Scontro Grecia-Turchia, le ambivalenze europee nei confronti di Erdogan spingono Mitsotakis verso Putin

Questo articolo è scritto da Enrico Franzin, studente del corso di laurea triennale in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani dell’Università degli studi di Padova, nell’ambito del suo tirocinio universitario svolto presso la nostra redazione.

Nel Mediterraneo orientale Grecia e Turchia, guidate rispettivamente da Kyriakos Mitsotakis e Recep Tayyip Erdogan, sono protagoniste di un’escalation geopolitica scaturita dalle proprie mire espansionistiche ed economiche.
La causa dell’instabilità generatasi tra i due Paesi è l’emissione di un NAVTEX da parte della Marina turca. Il “NAVigational TEXt Messages” è un servizio internazionale automatico, trasmesso tramite onde radio sulle medie frequenze, che consiste nell’invio di bollettini e avvisi di sicurezza alle imbarcazioni situate in un raggio di 370km.

Esempio di un messaggio NAVTEX

L’avviso di navigazione è rivolto a tutte le imbarcazioni presenti nell’area di Kastellorizo, Rodos e Karpathos (isole greche). L’oggetto di questo segnale annuncia la possibilità di imbattersi in tre navi battenti bandiera turca – Oruç Reis, Ataman e Cengiz Han – impegnate in un’indagine sismica volta alla futura ricerca di idrocarburi con finalità estrattive. Queste esplorazioni, previste dal 21 luglio al 2 agosto e successivamente prolungate fino al 27 del medesimo mese, secondo Mitsotakis rappresentano una violazione delle acque territoriali elleniche.

Quest’ultimo, d’altra parte, non resta immobile e ritiene “un diritto sovrano inalienabile” la possibilità di estendere i propri confini marittimi ad est, a partire dalle coste dell’isola di Kastellorizo situata a poco più di 3 km dalle coste anatoliche. Tempestiva la risposta di Erdogan affermando quanto possa essere pericolosa tale manovra per il primo ministro ateniese e quindi distoglierlo da “compiere passi che porterebbero alla sua rovina”.

I vertici UE non fermano l’escalation

Nel Mar Mediterraneo, numerose esercitazioni belliche fanno da sfondo alle vicende greco-turche: da una parte l’operato congiunto di Italia, Francia, Grecia e Cipro; dall’altra l’affiancamento alla fregata turca TCG Barbaros e alla corvetta TCG Burgazada del cacciatorpediniere statunitense USS Winston S. Churchill, con lo scopo di portare a termine un addestramento militare. In aggiunta, Erdogan ha annunciato nei primi giorni di settembre l’invio di ulteriori navi al largo del Nord di Cipro, portando ad un livello superiore la tensione internazionale.

“Le manovre che si sono tenute il 26 agosto certamente non aiutano”. Con queste parole Annegret Kramp-Karrenbauer (ministro della difesa della Germania) spiega l’intensificazione del maremoto in atto tra Grecia e Turchia al summit del 26 e 27 agosto di Berlino con i suoi colleghi UE. Ha espresso la sua opinione in merito agli avvenimenti in corso nel Mediterraneo anche il ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini: “L’atteggiamento italiano e più complessivamente degli altri Paesi è quello di riaffermare i principi del diritto internazionale, ma di lavorare al dialogo e alla soluzione politica”. Nonostante queste parole rassicuratrici, diplomazia e principio di non aggressione sembrano concetti sempre più estranei alle cancellerie greche e turche.

Macron-Merkel-Erdogan: solo la diplomazia tedesca divide le antipatie franco-turche

Alla neutralità italiana, fatta di statica diplomazia e garanzie non interventiste, si contrappone il pragmatismo tedesco di Angela Merkel, attenta soprattutto alla questione migranti. La cancelliera è la principale fautrice del processo di de-escalation tra Atene ed Ankara: alle reiterate richieste da parte del governo greco di infliggere sanzioni economiche a Erdogan, la leader tedesca evita per il momento la via del pugno duro. A scongiurare lo sgretolamento delle relazioni fra le due potenze ci pensa il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas: incaricato dalla Merkel, è volato il 25 agosto prima alla volta della capitale greca e successivamente in Anatolia per instaurare un dialogo fra le parti e, rivolgendosi principalmente ad Erdogan, afferma che “chi si avvicina sempre di più all’abisso può a un certo punto cadere. Questo è uno sviluppo che vogliamo evitare”. A riprova del fatto che gli egoismi e le forti prese di posizione sul fronte della politica internazionale possono portare alla caduta delle stesse entità statali, la Merkel sa quanto può essere deficitario assegnare sanzioni al principale Paese deterrente contro il flusso di migranti, anche se questo comporta remare contro le volontà di Mitsotakis.

Credits: Daily Sabah

Altro fronte è quello tra Erdogan ed Emmanuel Macron. Il “casus belli” della discordia franco-turca consiste in uno scontro fisico tra le marine dei rispettivi paesi nel Mediterraneo orientale: a giugno, su richiesta delle Nazioni Unite, una fregata francese è stata incaricata di ispezionare una nave battente bandiera tanzaniana e scortata da tre navi turche, sospettata di trasportare armi per il Governo d’accordo nazionale della Libia (GNA). Le imbarcazioni turche non hanno permesso ai militari francesi di salire a bordo scaturendo un forte clima di tensione fra i due Paesi. Quest’episodio fa solo da cornice ai veri obiettivi dei due Stati. La Francia, ritenendosi una “potenza mediterranea” grazie al suo passato di impero coloniale, vuole essere sempre più determinante e protagonista nella zona; la Turchia invece, dal momento in cui gli USA di Trump hanno abbandonato l’area, si ritiene la padrona incontrastata nell’est del Mediterraneo. Erdogan sta preparando il fronte di guerra su più versanti, non solo con la Grecia. Quest’ultima però non vede di buon occhio lo Stato d’Oltralpe come un valido alleato nella lotta alla Turchia, in quanto le mire espansionistiche francesi potrebbero prevalere su qualsiasi patto di reciproco aiuto; così Mitsotakis decide di ricorrere alla Terza Roma: Mosca diventa l’ago della bilancia nel Mediterraneo orientale.

Mitsotakis chiama Putin: blocco terrestre alla Turchia per evitare sanzioni UE

La scacchiera internazionale si allarga sempre di più: con l’entrata in gioco di Vladimir Putin, questo nuovo asse greco-russo può generare benefici non solo a Mitsotakis sul fronte turco, ma la stessa Atene rappresenta la chiave di volta per la Russia sul versante delle sanzioni economiche UE in seguito all’annessione della Crimea, reiterate da Angela Merkel fino al 2021. Grazie ai buoni legami di sangue che intercorrono tra Damasco e Mosca, il leader ateniese si riavvicina alla Siria attraverso l’intermediazione di Putin. Dopo l’interruzione dei rapporti con il dittatore Bashar al-Assad nel 2012, su pressione dei partner occidentali, il dialogo riprende e come inviata speciale a Damasco è stata designata Tasia Athanassiou, la quale in passato ha indossato le vesti di ambasciatrice proprio a Mosca. Un nuovo alleato si affianca a Mitsotakis nella lotta a Erdogan. Gli interessi strategici del premier greco si spostano in direzione nord-est, strizzando gli occhi a Jerevan: il governo ellenico ha inviato una squadra di diplomatici in segno di solidarietà per lo scoppio dell’escalation militare con l’Azerbaigian (Critina Piga ha spiegato la questione Nagorno-Karabakh, e intervistato chi se ne occupa in prima linea). L’Armenia rappresenta da sempre un partner simbiotico con Mosca, tale per cui l’avallo di Putin consisterebbe in un ulteriore player che va ad affiancarsi al binomio Grecia-Russia congiuntamente a Cipro, Egitto e Israele, circondando Ankara.

Credits: GIS

La calma prima della tempesta: il ritorno della Oruç Reis a Kastellorizo

La formazione di un blocco terrestre attorno ad Ankara sembrava una qualsiasi strategia preventiva nei confronti della prepotenza turca nel mediterraneo, ma limitata alla teoria e non alla pratica. Perché grazie alla mediazione tedesca (e parzialmente ai vertici UE) che ha avviato il dialogo fra le due potenze e il conseguente ritorno in patria delle navi turche, la de-escalation tra Grecia e Turchia sembrava attuarsi nel migliore dei modi.
Ma, inaspettatamente, un cinguettio social del ministro dell’energia turco Fatih Donmez recita così su Twitter “continueremo a cercare, perforare e proteggere i nostri diritti. (…) Se c’è qualcosa, certamente la troveremo”.

Torna così ad accendersi l’allarme rosso fra i due Paesi mediterranei. Il rientro in porto della Oruç Reis a settembre era solo un’operazione mistificatrice per alimentare un finto dialogo con la Grecia, mentre in realtà il “retro front” era dettato da ragioni di manutenzione navale; non appena ultimate, la nave della discordia ha fatto il suo ritorno lì dove tanto vive e arde il desiderio di scovare nuovi giacimenti di idrocarburi. La nave sismica, accompagnata dalle solite Ataman e Cengiz Han, tornerà nelle acque a sud dell’isola di Kastellorizo, innescando nuovamente un forte clima di tensione con Atene. A fronte di questa situazione da “chi va là”, l’allerta resta massima nelle acque del Mediterraneo orientale e non solo; tra i banchi dell’UE si sta decidendo per l’applicazione di un regime sanzionatorio ad Ankara, qualora non dovesse cessare le proprie intimidazioni. Però nel frattempo le flotte si muovono e la soluzione diplomatica si allontana sempre più: ora la “polveriera mediterranea” è sempre più pronta ad esplodere.

Enrico Franzin

Immagine copertina: IPA news

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