovabili almeno dal 1994, secondo un database di progetto del DOE. Tuttavia, i legislatori e le autorità federali hanno espresso una certa preoccupazione circa la lentezza dello sviluppo energetico, sia rinnovabile che basato sui combustibili fossili, nelle terre tribali.
Nel 2005, il Congresso ha creato degli incarichi nel Dipartimento degli interni (DOI) e nel DOE per aiutare i nativi a sviluppare progetti energetici nei territori tribali, ma gli incaricati hanno incontrato parecchie difficoltà.
Il DOI ha istituito l’Ufficio per l’energia e lo sviluppo economico indiano (OIED), sottoposto all’Ufficio degli affari indiani (BIA), ma il Government Accountability Office (GAO), una sezione investigativa del Congresso degli Stati Uniti, ha pubblicato un rapporto che dimostrava che la cattiva gestione e il cattivo sistema normativo dell’Ufficio “ostacolavano lo sviluppo energetico indiano”.
Il BIA ha risposto creando l’Indian Energy Service Center nel 2015, ma i problemi sono rimasti. Nel 2017, il GAO ha menzionato “la gestione inefficace di lunga data delle risorse energetiche indiane e di altri programmi. Un nuovo rapporto del GAO pubblicato in marzo dice che il centro ha fornito supporto alle tribù ma “ha avuto difficoltà nel restare al passo con le richieste” per lo sviluppo energetico nei territori tribali. Il GAO ha consigliato di fissare obiettivi specifici per un miglioramento.
Il DOE ha anche avuto problemi nel far prendere il via al nuovo incarico in ambito energetico. Questo è stato attivato con un direttore e dei fondi solo nel 2011, secondo un portavoce del DOE. Da allora, l’ufficio ha investito 114 milioni di dollari in più di 200 progetti energetici tribali.
Imparare sul campo
Il percorso di Avalee Little Whirlwind fino al settore delle energie rinnovabili è cominciato alla fine di giugno scorso nella riserva di Northern Cheyenne, presso il cantiere del primo progetto per l’energia solare della tribù.
Little Whirlwind, mentre si prendeva giorni di ferie non pagate del suo lavoro di infermiera e coordinatrice del servizio di assistenza per gli anziani della tribù, ha guidato un cingolato, scavato postholes (in archeologia, buchi usati per tenere fermi un legname o pietra posta in superfici, NdR) con una trivella, e ha fatto esperienza sul campo insieme a una squadra di altri 15 tirocinanti della sua tribù.
“Non abbiamo guardato cianografie o altro”, ha detto Little Whirlwind, cittadina della Northern Cheyenne Tribe. “Ci siamo subito messi a costruire”.
Il risultato è stato una schiera di pannelli fotovoltaici a terra da 10 kilowatt che ora alimentano Muddy Hall, un edificio della tribù che ospita incontri, memoriali, elezioni ed eventi della comunità come giochi di mano e tradizionali indovinelli a squadre.
La formazione per il progetto Muddy Hall è stata offerta dall’Indigenized Energy Initiative, un’organizzazione no-profit gestita da indigeni e prima conosciuta col nome di Covenant Tribal Solar Initiative con sede a Berkeley, in California.
David Riley, non nativo, è un ex professore di ingegneria che ha co-fondato l’organizzazione e che sta ora aiutando a gestirla con un gruppo che include membri delle tribù Northern Cheyenne e Standing Rock Sioux.
Il progetto Muddy Hall garantirà un impulso economico alle comunità tribali, ha detto.
“Il fatto che l’energia solare sia rinnovabile può creare valore, ecco perché pensiamo che oggi sia un potente intervento nei sistemi economici ed energetici,” Riley spiega.
L’Indigenized Energy Initiative sta progettando di collaborare con la Northern Cheyenne per far avere energia solare alle abitazioni di 15 anziani della tribù questa primavera e per installare pannelli solari su una delle scuole superiori della tribù, un edificio “Head Start” e una pompa dell’acqua.
I progetti fanno parte del White River Community Solar Project, che permetterà anche la costruzione di un impianto solare per generare 1 megawatt di energia. È finanziato dal DOE, che ha stanziato 3,2 milioni di dollari, e dall’Indigenized Energy Initiative, che ha messo a disposizione 800,000 dollari.
Riley ha detto che l’investimento pagherà nel tempoi dividendi per la Northern Cheyenne.
“Nel complesso, questo sistema produrrà più di 50,000 dollari all’anno (in risparmio energetico), e la tribù ha deciso di dividerli”, ha detto Riley. “Quindi una metà andrà ai membri residenti della tribù che hanno accettato di averne uno nel loro cortile. Ma parte dei risparmi verrà rimessa in un fondo che verrà usato per pagare la manutenzione e per nuovi sistemi”.
L’Indigenized Energy Initiative ha invitato l’intero gruppo di tirocinanti che ha lavorato al Muddy Hall a ritornare questa primavera per costruire la prossima serie di progetti solari.
Little Whirlwind ci sarà. Poco dopo il tirocinio al Muddy Hall, le è stato offerto un posto fisso come coordinatrice dei progetti della Indigenized Energy Initiative per la Northern Cheyenne.
Da quando ha accettato il lavoro in agosto, Little Whirlwind ha continuato la sua formazione al Red Cloud Renewable Energy Center, una struttura educativa no-profit nella riserva di Pine Ridge in Sud Dakota.
“È come un nuovo inizio di qualcosa che posso realizzare, un bel cambiamento,” ha affermato. “Ed è un qualcosa di cui voglio fare parte, che voglio aiutare a creare, ad avere successo e a prosperare”.

Foto di Erick Doxey/InvestigateWest
Dare energia alla comunità
A Wellpinit, Washington, in una mattina di fine gennaio, 94 pannelli solari hanno assorbito un po’ di raro sole invernale dal tetto sopra all’ufficio d’angolo di Clyde Abrahamson, nella sede della Spokane Indian Housing Authority.
Fuori dalla sua finestra, poteva vedere altri pannelli al di là di un piccolo parcheggio, sul tetto del centro per anziani.
I pannelli sono solo una parte dell’infrastruttura dell’energia rinnovabile che Abrahamson ha aiutato a portare nella tribù Spokane, il cui nome è spesso tradotto in Children of the Sun.
Nel 2019, la tribù spokane ha completato un progetto che ha fornito energia solare a 23 case per anziani e 9 edifici pubblici, compresa la longhouse (una dimora tradizionale delle prime nazioni, n.d.r.), l’edificio amministrativo principale e un impianto per l’allevamento di pesci.
Durante i mesi più soleggiati, Abrahamson, manager dei progetti speciali presso la commissione edilizia spokane, ha detto che alcune delle abitazioni sono alimentate interamente dal sole, e che i residenti pagano solo una tassa di base di 9 dollari tra aprile e ottobre, invece dei 240 dollari di media.
La condivisione dell’energia negli edifici pubblici varia a seconda del meteo. Ma nell’immobile in cui lavora Abrahamson, l’impianto solare sul tetto sta “quasi per dimezzare la nostra bolletta elettrica”, ha detto.
Ciò significa più denaro nelle tasche della tribù e dei suoi abitanti. Nel corso dei 35 anni di vita del sistema fotovoltaico, il risparmio dovrebbe aggirarsi intorno ai 2,8 milioni di dollari.
Ma la tribù spokane ha appena cominciato. Abrahamson sta lavorando con un grande numero di collaboratori per portare nei territori tribali 980 kilowatt di energia solare nuova, una quantità sufficiente da renderla la principale fonte di energia per circa 140 delle 170 abitazioni della commissione edilizia.

Foto di Erick Doxey/InvestigateWest
I risparmi previsti grazie a quel progetto sono di circa 5,4 milioni di dollari nell’arco di 35 anni. Creerà anche nuovi apprendistati e alcuni posti di lavoro, più o meno quattro posizioni nella manutenzione, proprio come fece il precedente progetto solare della tribù.
Tim Willink, Diné, direttore del programma tribale presso l’organizzazione no profit di Oakland Grid Alternatives, creerà una squadra di nove installatori prevalentemente indigeni per aiutare con il progetto a Wellpinit e formare alcuni cittadini spokane nella “classe sul tetto”.
“Se alle persone piace questo lavoro e decidono di continuare in questo settore professionale, ciò aprirà sempre più porte e impieghi”, ha detto Willink. “Ma bisogna avere le conoscenze di base dell’energia solare, e se ci si sta occupando della parte di costruzione, quella è la maniera migliore di imparare”.
La presidente della tribù spokane Carol Evans ha affermato che la formazione e l’istruzione getteranno le basi per qualcosa di più grande, simile alla Navajo Tribal Utility Authority: un insieme di servizi per le energie rinnovabili appartenente alla tribù, chiamato Sovereign Power.
Sovereign Power è stato formato a fine anni ’90, ma non si è concentrato sulla produzione di energia rinnovabile fino al 2016. L’organizzazione ha assunto un membro della tribù come amministratore delegato e altro personale per realizzare “un impianto di energia solare su più grande scala” e un progetto per le biomasse, ha spiegato Evans.
“L’idea era che se dovevamo sviluppare la nostra organizzazione, allora avremmo dovuto svolgere un’impresa commerciale e allo stesso tempo garantire energia e servizi ai membri della nostra tribù e possibilmente ad altre persone fuori dalla riserva”, ha detto Evans. “Il che avrebbe creato dei posti di lavoro ben retribuiti”.
Ma i progressi sono stati lenti, ha detto.
“All’inizio, capendo che non eravamo noi gli esperti, abbiamo dovuto trovare chi lo fosse”, ha detto Evans. “E poi abbiamo scoperto che forse noi non avremmo avuto l’abilità finanziaria per costruire un tale progetto senza avere ripercussioni sugli altri servizi che offriamo ai nostri membri”.
“Quindi abbiamo deciso di fare un passo indietro e provare ad andare più lentamente, cominciando a piccoli step, e poi partire a costruire da lì”.
I progetti della nazione Navajo
Per 45 anni, la Navajo Generating Station, con i suoi 2,250 megawatt, ha bruciato innumerevoli tonnellate di carbone nelle terre Navajo fuori da Page, in Arizona, producendo energia che ha aiutato ad alimentare la rapida crescita del Sud-Est mentre però espelleva emissioni tossiche e carbonio dalle sue ciminiere di 236 metri.
Ha creato centinaia di impieghi per lavoratori indigeni e ha generato centinaia di migliaia di dollari per la riserva Navajo, che possiede la Navajo Transitional Energy Company, una delle più grandi società minerarie negli Stati Uniti.
Quindi quando l’azienda SRP, con sede a Tempe, in Arizona, che amministrava la struttura, l’ha chiusa nel 2019, gli effetti si sono sentiti in tutti i 43,500 chilometri quadrati della nazione Navajo.
Le chiusure hanno portato a una perdita di posti di lavoro per circa 1,000 persone, di cui la maggior parte erano cittadini della riserva Navajo. Inoltre, secondo Nez, presidente della tribù, ciò ha causato un calo dei ricavi previsti di quasi 50 milioni di dollari, obbligando la tribù ad attingere ai suoi risparmi.
Ora, con più miniere e centrali elettriche destinate a chiudere o a ridurre la produzione, si prevede che il calo del fatturato e la perdita di posti di lavoro nell’industria mineraria continuino. Ma la nazione Navajo sta un passo avanti, ha detto Nez.
Quando la SRP ha annunciato la chiusura della miniera di Kayenta, le costruzioni erano già in corso nell’impianto solare di Kayenta, vicino al luogo in cui un’importante miniera di carbone ha a lungo alimentato la Navajo Generating Station.
La Navajo Tribal Utility Authority ha terminato il progetto per l’energia solare nel 2017, prima della chiusura della miniera locale. L’azienda ha ultimato il lavoro nel secondo parco solare di Kayenta nel 2019, l’anno in cui la miniera ha chiuso i battenti.
Insieme, gli impianti solari di Kayenta si estendono per 365 acri e producono 55 megawatt di energia che fornisce elettricità sufficiente per 36,000 case della riserva Navajo, ha rivelato Nez. Secondo la NTUA, i progetti di costruzione hanno dato impiego a centinaia di persone, di cui quasi il 90% erano navajo, e hanno creato 9 milioni di dollari di stipendi.
Nez ha detto che il lavoro inerente agli impianti solari ha contribuito a compensare alcune delle perdite dovute alla miniera di carbone con nuovi impieghi ed entrate. Ha detto che la tribù sta lavorando per trarre vantaggio dalle opportunità delle energie pulite e per assicurarsi che i quasi 400,000 membri della riserva Navajo ne raccolgano i frutti.
Ciò permette anche alla tribù di avere il controllo del proprio futuro, ha spiegato.
La vecchia miniera di Kayenta era di proprietà di una multinazionale. E, mentre nella Navajo Generating Station la tribù aveva una piccola quota, l’impianto solare è “interamente di proprietà del popolo navajo”, ha detto Nez.
La tribù sta ora lavorando per equilibrare il suo storico legame con l’industria dei combustibili fossili mentre soddisfa la domanda crescente di energie rinnovabili.
“Abbiamo ancora carbone qui nella nazione Navajo”, ha affermato Nez. “Non ci priviamo delle nostre risorse naturali presenti sul territorio”.
Comunque, il governo della tribù ha da poco approvato un proclama che accoglie la transizione alle energie pulite, e le autorità prevedono che i nuovi progetti solari portino milioni di dollari di ricavo. I guadagni possono essere investiti nell’economia locale e in lavori che dureranno più a lungo del temporaneo lavoro di costruzione, ha detto Nez.
Glenn Steiger, consulente esecutivo e amministratore dei progetti solari per l’autorità responsabile dei servizi, ha detto che sta provando a estendere l’impiego nel settore edilizio prolungando i progetti nel tempo.
Ma i progetti non creeranno una quantità significativa di lavori a tempo pieno. Un progetto programmato a Cameron, in Arizona, garantirà 400 posti di lavori edili ma solo quattro posizioni a lungo termine, ha detto. A Kayenta, il progetto ha creato cinque posti di lavoro a tempo pieno a costruzione ultimata.
I dati suggeriscono che i progetti solari su larga scala a livello nazionale, come gli enormi impianti delle terre Navajo, creano una minima parte dei lavori prodotti a megawatt dalle installazioni residenziali, dove un numero relativamente basso di pannelli fotovoltaici vengono montati e l’energia viene mantenuta sul posto.
Nel corso del tempo, comunque, la nazione Navajo progetta di far crescere la sua competenza interna alla comunità così che sempre più funzioni amministrative vengano svolte dai cittadini della tribù, ha detto Steiger.
Anche in questo modo, il settore di energia rinnovabile dell’ente, conosciuto come NTUA Generation Inc., o NGI, avrà la manodopera di più o meno 15 dipendenti a tempo pieno una volta che i cinque progetti di impianti solari della nazione saranno completi.
Guardando al futuro
Salt, l’elettricista tirocinante, si considera “uno dei pochi fortunati” ad aver trovato un posto fisso nella crescente rete di progetti su larga scala per l’energia solare della riserva Navajo, e non ha alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire.
Si aspetta di finire il suo apprendistato e diventare un elettricista specializzato a giugno.
“Dopo questi 20 anni passati in autostrada, a vivere in hotel cercando di trovare soggiorni più lunghi, e stando lontano dalla mia famiglia, credo di aver fatto la mia parte”, ha detto Salt. “Sono qui. Sono a casa”.
E mentre è felice che la crescente rete solare della riserva Navajo gli abbia dato la possibilità di essere a casa ogni sera per cena – e di portare cibo in tavola – Salt è felice che anche qualcos’altro resti nei paraggi: l’energia generata dai pannelli solari che si stanno diffondendo rapidamente.
“Niente di tutto questo esce dalla riserv”, ha detto Salt a proposito dell’energia prodotta a Kayenta. “Rimane qui. Così da beneficiare molta gente qui, in tutta la riserva”.
Energie rinnovabili
Tribù di tutto il Paese stanno cominciando progetti per le energie rinnovabili su varia scala, seguendo ambizioni diverse. Ecco alcuni tra le decine di progetti ora in corso o che si stanno prendendo in considerazione:
- Nella costa nord-occidentale dello stato di Washington, la nazione Lummi sta mettendo in atto un ambizioso piano di energia strategico che intende aumentare il rendimento energetico e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
- In Idaho, la tribù Nez Perce ha recentemente installato una batteria di grandi dimensioni per preservare l’energia acquisita dalla sua rete in espansione di pannelli solari.
- Nell’Olympic Peninsula di Washington, la tribù indiana Quinault sta lavorando all’aggiunta di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo elettrico come parte di un programma più ampio che prevede il trasferimento di Taholah Village, che è casa per 175 abitazioni, 600 persone, e molti edifici della comunità, soprattutto a causa della minaccia rappresentata dall’innalzamento dei livelli del mare, risultato del riscaldamento globale.
- In Nevada, a circa 30 miglia a nord di Las Vegas, la Moapa Band di Paiutes ha completato e si sta dedicando a molti progetti di energia solare su larga scala, con il fine di reinvestire il ricavo in altre opportunità economiche. La costruzione di tutti questi pannelli solari ha già “dato impiego a praticamente tutti i membri della tribù in grado di lavorare,” secondo Terry Bohl, il direttore operativo della tribù (di cui non fa parte).
- A sud-ovest, la riserva Navajo sta costruendo un gran numero di impianti solari su larga scala nel corso della transizione dal carbone alle energie rinnovabili.
- Nella parte orientale di Washington, la tribù Spokane ha ultimato un progetto solare che ha aggiunto pannelli fotovoltaici a case di riposo e edifici comunitari, e ha l’intenzione di cominciare presto un secondo progetto per aggiungere solari residenziali ad unità abitative a basso costo.
- In Montana, i Northern Cheyenne stanno lavorando con un’associazione no profit per aggiungere pannelli solari agli edifici e alle residenze della comunità mentre sviluppa le potenzialità per costruire un impianto solare.
- In Florida, la tribù Seminole sta sviluppando progetti solari pensati per aumentare la sovranità indigena, ridurre i costi dell’energia e creare posti di lavoro.
- In Alaska, l’Igiugig Village Council ha installato in un fiume ricco di salmone un sistema a turbine a che crea energia idroelettrica senza dover costruire una diga e senza nuocere ai pesci.
- In Nord e Sud Dakota, sei tribù —i Cheyenne River Sioux, i Flandreau Santee Sioux, gli Oglala Sioux, i Rosebud Sioux, gli Standing Rock Sioux, e gli Yankton Sioux—stanno lavorando con una società privata, l’Apex Clean Energy, per sviluppare un paio di grandi parchi eolici nelle riserve Oglala e Cheyenne River. Le strutture dovrebbero produrre fino a 2 gigawatt di energia, sufficienti per alimentare quasi 1,5 milioni di abitazioni.
Questa storia è parte di una collaborazione dal Rural News Network, dell’Institute for Nonprofit News, in associazione con i membri INN Indian Country Today, Buffalo’s Fire, InvestigateWest, KOSU, New Mexico In Depth, Underscore, e Wisconsin Watch, insieme ai partner Mvskoke Media, Osage News, e Rawhide Press. Logo della serie di Mvskoke Creative. Il progetto è stato reso possible grazie al supporto della Walton Family Foundation. InvestigateWest è una testata senza scopo di lucro che si occupa di giornalismo investigativo nel nord-ovest del Pacifico.
Foto di copertina: FOTO OFFERTA DALLA NAVAJO TRIBAL UTILITY AUTHORITY/NAVAJO NATION
Gli impianti a energia solare di Kayenta, nella Riserva Navajo, mostrati qui nel 2019, si estendono per 365 acri e producono 55 megawatt di energia, che fornisce elettricità sufficiente per 36,000 case. Energie rinnovabili come quella solare stanno attirando sempre più l’attenzione delle comunità tribali, che le vedono come opportunità per creare i lavori del futuro.