parto nascituro

Il problema dei cesarei persiste: alto il tasso che colpisce il Sud degli Stati Uniti

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese su KHN.
L’autrice, Lauren Sausser, è basata a Charleston, Carolina del Sud.

Traduzione di Gabriella Vignoli


Julia Maeda aveva sempre saputo di volere un parto naturale. Per lei questo significava averlo in ospedale, per via vaginale e senza epidurale per alleviarne dolore.

Era la sua prima gravidanza e, nonostante fosse un’infermiera, lavorava con pazienti malati di cancro e non con bambini o madri in travaglio: “non avevo davvero idea di quello che mi aspettava”, ha detto Maeda, 32 anni. “Non mi ero preparata molto ”.

Il Mississippi, suo Stato natale, ha il più alto tasso di tagli cesarei negli Stati Uniti: quasi 4 donne su 10 partoriscono tramite cesareo. Lo stesso è stato per Maeda nel 2019 quando, a due settimane dalla data presunta del parto, il medico le si è avvicinata al suo letto durante il travaglio.

“Non c’è segno di sofferenza fetale, ma non vogliamo che tu o il tuo bambino ci arriviate; quindi, bisogna che iniziamo a considerare il cesareo”. Queste le parole del medico che Maede ricorda. “Ero veramente scoraggiata. A quel punto potevo solo acconsentire”.

Il parto cesareo talvolta è necessario ed è persino un salvavita, ma esperti di salute pubblica sostengono da tempo che troppi interventi eseguiti negli Stati Uniti non lo sono. Sottolineano come si tratti di un intervento chirurgico importante, accompagnato da rischi significativi e da un prezzo elevato.

Secondo gli ultimi dati dei Centers for Disease Control and Prevention, il 31.8% di tutte le nascite avvenute nel 2020 sono parti cesarei, con un lieve aumento rispetto al 31.7% dell’anno precedente. La percentuale è però vicina al picco del 2009, quando il tasso era al 32.9%. Non viene poi preso in considerazione che le statistiche erano ben più alte in molti altri stati, specialmente in quelli del Sud. 

Qui il tasso di tagli cesarei si è mantenuto costante e, nonostante gli appelli per una loro riduzione, Stati come Alabama e Kentucky hanno presentato persino un leggero aumento dei casi. Nonostante la pandemia abbia posto nuove sfide per le donne incinte, alcune ricerche suggeriscono che il tasso di tagli cesarei negli USA è rimasto invariato e ostetriche e altri esperti considerano gli alti valori come un problema ormai fuori controllo.

Stati come California e New Jersey hanno ridotto i casi con una serie di strategie, come  la condivisione dei dati riguardanti i tagli cesarei con dottori e ospedali. Ma la questione si è rivelata difficile altrove, soprattutto nel Sud e in Texas, dove le donne sono generalmente meno in salute  a inizio gravidanza e i problemi di salute materna e infantile sono tra i più alti in tutto il Paese.

“Dobbiamo ripensare le nostre idee sul parto cesareo”, ha detto la dottoressa Veronica Gillispie-Bell,  ginecologa a capo del Louisiana Perinatal Quality Collaborative, un gruppo di ospedali impegnati a diminuire il tasso di cesarei in Louisiana . “È una procedura che salva la vita, ma che comporta anche dei rischi”.

La dottoressa Gillispie-Bell ha spiegato come il taglio cesareo, come ogni altra operazione, crea tessuto cicatriziale, anche nell’utero, e potrebbe causare complicazioni in caso di future gravidanze o di operazioni all’addome. Inoltre, i tagli cesarei comportano solitamente un prolungamento sia del periodo di ricovero sia di convalescenza e aumentano le probabilità di infezione. Anche i nascituri vanno incontro a dei rischi, poiché potrebbero essere tagliati o graffiati durante l’incisione. 

Nonostante questa procedura sia talvolta necessaria, molti nel settore della sanità affermano che si sia abusato di queste operazioni in più occasioni. In particolare, le donne afroamericane hanno più probabilità di dare alla luce il proprio bambino attraverso un parto cesareo, più di ogni altro gruppo etnico nel Paese. Spesso sia gli ospedali che intere regioni presentano importanti e inspiegabili variazioni in questi valori.

“Se stai partorendo nella contea di Miami-Dade hai il 75% di possibilità in più rispetto alla Florida settentrionale di avere un taglio cesareo”, ha spiegato il dottor William Sappenfield, ginecologo e epidemiologo dell’Università del South Florida e studioso dei tassi di taglio cesareo dello stato.

Alcuni studiosi dicono che le statistiche aumentano poiché le madri, e non i dottori, richiedono la procedura. Ma la dottoressa Rebekah Gee, ginecologa ed ex-segretaria del dipartimento della Salute in Louisiana, afferma di aver assistito a picchi di tagli cesarei tra le 16.00 e le 17.00 del pomeriggio, orario in cui i medici tendono a voler andare a casa.

Ha diretto numerose iniziative per migliorare i risultati delle nascite nello Stato, tra le quali il livellamento dei tassi di pagamento da parte di Medicaid agli ospedali per i parti vaginali e i cesarei. Nella maggior parte dei casi, i cesarei sono significativamente più costosi dei parti vaginali, il che rende gli alti tassi di cesarei non solo una preoccupazione per le future mamme, ma anche per i contribuenti.

Secondo l’associazione non-profit KFF, Meidcaid paga il 60% di tutte le nascite in Louisiana e circa la metà di quelle nella maggior parte degli Stati meridionali, scontrandosi con il 42% del livello nazionale. C’è una ragione per cui alcuni Stati – inclusi Louisiana, Tennessee e Minnesota – hanno cercato di affrontare i tassi elevati di taglio cesareo cambiando quanto Medicad paga per queste prestazioni. Ma solo una riforma dei pagamenti non è abbastanza, dice Gee.

“C’è stato un medico nella Louisiana centrale che stava facendo tagli cesarei e cesarei indotti  più  di chiunque negli Stati Uniti”, ha detto. “Quando hai una cultura come quella, è difficile abbandonarla”.

Secondo Linda Schwimmer, presidente e CEO del New Jersey Health Care Quality Institute, molti dottori e ospedali non conoscono nemmeno il loro tasso di taglio cesareo. Condividere queste informazioni tra di loro- e renderle pubbliche- ha messo alcune strutture in una posizione scomoda. Alla fine, ha però funzionato: la frequenza dei parti cesarei nei casi di madri al loro primo figlio e con gravidanza a basso rischio è calata da un 33.1% iniziale del 2013  a un 26.7% sei anni dopo l’inizio della condivisione dei dati e di altre iniziative.

Il New Jersey Health Care Quality Institute e altri gruppi simili nel Paese si sono concentrati sul ridurre una sottocategoria tra i tagli cesarei chiamata “nullipara, a termine, singola e di vertice”, ossia operazioni su madri alla prima gravidanza a termine che partoriscono un singolo neonato, posizionato con la testa rivolta verso l’utero. 

È importante registrare i cesarei appartenenti a questa categoria perchè le donne che si sottopongono a questa operazione alla loro prima gravidanza hanno il 90% di possibilità di averne un’altra nelle gravidanze successive. Negli Stati Uniti il tasso di tagli cesarei era al 25.9% nel 2020 e al 25.6% nel 2019.

Il dottor Elliott Main, specialista materno-fetale dell’Università di Stanford e direttore medico della California Maternal Quality Care Collaborative, è coautore di un documento pubblicato lo scorso anno su JAMA che illustra gli interventi adottati in California, abbassando il tasso di parti cesarei nella categoria sopracitata dal 26,0% nel 2014 al 22,8% nel 2019. A livello nazionale, il tasso è rimasto invariato nello stesso  periodo.  

Lasciare che le madri siano in travaglio per un lasso di tempo maggiore prima di fare ricorso alla procedura chirurgica  è importante, ha spiegato.

La cervice deve essere dilatata di 10 centimetri prima che una donna possa partorire. L’inizio del “travaglio attivo” era un tempo fissato a 4, ma in tempi più recenti è stato spostato a 5-6 centimetri.

“Le madri arrivano in ospedale troppo presto” ha detto Toni Hill, presidente del Mississippi Midwives Alliance. “Se ti presenti in ospedale con 2 o 3 centimetri, potresti rimanere in quello stato per settimane. Non lo considero nemmeno travaglio”.

Troppo spesso, ha detto, le donne in stadio iniziale di travaglio finiscono per essere indotte e partoriscono con un cesareo.

“A questo punto è come se il cesareo fosse concesso e dato via come un lecca-lecca”, ha detto Patricia Washington, una doula di Jackson, Mississippi. Le doula, anche se non parte del personale sanitario, sono lavoratrici formate nell’aiuto ai genitori prima, durante e dopo il parto.

Lo Stato di Washington lavora con una associazione non-profit, la Jackson Safer Childbirth Experience, che paga le doula perché aiutino le madri in dolce attesa nella regione. Medicaid offre in stati come il Kentucky alcuni programmi per il rimborso dei servizi offerti dalle doula: secondo alcuni studi la loro presenza riduce il tasso di tagli cesarei. La California sta cercando di introdurre lo stesso servizio per i suoi assistiti Medicaid.

Nel 2020, quando Julia Maeda è rimasta di nuovo incinta, ha pagato di tasca sua una doula che la potesse assistere durante il parto. Avere il suo primo figlio tramite il parto cesareo è stata una esperienza “traumatica dal punto di vista psicologico ed emotivo”, ha raccontato.

Ha detto al suo ginecologo che voleva un VBAC, un parto vaginale dopo aver precedentemente avuto un cesareo, ma al sentire della pratica, il dottore ha scosso la testa e risposto “non è una buona idea”.

Lei ha avuto un VBAC comunque. Maeda dà il merito alla sua doula per averlo reso possibile.

“Forse la sua presenza ha fatto capire al personale infermieristico che si trattava di una cosa che volevo fare sul serio”, ha detto Maeda. “Vogliono che tu abbia il tuo bambino durante l’orario di lavoro. Ma la natura non funziona in questo modo”.

Foto di copertina: ISTOCK / GETTY IMAGES

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