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Diritti LGBT+: qual è il ruolo dell’Unione Europea? Intervista all’europarlamentare Marc Angel

In seguito alle ultime leggi approvate dall’Ungheria sul divieto della “propaganda omosessuale” (di cui The Bottom Up si è occupato qui) e delle politiche anti-LGBT poste in essere dalla Polonia, come le “zone LGBT-free”, gli organi dell’Unione Europea si stanno impegnando per contrastare e sanzionare queste decisioni antidemocratiche.

Il Parlamento Europeo, lo scorso 11 marzo, ha dichiarato l’Unione Europea una “zona di libertà LGBT+”, mentre lo scorso 8 luglio, in una risoluzione, i deputati hanno preso posizione contro l’ultima legge adottata dal Parlamento ungherese, definendola una chiara violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e sollecitando la Commissione Europea a utilizzare gli strumenti in suo possesso per porre rimedio alla violazione dei diritti delle persone LGBT+. 

Per capire cosa può fare nel concreto l’Unione Europea e di quali poteri dispone, The Bottom Up ha intervistato Marc Angel, membro del Parlamento Europeo dal dicembre 2019 e co-presidente dell’intergruppo LGBT+.

Signor Angel, qual è lo scopo della vostra dichiarazione dell’11 marzo 2021?  

La dichiarazione ha un valore simbolico, ma non è un atto isolato. Infatti, già a dicembre 2019 è stata approvata una risoluzione sulla discriminazione pubblica e l’incitamento all’odio contro le persone LGBT+, in particolare in risposta alla situazione della Polonia e alle “zone anti-LGBT”. Un anno dopo, nel novembre 2020, è stata creata una commissione sull’uguaglianza, diretta da Helena Dalli, e la Commissione Europea ha pubblicato la prima strategia sull’ugaglianza delle persone LGBTIQ con lo scopo di combattere la discriminazione, garantire la sicurezza, creare società inclusive e guidare la lotta a favore dell’uguaglianza delle persone LGBT+ nel mondo. 

Per quanto riguarda la strategia adottata a novembre, pensa che sia un buon punto di partenza?

La strategia è a mio parere eccellente perché è molto ampia e prende in considerazione molti aspetti; l’intersezionalità è essenziale. Per la prima volta abbiamo una commissione interamente dedicata all’uguaglianza, voluta fortemente dalla Presidente Von Der Leyen. Helena Dalli si è impegnata molto, e la strategia è stata accolta da una forte maggioranza, nonostante sia stata criticata dall’ala conservatrice. Fondamentale, inoltre, è che la strategia contiene una serie di proposte di legge in materia.

A livello legislativo, cosa può fare direttamente l’Unione Europea?

Bisogna ricordare che l’Unione Europea non ha competenza su tutto, e alcune materie restano in mano ai singoli Stati membri. Nelle materie di nostra competenza stiamo emanando leggi e continueremo a monitorare i Paesi nelle loro politiche.
Come dicevo, la strategia a favore dell’uguaglianza delle persone LGBT+, ad esempio, comprende alcune proposte di legge: il riconoscimento reciproco della genitorialità, delle famiglie arcobaleno, così se si è genitori in un Paese, lo si è in tutta l’Unione; l’estesnione dell’elenco dei reati includendo i crimini d’odio, tra cui quelli contro le persone LGBT+; il divieto delle operazioni e degli interventi medici non necessari sui bambini e adolescenti intersex senza il loro pieno consenso.

Foto di: Intergruppo del Parlamento europeo sui diritti LGBTI

Vedendo la situazione attuale in Polonia e in Ungheria, sembrerebbe che le politiche europee non abbiano effetto. Cos’altro è possibile fare?

Per quanto riguarda la situazione in questi due Paesi, il Parlamento Europeo ha preso l’iniziativa di chiedere al Consiglio di determinare se c’è un rischio di violazione dei valori europei protetti dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea (dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani) e di attivare la procedura dettata in merito dall’art. 7 dello stesso Trattato (la procedura in questione, particolarmente complessa e ad alto impatto politico, prevede che, a fronte di una simile violazione, il Consiglio possa decidere di sospendere alcuni dei diritti di cui lo Stato gode in qualità di membro dell’UE, tra cui i suoi diritti di voto in seno al Consiglio stesso, n.d.r.). Tuttavia, per procedere in questo senso serve prima di tutto che l’accertamento della violazione venga stabilito all’unanimità dal Consiglio, e in questo momento la Polonia sosterrà l’Ungheria e viceversa.

Si stanno quindi portando avanti e analizzando delle azioni concrete.

Anche se è una cosa minima, sono già stati tagliati dei fondi alla Polonia per i programmi di gemellaggio.
La Commissione sta ancora analizzando la situazione, e crediamo ci sia bisogno di attivare una procedura di infrazione (la procedura di infrazione può essere avviata dalla Commissione in caso di inadempimento o violazione da parte di uno Stato membro del diritto dell’UE e degli obblighi derivanti dai trattati istitutivi. L’intento  è quello di far cessare la violazione. Il 15 luglio sono stati aperti 3 casi di infrazione contro Ungheria e Polonia per aver violato i diritti fondamentali della comunità LGBT+, n.d.r.).
Bisogna comunque ricordare che tutto questo non è contro i cittadini polacchi o ungheresi, sia chiaro, ma è contro i loro governi conservatori.

Il Parlamento Europeo, di cui lei fa parte, cos’altro può fare?

Abbiamo degli intergruppi, composti di membri del Parlamento appartenenti a famiglie politiche diverse che lavorano su uno stesso argomento. L’intergruppo LGBT è il più grande del Parlamento con 152 deputati che ne fanno parte. Ho il piacere di essere il co-presidente con Terry Reintke, mentre il vicepresidente è Fabio Massimo Castaldo. Non tutti i membri fanno parte della comunità LGBT, ma sono alleati e sostengono la causa. La dichiarazione sulle zone di libertà LGBT, per esempio, ha avuto 492 voti a favore su 705.
Questo intergruppo, dicevo, è composto da 152 eurodeputati, molti dei quali provengono da commissioni diverse, e quando ci sono relazioni o risoluzioni, possono aggiungere degli emendamenti. Per questo abbiamo un coordinatore, che ci aiuta. Ad esempio, ultimamente abbiamo votato su un’importante relazione sui diritti sessuali e abbiamo fatto numerosi emendamenti affinché il linguaggio sia molto inclusivo: ad esempio, abbiamo proposto di non usare solamente l’espressione “donna incinta” ma “persona incinta” per includere le persone intersex o transgender. Penso che il Parlamento sia molto progressista, molti colleghi sono alleati e mostrano solidarietà. 

Foto di: Intergruppo del Parlamento Europeo sui diritti LGBTI

Oltre a Polonia e Ungheria, qual è la situazione nel resto dell’Europa?

Molti Paesi negli ultimi tempi hanno fatto dei notevoli progressi, per esempio per quanto riguarda il matrimonio egualitario.
Però c’è anche una grande carenza normativa per quanto riguarda le persone transgender e intersex. Sono pochi i Paesi che hanno delle buone leggi dove il riconoscimento legale del genere è facile da cambiare, dove vige l’auto-determinazione e il riconoscimento della depatologizzazione. Come in Lussemburgo ad esempio: qui la legge non fa riferimento alle procedure mediche o alle operazioni, ma appunto all’autodeterminazione.
Inoltre, sono pochi i Paesi che hanno leggi che vietino la terapia di conversione, ovvero la pratica che tenta di portare l’orientamento omosessuale di una persona a quello eterosessuale, una vera tortura mentale. Mancano anche leggi che proibiscano le operazioni sui bambini intersex quando l’operazione non è necessaria per motivi medici e vitali.
Sono stati fatti passi avanti importanti, ma molto rimane ancora da fare.

Cosa pensa dell’Italia?

Come già ricordato, l’Unione Europea non può interferire con le competenze nazionali, ma ovviamente attraverso raccomandazioni e strategie può indirizzare l’azione degli Stati membri verso certi valori, ed è sempre bene quando gli essi li abbracciano. Spero fortemente che l’Italia approvi questa legge (il ddl Zan, n.d.r). Sento scusanti che fanno riferimento al cattolicesimo del Paese, ma basta guardare Malta, la Spagna o l’Irlanda e vedere le leggi che hanno approvato. La tradizione e la religione sono solo delle scusanti, serve coraggio politico.
Sento spesso dire “cosa vogliono ancora queste persone LGBT?”. Noi vogliamo solo diritti umani e uguaglianza, il loro rispetto e niente di più.

Francesca Capoccia

Fonte foto di copertina: Intergruppo del Parlamento europeo sui diritti LGBTI

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