Tommy Hilfiger moda inclusiva

La moda inclusiva: un’attenzione verso le persone disabili o mera strategia commerciale?

Nella settimana tra il 22 e il 28 febbraio 2022 si è svolta la Fashion Week di Milano, che quest’anno ha dedicato parte della sua attenzione a tematiche legate alle moda inclusiva. Il brand Annakiki, ad esempio, ha fatto sfilare la modella Lauren Wasser con un paio di protesi dorate, mentre lo scorso settembre alla Fashion Week di New York, per il brand Moschino aveva sfilato la modella Aaron Rose Philip, costretta sulla sedia a rotelle da quando era bambina. Questi esempi rientrano nell’adaptive fashion, un progetto di moda inclusiva che si adatta alle persone con diversi gradi di disabilità. In alcuni casi si tratta di incorporare cuciture piatte per ridurre l’attrito, bottoni automatici, o chiusure in velcro di facile accesso.

I concetti di diversità e inclusione stanno diventando punti fondamentali nel settore della moda in molti Paesi, in particolare Gran Bretagna e Stati Uniti, e alcuni stilisti hanno deciso di fare un passo avanti rispetto a semplici sfilate. La casa di moda Tommy Hilfiger nel 2016 ha creato una linea di abbigliamento destinata a bambini affetti da disabilità, e il blog statunitense Cur8able, fondato dalla stilista di moda Stephanie Thomas, ha introdotto il Disability Fashion Styling System.
“Come persona con disabilità questo lavoro è anche personale. Per anni ho provato vergogna per come sono nata. Ora voglio consentire agli altri di amare e apprezzare se stessi”, confessa Thomas in un’intervista a The Bottom Up.

Il Disability Fashion Styling System

Secondo i dati Eurostat, circa un miliardo di persone in tutto il mondo soffre di disabilità. Tra queste l’80% vive nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Cur8able è diventato un marchio internazionale della moda per persone disabili, ma è diffuso soprattutto negli Stati Uniti dove, stando alle stime del Centers for Disease Control and Prevention, circa 61 milioni di persone vivono con una disabilità.
Come ha spiegato Thomas, “ci sono accademici, designer e marchi di moda che affrontano le sfide associate al vestirsi avendo una disabilità in tutto il mondo, tuttavia ciò non significa che ci sia accettazione, inclusività e una giusta attenzione verso l’adaptive fashion”.

Le istituzioni dell’Unione Europea, in accordo con la Convenzione delle Nazioni Unite riconoscono la tutela dei diritti umani delle persone disabili e la loro piena inclusione nella società. L’industria tessile da qualche anno sembra muoversi in questa direzione. Un tentativo di includere nel settore della moda persone disabili c’è stato anche in Italia, dove nel 2019 è stato approvato il Manifesto della diversità. Qui viene specificato che “l’inclusione trasmette la cultura aziendale, spesso attrae nuovi talenti e favorisce una relazione di maggiore fiducia con i clienti”. “Per condividere il messaggio sulla necessità di abbigliamento, calzature e accessori più adattivi e inclusivi, è importante saperne di più sulla cultura della disabilità e condividere autenticamente storie di vita reale sulle persone che vivono con disabilità”, spiega la stilista Thomas. “A Cur8able amiamo celebrare le persone con disabilità che raccontano storie di moda”. In questo senso Thomas ha contribuito alla produzione di The Fashion Project, una sfilata agli Special Olympics World Games del 2015, che ha visto la partecipazione di atleti e atlete con disabilità.

In alcuni casi, la moda inclusiva si limita a creare campagne di sensibilizzazione durante le sfilate o nella comunicazione social. Cur8able si occupa invece di proporre concretamente abbigliamenti adatti a diversi tipi di disabilità e per diverse occasioni, e ciò che la rende differente da altri marchi consiste proprio nel concentrare l’attenzione sugli individui singolarmente. Come ha spiegato la fondatrice, “curiamo l’abbigliamento nei suoi dettagli tramite il Disability Fashion Styling System, focalizzandoci sui bisogni reali della nostra clientela. Facciamo in modo che tutti possano vestirsi con la stessa dignità e indipendenza, con lo scopo di aumentare la loro l’autostima e l’autoefficacia. Proprio come la sedia a rotelle offre mobilità e indipendenza alle persone che non sono in grado di deambulare, il design adattivo è innovativo ed efficiente nel momento in cui la disabilità viene considerata nel processo di progettazione del prodotto”.

A tal proposito, Cur8able ha collaborato con case di moda e stilisti per dare una concreta opportunità a tutte le persone disabili di avere la più ampia scelta possibile nel vestirsi senza problemi e limitazioni. Con Billy Footwear hanno progettato scarpe dotate di cerniera per coloro che hanno delle protesi ai piedi o che hanno difficoltà con i lacci delle scarpe. Un’altra collaborazione è stata con lo stilista Tommy Hilfiger, che ha lanciato una collezione Adaptive nel 2021 basata sull’utilizzo di tessuti stretch ed elementi regolabili, così come pantaloni più larghi e adattabili per chi ha protesi o tutori. Per le persone sulla sedia rotelle, invece, hanno pensato a capi senza tasche o cuciture, ma con elastici e chiusure a strappo, così da essere indossati più facilmente e in modo tale da non formare pieghe negli abiti. Sono state create anche giacche con zip e bottoni magnetici per semplificare i gesti di chi ha una mobilità ridotta.

Adaptive fashion modelle
Esempi di Adaptive fashion, fonte: The Guardian

Strategia commerciale e i limiti di una moda etica e inclusiva

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, nel mondo ci sono oltre un miliardo di persone con disabilità, che garantiscono un potere aggregato d’acquisto di oltre 8 trilioni di dollari l’anno. “Il problema ora è lo stesso che esiste da generazioni: le percezioni negative delle persone con disabilità limitano le imprese a vedere le persone disabili come clienti preziosi, capaci, potenti. È strategia, chiara e semplice. Purtroppo molte società hanno imparato a conoscere le persone con disabilità attraverso la lente delle industrie della salute e della carità”, confessa Stephanie Thomas. Spesso la disabilità è soltanto una campagna propagandistica delle case di moda per aumentare il proprio bacino di vendite, senza fornire un’effettiva offerta alle persone disabili. Soddisfare all’apparenza i bisogni di abbigliamento alla moda per persone disabili rappresenterebbe quindi una strategia commerciale per rispondere alle esigenze di un target specifico, ovvero una scelta di business.

Nonostante alcuni buoni propositi, questo settore è ancora visto con diffidenza. Esiste ancora un divario tra la scelta di un testimonial diversamente abile e l’effettiva creazione di prodotti che possano essere destinate a una determinata categoria di persone, che necessitano di accorgimenti maggiori nel proprio abbigliamento a causa della propria disabilità.

In questo senso, seppur importante, non basta fare sfilare modelle con disabilità nelle passerelle delle in passerella delle varie Fashion Week per diffondere un messaggio di moda inclusiva, ma occorre impegnarsi per superare le barriere che limitano le persone disabili nel vestirsi, creare collezioni adatte a corpi non conformi. Negli Stati anglosassoni si è cercato di fornire una soluzione a questo problema, attraverso movimenti come Help me Spend My Money, che tentano di abbattere le barriere tra persone disabili e non. Questi movimenti permettono a tutti di entrare nei negozi, oppure incentivano la creazione di linee specifiche di abbigliamento per persone disabili.

“L’industria della moda deve trattare il fashion design adattivo e inclusivo nello stesso modo in cui tratterebbe qualsiasi altro settore. Questo non è un lavoro caritatevole. Siamo clienti, non casi di beneficenza”, afferma Thomas.

L’adaptive fashion quindi è ancora molto lontano dall’essere una realtà concreta ed effettiva per le persone disabili. Per questo motivo Cur8able sta cercando di diffondere il più possibile il messaggio di una moda inclusiva. “Poiché le persone con disabilità sono trascurate dall’industria, voglio che le persone con disabilità abbiano e possano soddisfare la capacità di vestirsi con dignità e indipendenza. Come azienda, il nostro scopo principale è rimanere agili ed essere focalizzati sulle esigenze del cliente finale”, conclude Thomas.

Sonia Faseli

Fonte foto di copertina: Tommy Hilfiger

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