È passato poco più di un mese da quando Donald Trump ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale negli Stati Uniti: era il 13 marzo e i casi confermati di Coronavirus sul territorio americano erano 2183. Al momento in cui scriviamo questo articolo, i casi confermati sono 676.676. Un numero che potrebbe raggiungere nei prossimi mesi cifre nell’ordine delle decine di milioni, secondo le proiezioni degli esperti sui dati della CDC, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie. Nel giro di poche settimane, gli USA sono diventati una delle “zone calde” dell’epidemia, registrando il maggior numero di decessi e di contagi a livello mondiale. In una situazione così seria, sorge spontaneo chiedersi se gli Stati Uniti saranno in grado di garantire delle cure a tutti i propri cittadini, soprattutto quelli – spesso i più giovani – che non possono permettersi un’assicurazione sanitaria.
La questione è complessa, soprattutto considerando che l’economia statunitense ha subito un grosso colpo per via delle misure restrittive adottate per contrastare l’avanzata del virus, e che andranno avanti almeno fino al 30 aprile. Solo nelle prime due settimane, quasi dieci milioni di americani hanno fatto richiesta del sussidio di disoccupazione.
Il numero di persone senza un lavoro è passato da 1,4 milioni a 7,1 in meno di un mese. Si tratta della più repentina impennata della disoccupazione nella storia del paese, che non rischia di compromettere solo la stabilità economica di milioni di persone, ma anche la loro salute. Tantissimi lavoratori dipendenti, infatti, insieme al lavoro hanno perso anche l’assicurazione sanitaria. La maggior parte di queste persone, spesso molto giovani, si trova ora davanti a un bivio: pagare di tasca propria la copertura sanitaria — magari tramite Obamacare — oppure presentare domanda per il servizio pubblico Medicaid. Qual è la differenza tra queste soluzioni?
Obamacare è il soprannome dato all’Affordable Care Act, riforma fortemente voluta nel 2010 da Barack Obama. Nelle intenzioni del presidente, questa riforma mirava ad estendere le agevolazioni a nuove fasce di reddito, per coprire l’enorme buco di oltre 48 milioni di persone ancora senza un’assicurazione sanitaria. Non c’è riuscita, ma in compenso ne ha pressoché dimezzato il numero: al 2016, i nuovi assicurati erano fra i 20 e i 24 milioni. Tra i punti chiave del programma: l’obbligo di stipulare un’assicurazione; l’obbligo, per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, di coprire almeno il 50% delle loro cure mediche; il divieto da parte delle compagnie di assicurazioni di impedire a pazienti con malattie gravi di stipulare le polizze. Questo ha dato modo a milioni di americani che non rientravano nelle soglie di Medicaid, ma percepivano comunque un reddito medio-basso, di poter pagare una copertura assicurativa.
Medicaid, invece, è un programma pubblico ormai di lunghissima data: è stato istituito nel 1965 dal presidente Lyndon Johnson tramite un emendamento al Social Security Act, ed da allora ha rappresentato l’unica iniziativa simile a livello federale. Tramite Medicaid, le persone o le famiglie in situazioni di indigenza possono ottenere cure gratuite. Questo non vale tuttavia per tutti i poveri, ma solo per quelli che rientrano in certe fasce di reddito — tendenzialmente molto basse — diverse per ogni stato. Inoltre, i servizi garantiti sono solo quelli essenziali, come medico di base, trasporto e ospedalizzazione, assistenza al parto, assistenza a domicilio per i pazienti più gravi.
Un altro sistema di copertura gratuito è Medicare, una variazione di Medicaid. Prevede una copertura totale per gli Over-65 e le persone con disabilità, finanziata anche tramite i contributi dei lavoratori. Il problema maggiore di questo sistema, è che interessa solo una fascia della popolazione: quella che si appresta ad entrare in pensione.
Per tanti giovani, soprattutto rimasti senza un lavoro, ricevere assistenza in caso di contagio da Covid-19 potrebbe essere un problema. Circa il 65% degli americani si appoggia alla copertura garantita dal datore di lavoro per sostenere le spese mediche, e la situazione non era certo rosea anche prima dell’emergenza sanitaria. Secondo dati raccolti dalla CDC , la fascia d’età compresa tra i 19 e i 35 anni è quella con il minor numero di persone assicurate. Per tutti coloro che non sono abbastanza poveri per rientrare nei requisiti di Medicaid e che non possono permettersi di pagare un’assicurazione con Obamacare, l’unica alternativa resta rimanere scoperti e pregare di non aver bisogno di cure.
Il fatto che il Coronavirus sia statisticamente meno pericoloso per i giovani in salute non significa che questi non siano dati da tenere in grande considerazione. Le persone fra i 20 e i 44 anni rappresentano attualmente un terzo dei pazienti totali negli USA. Un recente articolo del Washington Post ci parla di come il Covid-19 abbia già ucciso centinaia di giovani americani, di cui un terzo in perfetta salute. Sul perché ragazzi senza patologie pregresse soccombano al virus, non c’è ancora risposta. Quel che sappiamo è che una percentuale crescente di giovani deve fare i conti con patologie spesso debilitanti. Da una analisi del New York Times emerge, invece, che negli ultimi anni si sta registrando un aumento dei casi di malattie croniche tra i ventenni e i trentenni, come obesità, diabete di tipo 2, ipertensione, patologie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Tutti fattori che possono fare la differenza tra la vita e la morte quando ci si ritrova a combattere con il virus.
Gli USA, per il momento, non stanno vincendo la sfida. Nonostante i tentativi di riduzione dei cosiddetti costi “out of pocket” – non coperti dalle polizze – e l’offerta di tamponi gratuiti anche per chi non ha un’assicurazione, molte persone continuano ad evitare di presentarsi al pronto soccorso o dal medico di famiglia per il timore di costi imprevisti. Si tratta di un problema che riguarda soprattutto chi ha coperture assicurative di basso livello, oppure quella stabilità economica necessaria a garantirsi delle cure mediche sta ancora cercando di costruirsela. La generazione che dovrà fare i conti con gli effetti a lungo termine di questa situazione è la stessa che oggi si angoscia su come farà a pagare le spese mediche se dovesse essere contagiata e finire in ospedale. Ma è anche quella del sogno di una casa sempre più difficile da raggiungere, quella dei side hustles, con i prestiti per le spese universitarie sulle spalle e con la sensazione che questa pandemia gli abbia rubato un pezzetto di futuro in più. Per i giovani il rischio di perdere la vita per questo virus resta basso. Ma le conseguenze – fisiche, psicologiche ed economiche – non lasciano scampo.
Nel paese nordamericano come nel resto del mondo, il Covid-19 rappresenta uno spartiacque. Segna la fine delle nostre certezze, crollate al suolo davanti ad un evento con una forza catalizzatrice mai vista in tempi recenti. Segna la fine di un’era in cui epidemie e pandemie erano forse l’ultimo dei pensieri della maggior parte delle persone, e che magari da domani si aggiungeranno alla lista delle preoccupazioni. Ma soprattutto, per tanti giovani è difficile scrollarsi di dosso la sensazione che questa pandemia sia piombata come una grande frana davanti a chi stava cercando, con grande fatica, di spianare una strada tutta sua, e abbia bruscamente arrestato i lavori. Bisognerà aspettare che la frana si plachi, fare il conto dei danni e poi ripartire dalle macerie. Salvare quel che si può della strada vecchia, o iniziarne una tutta nuova.
Un metro alla volta.
[Foto in evidenza di Robert Nickelsberg, Vox.com]
2 pensieri su “Essere giovani, in America, ai tempi del Covid-19”