Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.
Così Italo Calvino descrive Leonia, una delle città invisibili dove un consumismo esasperato produce montagne di rifiuti, nonostante l’incapacità di smaltirli. Leonia non è solo un’invenzione, è realtà, una realtà ben visibile. Montichiari è una città di 26.000 mila abitanti, 11 discariche ufficialmente autorizzate e circa 11 siti abusivi rintracciati.
Dalle cave alle discariche, dagli anni 80 un passaggio approvato per legge
La città si estende su un’area pianeggiante e, grazie alla peculiare conformazione del territorio, sin dal Novecento inizia ad ospitare cave, soprattutto di ghiaia e sabbia, per rispondere alle richieste del boom edilizio. Le cave, terminati i lavori di estrazione, lasciano grandi spazi da riempire che richiamano l’interesse dei privati per realizzare discariche. Questa attività, inizialmente svolta senza alcuna regolamentazione, solo successivamente segue un iter di approvazione secondo la normativa sulla gestione dei rifiuti speciali emanata nel 1982, quattro anni dopo la normativa europea. Con la pratica legalizzata i proprietari sostituiscono il ripristino ambientale e contestuale delle cave con l’insediamento di discariche, attività particolarmente remunerativa. Sfruttando lo stesso suolo per due attività ambientalmente impattanti, le cave portano profitto in due sensi opposti, nell’escavazione di materie prime e nel riempimento di rifiuti. Così il paese è cambiamento drasticamente e da pianeggiante si è fatto collinare, non il frutto di assestamento geologico, bensì il risultato di una stratificazione progressiva di rifiuti su rifiuti.

Ed ecco che a partire dagli anni 80 sono sorti a Montichiari, soprattutto nella frazione di Vighizzolo a poche centinaia di metri dalle abitazioni, gli 11 siti autorizzati dalla Provincia di Brescia o da Regione Lombardia che nel 1986 autorizza l’apertura del primo impianto, Pulimetal, con 1.800.000 mc di rifiuti speciali pericolosi e tossico nocivi. Le amministrazioni locali, dopo la normativa del 1982, non sono in teoria responsabili delle autorizzazioni concesse per discariche contenenti rifiuti speciali o pericolosi: il ruolo del Comune si limita a un parere consultivo.
ANNO DI AUTORIZZAZIONE | SITO | TIPOLOGIE DI RIFIUTI | METRI CUBI STIMATI (2018) |
1986 | Pulimetal | Speciali pericolosi e tossico nocivi | 1.800.000 mc |
1988 | Montiriam 1 | Speciali pericolosi e tossico nocivi | 439.000 mc |
1990 | Montiriam 2 | Speciali pericolosi | 187.000 mc |
1996 | Seac 1 | Rifiuti inerti e contenenti amianto | 136.773 mc |
ASM-APRICA, attuale A2A | Rifiuti solidi urbani ed assimilati | 3.530.000 mc | |
Valseco 1-Systema Ambiente ampliata con Valseco 2 nel 2003 | Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi | 2.878.370 mc | |
2001 | Seac 2 | Rifiuti inerti e amianto | 99.690 mc |
2009 | Ecoeternit | Rifiuti non pericolosi e rifiuti contenenti amianto | 867.000 mc |
Gedit | Rifiuti speciali non pericolosi | 944.000 mc | |
Edilquattro (ex Bernardelli) | Rifiuti non pericolosi, inerti | 870.000 mc |
In aggiunta a queste discariche censite, si registrano almeno 11 siti abusivi, tra cui ex discariche, ex cave, ex fontanili dismessi. Tra i siti contaminati, contenenti rifiuti speciali, pericolosi, tossico nocivi o inerti, i più significativi sono Cava Accini Mario, Cava Baratti Ugo, Cava Bicelli e Discarica Bonomi, l’unica bonificata.
Dall’impegno cittadino al fattore di pressione
L’apertura dei siti, le autorizzazioni e la progressiva compromissione dell’area non sfuggono a molti cittadini che, riuniti nella difesa del territorio, danno vita nel 2010 al comitato SoS Terra Montichiari contro la richiesta di Aspireco Srl di creare un impianto di trattamento e recupero rifiuti con amianto.
Nello stesso anno si verifica un caso singolare in occasione della promozione dell’apertura di Ecoeternit, discarica con amianto. Come ricorda lo storico Marino Ruzzenenti, solo a Montichiari viene distribuito un opuscolo informativo pubblicato da Gaia, un’associazione ambientalista milanese, la prefazione è di Davide Belotti, assessore regionale al Territorio, e di Stefano Dotti, assessore provinciale all’Ambiente. All’interno del testo si promuove il collocamento di amianto in discarica controllata e in sicurezza, una proposta non condannabile a priori, in quanto lo smaltimento di amianto, minerale con effetti cancerogeni, è particolarmente delicato e la scelta di collocarlo in discarica controllata è conforme alla legge.

Ciò che non si comprende è invece la scelta di collocare l’impianto proprio a Montichiari. Una domanda, sollevata tra gli ambientalisti, rimane senza risposta: come è possibile che un’associazione ambientalista possa collaborare in un progetto di questo tipo in un territorio già molto provato in termini di degrado ambientale?
È 13 luglio 2012 un tir diretto alla Ecoeternit perde parte del carico poco prima di arrivare in discarica, su segnalazione di un cittadino, intervengono Asl e Arpa che constatano la non conformità nel trattamento dell’amianto: “gli E.T. in pessima salute” anziché essere trattati da entrambi i lati, lo sono solo da un lato. Racconta l’episodio a The Bottom Up il presidente di SoS Terra, Gigi Rosa: “Se non ci fossimo accorti? Chissà quante cose non sappiamo” mostrando gli impianti collocati uno accanto all’altro. Rosa fa notare che non solo la quantità di discariche è problematica ma anche la loro disposizione: “I passaggi, le autorizzazioni, venivano approvati senza ulteriori ricerche relative al territorio e senza osservare l’impatto cumulativo. Sono tanto vicine che spesso i confini tra di esse sono poco definiti.” E questo rende difficile stabilire la responsabilità dei singoli impianti per eventuali danni futuri.

I danni al territorio diventano sempre più evidenti: SoS terra e il Comune di Montichiari finanziano uno studio ambientale per analizzare le criticità del Comune e dei paesi limitrofi, misurando lo stato di salute dell’aria, dell’acqua e del suolo. L’anno successivo, i risultati dello studio ambientale e le criticità rilevate emergono in Consiglio Regionale, dove si propone una mozione per identificare un limite di sopportazione per il territorio. Il limite viene stabilito nel 2014, anno di approvazione di un importante, quanto controverso, fattore di pressione. L’indice stabilisce un limite di 160.000 metri cubi di rifiuti per chilometro quadrato, con lo scopo di evitare la realizzazione di nuove discariche nelle aree già ad elevata concentrazione di impianti ed evitare l’ampliamento di quelle esistenti.
La discarica Edilquattro S.r.l si vede rigettata la richiesta di ampliamento dalla Provincia, proprio sulla base del fattore di pressione. Edilquattro fa ricorso al TAR di Milano, chiedendo l’annullamento del fattore di pressione. Il TAR concorda con la società stabilendo che non spetta alla Regione porre limiti di conferimento di rifiuti nelle discariche, di competenza nazionale. Regione, Provincia, Comuni, Comitati e Associazioni ricorrono al Consiglio di Stato che nel 2016 accoglie il ricorso contro Edilquattro, riforma la sentenza del TAR e difende il fattore di pressione.
Malori dei bambini, sospetti di infiltrazioni mafiose
Nonostante il raggiungimento di un traguardo importante, altre complicazioni rimangono e nell’ottobre dello stesso anno alcuni alunni della scuola elementare di Vighizzolo vengono portati in ospedale per malori legati a difficoltà nella respirazione. Nel comunicato rilasciato da Arpa non viene rilevata alcuna criticità da ricondurre alla presenza di discariche limitrofe e non viene rintracciata una causa scatenante i malori, si pensa piuttosto alla combinazione di fattori eterogenei come biogas, reflui, impianti nelle vicinanze, la strada appena asfaltata. Le cause sfuggenti non bastano alla popolazione, convinta della responsabilità di alcuni impianti nella vicenda, per cui l’indignazione si esprime in protesta il 24 novembre davanti all’Ats. Nel corteo spicca la presenza del neo-nato Tavolo Basta veleni, un coordinamento democratico e rappresentativo di tutti i Comitati e le Associazioni che si occupano nella provincia di ambiente e tutela della salute.
Mentre la Procura nazionale antimafia si focalizza sempre di più sulle attività illecite connesse al ciclo di rifiuti nella Provincia di Brescia, nel 2016 Montichiari diventa un caso noto anche a livello mediatico, complici le dichiarazioni di Nunzio Perella, pentito di Camorra, rilasciate alla trasmissione Nemo. “Ho cominciato negli anni ’60, ma sono stato subito chiaro: io non faccio droga e omicidi, io faccio la monnezza. Perché la monnezza è oro. […] Ah, il Nord è davvero molto rovinato. I rifiuti li abbiamo portati solo in Lombardia, fino al 1987.[…] Montichiari? Me la ricordo bene e così Ospitaletto, Castegnato, Rovato. Fino a Mantova siamo arrivati. Dappertutto. Tutte le cave che stanno lì, guarda, son tutte piene. State peggio di noi, siete più rovinati di noi”.
Nel 2017 le dichiarazioni di Nunzio Perella vengono giudicate infondate in un comunicato seguito all’audizione del 13 settembre della procura di Brescia da parte della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Tuttavia durante l’audizione interviene il procuratore aggiunto Sandro Raimondi definendo Brescia nuova terra dei fuochi: “Abbiamo capito che c’è stata proprio un’inversione di rotta, nel senso che dal sud al nord viene effettuata questa attività di illecito trattamento e di illecito commercio, che ha fatto divenire Brescia e le zone limitrofe, a mio modo di vedere, una nuova Terra dei fuochi”.
Critiche al fattore di pressione
Nel frattempo il fattore di pressione subisce una modifica più stringente con lo scopo di evitare situazioni gravi come Montichiari. Si definisce un nuovo fattore di pressione areale che stabilisce il volume massimo di rifiuti conferibili in discarica su un territorio di 78 chilometri quadrati, mentre l’indice di pressione comunale viene ridotto a 145 mila metri cubi per chilometro quadrato, i limiti imposti dai due valori, presi anche singolarmente, non possono essere superati. L’indice è oggetto di lodi e critiche, tra chi lo definisce una conquista di tutela per il territorio e chi lo interpreta come una soluzione arrivata a posteriori da rendere più stingente perché, di fatto, si focalizza solo sulle discariche e non si conteggiano tutti gli impatti cumulativi nel territorio. In merito Laura Corsini, esponente del Comitato Cittadini di Calcinato, ha così commentato a The Bottom Up: “La legge regionale non eccelle nel tutelare il territorio. L’indice di pressione tutela le zone che hanno già superato l’indice, che hanno già interrato rifiuti in quantità eccessive. Pretendere che i comuni limitrofi arrivino al limite imposto dall’indice di pressione è assurdo. L’indice tutela i territori che sono già oltre, come Montichiari e Calcinato”.
Quel che resta: bonifiche, post gestioni, responsabilità mancate
Se a Montichiari non si aprono più nuove discariche, grazie al fattore di pressione, il problema non si risolve completamente ma trasla sulla gestione futura di quelle esistenti e su attività impattanti di altro tipo. Negli ultimi anni, gli impianti autorizzati sono per la maggior parte in fase di chiusura e i proprietari dovrebbero rispettare quanto concordato negli accordi di autorizzazione con Comune, Provincia, Regione.
Tuttavia, questo processo non avanza senza complicazioni. Per esempio, nel 2017 la discarica di proprietà di A2A, contenente circa 3 milioni e mezzo di metri cubi di rifiuti, in fase di chiusura presenta una serie di modifiche ai patti stabiliti. In particolare, chiede di sostituire il terreno vergine, da utilizzare per la copertura, con terreno a uso commerciale ed industriale, con presenza di scorie nere di acciaieria e concentrazioni soglia di inquinanti molto più elevate rispetto al terreno a uso pubblico, privato o residenziale. Questa modifica sarebbe passata inosservata se non fosse che Legambiente Montichiari e SoS Terra si accorgono del cambiamento sostanziale e sollecitano il Comune di Montichiari a fare ricorso per mantenere quanto precedentemente stabilito.
Come in questo caso, sono spesso i controlli quotidiani, realizzati dal basso, da singoli cittadini o comitati a segnalare illeciti e molti fenomeni sospetti per poi contattare gli organi di controllo affinché vadano a verificare quanto hanno riscontrato. L’inefficacia dei controlli che anziché prevenire intervengono solo a posteriori, è un tema molto sentito da chi si impegna ogni giorno per vigilare. In tutta la Provincia mancano personale e risorse a disposizione, come racconta Luciano Gerlegni, presidente di Legambiente Montichiari: «Come Legambiente insistiamo sulla necessità di maggiore personale degli enti di controllo: soprattutto nella nostra provincia con molte discariche e moltissimi impianti per lavorazione dei rifiuti che spesso vengono investiti da incendi. È necessario personale tecnico, preparato e numeroso».
I problemi legati alla fase di chiusura degli impianti non si limitano a episodi sporadici, e laddove si rilevano incongruenze con quanto pattuito servono molto tempo e molti soldi per intervenire e fare rispettare gli accordi. Oltre al fantasma di siti mai bonificati, si susseguono molti ricorsi da parte delle aziende per ampliare volumetria e richiedere più tempo nelle fasi di copertura. Le due cose sono legate: i siti non vengono definitivamente sigillati nella speranza che l’ennesimo ricorso possa portare al conferimento di nuovi rifiuti. Per esempio, lo ha fatto quest’anno Gedit con la richiesta di aumentare volumetria e allungare i tempi di dismissione.
Quella attuale è una situazione in sospeso tra un passato impossibile da modificare, un presente che risente di scelte sbagliate con tentativi di tamponare quanto già successo e un futuro che deve guardare a piani di recupero del territorio, che non sembrano arrivare mai.
Montichiari è solo un pezzo del bresciano
Nel nuovo rapporto ISPRA 2022, relativo ai dati raccolti nel 2020, Brescia spicca per il numero di discariche attive, 12, di cui 4 a Vighizzolo, in cui si smaltiscono circa 1 milione 724 mila tonnellate di rifiuti. La situazione nelle altre province lombarde è molto diversa: per esempio, a Milano, Varese, Cremona, Mantova è attiva una sola discarica, a Lecco e Lodi non vengono conferiti rifiuti in discarica. Non solo, da un’analisi sulla criminalità ambientale in Lombardia pubblicata da Legambiente Lombardia, la provincia di Brescia si distingue a livello regionale per illeciti nel settore rifiuti, cemento e contro l’ambiente.
Sarebbe sbagliato ricondurre tutte le criticità ambientali alla gestione dei rifiuti in discarica, il problema è ben più esteso: A Brescia è presente uno dei più grandi inceneritori d’Europa, il maggior numero di siti radioattivi in Italia, numerosi impianti di trattamento rifiuti e aziende particolarmente inquinanti, il caso Caffaro, sito di interesse nazionale inquinato da diossine e PCB è un richiamo alle ricadute ambientali dell’attività umana e alle difficoltà nel recupero e nelle bonifiche. Si aggiunge anche un’elevata concentrazione di allevamenti intensivi: secondo un’analisi del 2016 dell’associazione Essere Animali, a Brescia ci sono più maiali che abitanti. Nel frattempo, sullo sfondo rimane una domanda che non sembra trovare risposte adeguate: quanto e come impatta il degrado ambientale sulla salute umana? Il nesso causale è difficile da dimostrare in mancanza di indagini precise, tuttavia l’incidenza di tumori e diverse patologie è più alta qui rispetto ad altre zone e da un’analisi del Lancet Planetary Health Journal Brescia risulta la città con la più alta mortalità per polveri sottili in Europa.
La crescita economica o la volontà di raggiungerla sono andate di pari passo al deterioramento ambientale, alla degradazione paesaggistica e all’inquinamento di suolo, acqua e aria.
Fabiola Marini
Foto Copertina: Mattia Marzorati (domusweb)