“Dare voce alle persone invisibili è molto importante per un’organizzazione che difende i diritti di chi è più vulnerabile in Italia e nel Mondo e il Terra di Tutti Film Festival serve a questo: rendere visibile chi troppo spesso è nascosto, chi dopo questa pandemia sarà ancora più in difficoltà, ai margini.” Esordisce così Dina Taddia, Consigliera Delegata WeWorld, organizzazione che da 50 anni difende i diritti di donne, bambini e comunità locali in 27 Paesi e che organizza il Festival insieme a COSPE, associazione che oggi lavora in 25 Paesi del mondo con circa 100 progetti per lo sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli.
La quattordicesima edizione del Terra di Tutti Film Festival si terrà a Bologna dal 6 all’11 ottobre, per parlare di diritti umani e ascoltare voci dal mondo invisibile con 30 film da 22 Paesi, oltre 10 eventi off, riflessioni e dibattiti sui diritti umani, lotte ambientali, conflitti e migrazioni. La modalità di svolgimento sarà sia in presenza che online, adatta alla particolare situazione sanitaria che stiamo vivendo in questo periodo. Infatti, per ogni giornata del festival, sarà disponibile una sessione di film in streaming per 24 ore sulla piattaforma terradituttifilmfestival.stream.
Ridare voce a chi è invisibile
Udo Enwereuzor, responsabile Migrazioni di COSPE, descrive il Festival come “L’occasione per dare voce ai cosiddetti “invisibili” del mondo, siano essi contesti periferici rispetto a una narrazione corrente, che volti e storie di persone che hanno poche possibilità di ribalta. Quest’anno, in particolar modo, ci è sembrato doveroso accompagnare il percorso documentaristico e filmico di un Festival che rimane soprattutto cinematografico, con eventi che illuminano il protagonismo in Italia delle persone di origine straniera, e le lotte al razzismo in atto in questo momento in tutto il mondo.”
La rassegna prevede 41 film e documentari, che toccano temi differenti e che fanno riflettere sulle sfide e le prospettive in corso nella società in cui viviamo. Un viaggio che passa per la battaglia contro il riscaldamento globale, in cui il cibo rispecchia un’arma potente, rappresentata da “Food for change”, un film del 2019 di Benoît Bringer. Si arriva poi a dare voce alle persone sopravvissute al naufragio del 18 aprile 2015, al largo della Libia, in cui morirono circa 800 migranti, grazie al lavoro di Madeleine Leroyer e il suo “#387”. Un percorso che accende i riflettori anche su migrazione e ambiente, attraverso, tra gli altri, “American Chimera”, un film di Francesca Tosarelli, che racconta l’esodo di migliaia di persone che dal Centro America cercano di superare il confine con gli USA; o ancora “Golden Fish, African Fish”, che racconta una storia di resistenza nel sud del Senegal, una delle ultime zone in cui pescatori tradizionali e lavoratori migranti contribuiscono alla sicurezza alimentare di molti Paesi del continente, ma che sono severamente messi alla prova dalla concorrenza esterna. Il percorso finisce, poi, con il dare voce a persone che continuano a vivere guerre e battaglie, fisiche o morali, come quella rappresentata in “Revolution From Afar”, di Bentley Brown, che racconta la storia di un fratello e una sorella libici che lottano per ricostruire la loro vita dopo aver combattuto su fronti opposti.
Questi e molti altri film e documentari daranno spazio a soggettività ed esigenze diverse, con la speranza di lanciare messaggi di miglioramento rispetto alle situazioni di “invisibilità” messe in evidenza. Perché il cambiamento parte proprio dai piccoli passi: come il Terra di Tutti Film Festival e gli spunti di pensiero che questo lancerà!
Anna Toniolo