In Polonia, l’aborto viene considerato dal Governo un atto immorale e un crimine. La decisione della Corte Costituzionale del 22 ottobre non fa che confermare questa linea, limitando ulteriormente i casi in cui è possibile praticarlo. Justyna Wydrzyńska, co-fondatrice di Aborcyjny Dream Team, lavora duramente per sensibilizzare e decriminalizzare l’aborto nel Paese, informando e offrendo un supporto concreto alle donne in difficoltà. Ha risposto alle nostre domande, mettendo in chiaro che neanche le minacce o il rischio di essere arrestata fermeranno il suo lavoro.
Ancora uno stigma, ma la società reagisce
Dal 22 ottobre 2020, centinaia di migliaia di persone protestano in tutto il Paese contro la decisione della Corte Costituzionale polacca di limitare ulteriormente il diritto all’aborto, considerato reato e pratica immorale dal partito conservatore e sovranista al Governo, PiS (acronimo di Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia), promotore della stessa proposta di modifica della legge del 1993 che regola l’aborto, che già all’epoca creò forti tensioni tra i cattolici, che la considerarono troppo permissiva, e parte della società civile, che ne criticava il taglio troppo restrittivo.
La legge del ’93 ammette l’aborto nei casi in cui la gravidanza sia risultato di un crimine, come lo stupro o l’incesto, nel caso in cui la gestazione o il parto minaccino la salute fisica o la vita stessa della donna, oppure, nel caso di malformazione del feto. In seguito alla decisione della Corte, anche in caso di malformazione grave, abortire viene considerato un reato e allo stesso modo viene giudicato l’atto di aiutare o convincere una donna ad abortire.
Questo non ha fermato associazioni e iniziative spontanee a favore dell’aborto, molte delle quali hanno incrementato la campagna di sensibilizzazione e decriminalizzazione dell’aborto e si sono messe in prima linea per garantire un supporto concreto e professionale alle donne in difficoltà. Una di queste, è Aborcyjny Dream Team (ADT), nata nel 2016 grazie al duro lavoro delle sue fondatrici: Justyna Wydrzyńska, Kinga Jelińska, Natalia Broniarczyk e Karolina Więckiewicz.
Abbiamo intervistato Justyna Wydrzyńska, che ha spiegato le ragioni che portano queste donne a lottare ogni giorno, senza paura, per la decriminalizzazione dell’aborto, con l’obiettivo di sensibilizzare donne e uomini su questo diritto. Il loro lavoro non si limita al web, ma viaggiano per tutto il Paese, dalle grandi città alle piccole cittadine di campagna informando non solo sulle procedure da seguire e sulle varie tipologie di aborto, da quello chirurgico a quello farmacologico, ma anche offrendo un supporto concreto e professionale alle donne in difficoltà.
Cosa l’ha spinta a diventare attivista per il diritto all’aborto?
Tutto ha avuto inizio nel 2006, quando ho abortito. All’epoca non esisteva alcun gruppo di sensibilizzazione e informazione sull’aborto, e io stessa non ne sapevo molto. Dopo del tempo passato insieme ad altre donne, insieme abbiamo iniziato a pensare di creare uno spazio privato e sicuro per le altre donne che avevano avuto la nostra stessa esperienza. Così è nata la piattaforma “Kobiety w siecy”, Donne sul Web. Ci sono diverse sezioni informative, sull’aborto chirurgico, aggiornamenti sulla consegna dei medicinali da parte di altre organizzazioni, come Women Helping Women, ma anche su come assumere la pillola abortiva in sicurezza, spiegando anche cosa accade al corpo durante l’aborto.

Insieme ad altre donne ha dato vita ad Aborcyjny Dream Team nel 2016, qual è il vostro obiettivo?
Incontrare Kinga Jelińska, Natalia Broniarczyk e Karolina Więckiewicz è stato fondamentale. Abbiamo creato questa iniziativa, Aborcyjny Dream Team, e iniziato a lavorare insieme, non solo sul web, perché ci siamo rese conto che non era sufficiente. Così abbiamo iniziato a viaggiare di città in città, in tutto il Paese, per diffondere e condividere il più possibile le nostre conoscenze e le nostre esperienze.
È importante per noi far comprendere come un diritto come l’aborto può essere considerato uno stigma sociale, l’importanza del linguaggio, della comunicazione sull’aborto ma anche, ovviamente, chiarire come avviene l’aborto farmacologico, senza alcun tabù. Ci impegnano anche a supportare le donne che fanno richiesta di abortire all’estero, attraverso l’iniziativa Abortion Without Borders (Aborto Senza Frontiere).
Su questa piattaforma, abbiamo ricevuto 40 richieste per abortire all’estero nel mese di ottobre prima della decisione della Corte, ora sono più di 50 (le richieste di aiuto ad ADT, più in generale, sono state 600 a novembre, erano 400 ad ottobre, prima della decisione della Corte).

Quanto è difficile organizzare questi viaggi durante la pandemia?
È stato complicato ad aprile e maggio, quando moltissimi voli sono stati cancellati e il Governo ha aumentato le restrizioni sui movimenti a causa della pandemia mondiale da Covid-19. Si optava per viaggi in treno o in macchina. Ora è possibile prendere l’aereo, anche verso il Regno Unito o i Paesi Bassi.
Le cliniche del posto preparano i documenti necessari, specificando che si tratta di una procedura medica che non può essere posticipata e senza l’obbligo di quarantena. Il nostro ostacolo ora sono i tempi di attesa, infatti prima della decisione della corte, si aspettava circa una settimana, ora una settimana e mezzo o anche più tempo. Questo è un problema.
Dal 22 ottobre, sono nate molte iniziative che cercano di dare un supporto anche sull’aborto farmacologico. Ma quanto è alto il rischio di truffe su internet e come riconoscerle?
È molto difficile rendersi conto di essere di fronte ad una truffa. Ci sono decine di siti strutturati in modo apparentemente professionale, soprattutto agli occhi di chi non è molto informata. In molti siti richiedono anche pagamenti in bitcoin per poi non inviare il prodotto offerto e sparire nel nulla.
Da altri siti si rischia di ordinare i farmaci abortivi Mifepristone (conosciuto come RU 486) e Misoprostol e di ricevere tutt’altro. Siamo incredule di cosa sia capace la gente pur di truffare altre persone. Quando sei incinta, da sola e spaventata, senza sapere che fare, e qualcuno sfrutta la tua disperazione per truffarti… non riesco neanche a considerarli esseri umani. Se solo sapessero come muoversi, conoscendo le associazioni e iniziative come la nostra, questo rischio sarebbe più basso.

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Invece dal punto di vista politico la retorica contro l’aborto è stata violenta. Hanno anche fatto girare per le città dei mezzi di propaganda con sopra le vostre foto, chiamandovi assassine, minacciandovi. Tutto questo, come ha influenzato il vostro lavoro?
Non abbiamo paura. Noi agiamo con coscienza, consapevolmente, mostriamo i nostri volti, i nostri nomi da quando abbiamo iniziato questo progetto, senza paura. Non ci importa se mostrano le nostre foto sui loro mezzi. Paradossalmente ci fanno solo pubblicità, non ci sentiamo minacciate. Non abbiamo intenzione di sporgere denuncia, e abbiamo deciso che a qualsiasi costo, anche se la situazione dovesse peggiorare, continueremo col nostro lavoro.
Anche se dovessero minacciare di arrestarci. Ho preparato i miei figli, sanno che in qualsiasi momento la polizia potrebbe entrare in casa per una perquisizione, o anche per arrestarmi. Siamo pronte ad una situazione simile, ne siamo consapevoli. Siamo consce che cercheranno di trovare qualsiasi espediente contro di noi. Ma ripeto, siamo consapevoli di quello che facciamo, non ci fanno paura.
Avete ricevuto supporto, anche pubblico, dai partiti dell’opposizione?
Sì, in seguito ai primi giorni di protesta, da parte di Lewica (La Sinistra). Ci hanno proposto di partecipare a diversi eventi locali, e attualmente è stato istituito un comitato di iniziativa legislativa per la liberalizzazione della legge sull’aborto, l’educazione sessuale e la disponibilità dei contraccettivi, con l’obiettivo di giungere a una proposta di legge entro tre mesi.

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Comunque, sempre più persone scendono in piazza e manifestano il proprio dissenso. In qualche modo questo mette il Governo sotto pressione?
Sembra proprio di sì. Da alcune fonti, sappiamo che nel PiS stanno crescendo le tensioni interne, alcuni membri vogliono allontanarsi dal partito. Qualcosa sta cambiando, anche se ancora è troppo presto per riconoscere chiaramente che direzione prenderà il futuro. Forse tra un mese potremmo iniziare a vedere i primi risultati di queste proteste.
Tra i manifestanti abbiamo visto tantissimi giovani che per la prima volta sono scesi in piazza, questo da solo è già un grandissimo passo in avanti. Grazie allo sciopero delle donne (Strajk Kobiet in polacco) tantissime giovani donne hanno iniziato a dire la propria, apertamente.
Si protesta solo nelle grandi città?
Anche nelle piccole città si espone il simbolo dello sciopero sui balconi. Finalmente iniziamo a capire che non dobbiamo aver paura di esprimere le nostre opinioni. La cittadina da cui provengo, ad esempio, si trova in una delle zone più cattoliche del Paese, in cui la maggior parte delle persone vota PiS.
Quando, nel 2016, ho organizzato la prima dimostrazione, parteciparono solo 40 donne. Quest’anno, all’evento organizzato il 6 gennaio si sono presentate quasi 3000 persone, sono rimasta senza parole. Sento davvero che qualcosa, lentamente, sta cambiando.
Cristina Piga
2 pensieri su “Polonia. “A qualunque costo, noi continueremo”. Le donne non si fermano di fronte alle restrizioni sull’aborto”