lezione scuola

L’importanza dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole

I risultati delle elezioni politiche italiane del 25 settembre 2022 mostrano la vittoria della coalizione di destra guidata da Giorgia Meloni, leader di Fratelli di Italia. Leggendo il suo programma politico salta subito all’occhio la mancanza di proposte volte alla tutela dei diritti civili, che vengono invece citati nei programmi elettorali dei partiti di sinistra, seppur con qualche differenza tra di loro.

L’ascesa al governo dei partiti di destra, quindi, renderà sicuramente più difficile riconoscere e garantire tutta una serie di libertà e diritti, in particolare nei confronti di donne, migranti, persone LGBT+. In questo quadro si inserisce la petizione lanciata da Flavia Restivo, Isabella Borrelli e Andrea Giorgini per l’introduzione dell’educazione sessuale, affettiva e alla parità di genere nelle scuole.

La proposta

Inizialmente pensata per la regione Lazio, quando Restivo e Borrelli erano candidate in Consiglio comunale a Roma durante le elezioni comunali del 2021, la proposta si è estesa all’intero territorio nazionale, raccogliendo più di 35mila firme su Change.org.
“Esaurito il percorso della campagna elettorale a Roma e con gli accadimenti nazionali, quindi con la crisi di governo, abbiamo capito che era importante passare a livello nazionale. Anche perché erano state tante le persone che nel corso della campagna avrebbero voluto sostenerla ma non erano nella regione Lazio”, spiega Isabella Borrelli a The Bottom Up. “Vorremo fare arrivare il messaggio in modo più profondo, non vogliamo farla diventare una battaglia di bandiera ma di civiltà”, commenta Flavia Restivo. L’idea sarebbe quella di inserire l’educazione all’affettività nel programma delle scuole elementari, mentre per le scuole medie e superiori è prevista l’educazione sessuale e affettiva. Le lezioni sarebbero tenute da esperti, quindi da uno psicologo che possieda il titolo di sessuologo clinico. Inoltre, si vorrebbe istituire anche uno spazio per ogni scuola dove sia possibile il dialogo tra lo studente e l’esperto di educazione sessuale, e rendere disponibili online una serie di risorse sul tema affinché vengano consultate da studenti, genitori e insegnanti. Secondo Borrelli, avere la possibilità di parlare con un esperto di educazione sessuale “potrebbe aiutare a contrastare una serie di fenomeni e problematiche”.

In Italia

Il report Policies for Sexuality Education in the European Union (2013), pubblicato dal Parlamento europeo, mostra come “un’insufficiente educazione alla sessualità porta a un aumento di tassi di gravidanze in età adolescenziale e a un maggior numero di persone affette da AIDS e malattie sessualmente trasmissibili”. Motivo per cui, si legge nel testo, l’educazione sessuale impartita ai giovani deve essere considerata come uno strumento utile a prevenire questi effetti negativi. Nello stesso rapporto viene tracciato il quadro dell’insegnamento di educazione sessuale negli Stati europei: non emerge uno scenario eterogeneo, dal momento che ogni paese può scegliere se adottare o meno tale insegnamento nei programmi scolastici. Ma se nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea tale materia è obbligatoria, l’eccezione è rappresentata da Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania.

In Italia tutte le proposte di legge avanzate a partire dal 1975 per introdurre l’educazione sessuale in ambito scolastico non si sono mai concretizzate. Nel sito del Ministero dell’Istruzione non sono presenti accenni alle tematiche di educazione sessuale nei programmi scolastici di ogni ordine e grado. Le singole regioni possono decidere di destinare fondi per istituire dei programmi di educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole che vengono tenuti da figure esterne all’ambito scolastico: si tratta di professionisti come medici, psicologi e biologi. La psicologa e sessuologa Sara Rosato svolge da diversi anni lezioni di educazione sessuale e affettiva all’interno del territorio fiorentino e, in un’intervista a The Bottom Up, conferma che “all’interno delle scuole si entra grazie al Comune di riferimento o tramite associazioni, ma non si può parlare di omogeneità in ogni luogo d’Italia. Progetti di questo tipo si possono realizzare solo grazie alla sensibilità del genitore, dell’insegnante e della scuola”.

La richiesta di studenti e studentesse

“Durante le superiori non abbiamo mai affrontato in classe lezioni di educazione sessuale” afferma Giuditta, che ha da poco terminato il liceo. “L’ultimo anno delle superiori abbiamo chiesto alla professoressa di scienze di farne almeno una. Dopo averci fatto intendere che queste cose le dovevamo già sapere, anche se nessuno ce le aveva mai spiegate, ha detto che non potevamo fare pretese di questo tipo perché eravamo indietro con il programma scolastico”, prosegue.

L’esperienza di Giuditta suggerisce che gli studenti e le studentesse sono pronti ad affrontare lezioni di educazione sessuale. Questo è confermato dall’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per comprendere le conoscenze, attitudini e comportamenti riguardo alla salute sessuale e riproduttiva di alunni delle scuole superiori. Emerge chiaramente come le ragazze e i ragazzi riconoscono alla scuola un ruolo formativo anche sui temi della sessualità e salute riproduttiva. Solo il 6% di loro ritiene che la scuola non debba occuparsi in materia, mentre il 50% che si debba garantire l’informazione su sessualità e riproduzione fin dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima. Tra coloro che vorrebbero fosse la scuola a dare informazioni, il 63% preferirebbe che fosse ad occuparsene personale esterno alla scuola, il 36% altri docenti/esperti interni alla scuola e il 22% i propri insegnanti.

Sono dati che non possono essere ignorati. Sara Rosato conferma l’importanza di svolgere lezioni di educazione sessuale e affettiva nelle scuole, preferibilmente ogni anno attraverso un progetto limitato nel tempo ma continuativo. “La mia esperienza professionale e il confronto con genitori e insegnanti mi dicono che sarebbe importante inserirla nelle scuole di ogni ordine e grado, a seconda di quella che è l’istruzione, rispettando le esigenze dei bambini e dei ragazzi. Ma è importante insegnare fin da subito concetti come il rispetto delle differenze individuali e il consenso, per prevenire comportamenti di violenza e abuso”, spiega la psicologa. All’età di 8-9 anni i bambini e le bambine inizino a porsi delle domande riguardo al ciclo mestruale e sulle differenze tra il proprio corpo e quello di bambini di sesso diverso. Con il crescere dell’età, le domande si spostano su tutta la sfera dell’autostima e su come entrare in relazione con l’altra persona, ma anche sull’ orientamento sessuale e sulle malattie sessualmente trasmissibili. “Mi sono resa conto che i ragazzi conoscono molti più termini e concetti rispetto agli adulti perché ora grazie alla facilità di reperimento di informazioni tramite web è più facile mettersi in contatto con concetti e termini legati alla comunità LGBT+ e alla sessualità in generale. C’è interesse, ma c’è anche il rischio che si faccia confusione”.

La campagna di Restivo, Borrelli e Giorgini punta proprio a portare nelle scuole le informazioni e le nozioni utili alla crescita degli studenti e delle studentesse.“Ritengo che l’educazione sessuale e affettiva non sia un tema divisivo, dovrebbe avere supporto da qualsiasi partito a livello trasversale, senza strumentalizzazioni e piccoli dibattiti di piccola natura su cose che non esistono”, conclude Borrelli.

Francesca Neri

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