Nei delicati equilibri della regione mediorientale, l’Iran da diversi anni ricopre una posizione chiave, esercitando un ruolo geopolitico estremamente rilevante in molti punti nevralgici del territorio, tra cui l’Iraq, il Libano e la Siria. Con lo scoppio della pandemia di Covid-19 a livello mondiale, il Paese si è ritrovato ad essere uno dei più colpiti, dove ad oggi si registrano 64.586 casi e 3.993 morti su una popolazione totale di quasi 84 milioni di persone. La situazione attuale interna è critica e il paese sta facendo fronte ad una grave difficoltà politica nell’affrontare la crisi, dovuta a condizioni interne ed esterne.
Giuseppe Acconcia, docente di Geopolitica del Medio Oriente, Media e Movimenti sociali in Medio Oriente presso l’Università degli Studi di Padova, giornalista e ricercatore specializzato in Medio Oriente, pone prima di tutto l’accento sulla difficoltà della classe politica iraniana ad affrontare la crisi e fornisce un’analisi dettagliata sul ruolo dello Stato nella regione e nelle fragili relazioni con la comunità internazionale, in particolare con gli Stati Uniti e l’Europa.
La drammatica situazione interna
“I dati ufficiali che ci vengono forniti sono dati molto seri, ma sono anche da prendere con le pinze perché è difficile stabilire se si tratta di numeri effettivi. Nella realtà si parla di molti più morti e molte più persone coinvolte e questa situazione sta indebolendo la classe politica.” Sono infatti diversi i funzionari del governo iraniano che sono stati colpiti dal virus e molti di loro sono deceduti, rendendo fragile la stessa classe politica. “La crisi sanitaria si sta perciò trasformando in una crisi politica” aggiunge, “in un contesto in cui l’Iran era già stato indebolito in particolare dall’attacco subito il 3 gennaio a Baghdad, momento a partire dal quale il Paese ha dovuto rivedere il suo ruolo nella regione e in particolare la sua presenza in Iraq”.
Secondo Acconcia, un altro elemento da cui deriva il progressivo indebolimento del paese è rappresentato da un rinnovato movimento che viene dal campo riformista, il quale ha alimentato diverse proteste anti-regime che hanno coinvolto giovani e studenti. Il dissenso si è manifestato in tutta la sua forza in particolare in seguito all’uccisione di generale Soleimani da parte gli USA e dopo l’ammissione da parte dei pasdaran, i militari guardiani della rivoluzione islamica khomeinista, dell’abbattimento del volo ucraino, precipitato dopo essere decollato da Teheran. “Questa situazione, a cui si è aggiunta la diffusione del virus” commenta “ha determinato una scarsa affluenza alle urne alle elezioni dello scorso 21 febbraio per il rinnovo del parlamento, stabilendo in questo modo la vittoria dei conservatori”, anche se non si può veramente parlare di vittoria, poiché l’affluenza degli elettori è stata ai minimi storici dopo la rivoluzione del 1979. Questo panorama, in cui si intrecciano elementi di politica e di salute pubblica, ha contribuito ad aumentare le polemiche all’interno dello stato iraniano, debilitando notevolmente lo spirito necessario a fronteggiare una pandemia.
Perché è importante parlare di Iran?
“I motivi sono vari”, spiega l’esperto, “prima di tutto perché l’Iran è sottoposto a sanzioni internazionali che ne colpiscono direttamente l’economia. Questa situazione si verifica ormai da anni, ma la crisi si è intensificata in questo periodo poiché gli Stati Uniti nel 2018 si sono ritirati dall’Accordo sul Nucleare stipulato a Vienna nel 2015, che prevedeva un progressivo allentamento del paese dalla morsa delle sanzioni statunitensi. L’accordo del 2015 aveva aperto nuove possibilità di investimento, ma con l’uscita degli USA dallo stesso, le sanzioni sono tornate a pesare fortemente sull’economia del Paese.
A causa della gravità con cui la pandemia sta colpendo lo stato iraniano, questa crisi economica si sta spostando verso una crisi del sistema sanitario, il quale si trova in forte difficoltà ad affrontare i grandi flussi di malati che si riversano negli ospedali e questo è dovuto al fatto che non dispone delle tecnologie adeguate, perché le risorse pubbliche non sono sufficienti. Inoltre, da quando Covid-19 è diventato una pandemia, la maggior parte degli stati circostanti ha chiuso i confini con l’Iran, perciò gli aiuti internazionali non possono arrivare. È quindi importante parlare di questa situazione per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale riguardo alle difficoltà che questo Paese sta vivendo a causa della sua posizione di isolamento e delle sanzioni che deve sopportare. Alcuni studi, tra cui quelli dell’Università di Sharif di Tehran, affermano che 3,5 milioni di iraniani potrebbero essere coinvolti nell’epidemia, mettendo lo stato nelle condizioni di dover affrontare una delle crisi più gravi dal 1979″.

Il controverso rapporto con la Comunità Internazionale
“In questo contesto di sanzioni”, continua,”l’Unione Europea ha sempre cercato di tenere in vita l’accordo sul nucleare e di fare in modo che gli sforzi che erano stati fatti da dopo il 2015, anno dell’accordo, non fossero vanificati. Era stato creato un sistema di pagamenti che permettevano alle grandi multinazionali di bypassare le ammende statunitensi, ma non è stato usato con particolare riguardo. Questo, però, in un momento come quello che si sta vivendo, potrebbe essere impiegato per far arrivare all’Iran degli aiuti da parte dell’Unione Europea o dei singoli paesi europei”. Il sistema Instex, infatti, è stato adoperato da Gran Bretagna, Francia e Germania per esportare materiale sanitario verso l’Iran. Inoltre prima dello scoppio della pandemia Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, si era recato a Tehran per tentare di limitare lo scontro e i danni e per aprire una strada verso il superamento della crisi bilaterale con gli USA esacerbata dall’uccisione di Soleimani, mettendo l’Unione in una posizione di parziale apertura verso lo stato iraniano.
“Il rapporto con gli Stati Uniti, invece, è molto complesso. Infatti, in particolare Trump e i repubblicani, hanno un rapporto di odio verso il paese, una sorta di “iranofobia” che li porta a considerare il Paese il nemico numero uno degli Stati Uniti d’America, che solo nel momento in cui cambierà regime sarà accettato in un dialogo. In ogni caso, durante la crisi, l’Ayatollah Khamenei, l’attuale Guida Suprema dell’Iran, ha dichiarato che non avrebbe comunque accettato nessun tipo di aiuto dagli Stati Uniti, dato che dal suo punto di vista questi sono tra i primi responsabili della crisi attuale”. In uno dei suoi discorsi Khamenei ha fatto riferimento ad una teoria del complotto secondo cui sarebbero gli stessi Stati Uniti ad essere responsabili del virus, affermando che le medicine americane potrebbero essere una modalità di diffusione del Coronavirus.
Ciò che resta comunque poco probabile è la possibilità per i due paesi di andare ad uno scontro diretto. Infatti, nonostante la loro difficoltà di dialogo, l’Iran e gli Stati Uniti devono fronteggiare l’uno gli interessi dell’altro in diversi scenari, ad esempio in Afghanistan dove l’Iran ha un ruolo centrale e gli USA di Trump cercano di superare la crisi con i Talebani.
Le conseguenze della crisi sulla regione mediorientale
Il primo effetto che sta già avendo questa crisi, secondo Giuseppe Acconcia, è quello di mettere in luce la grande fragilità dei sistemi sanitari dei Paesi della regione mediorientale, dove l’Iran, in realtà, non è nemmeno tra i peggiori. Basti pensare, ad esempio, alla situazione della Striscia di Gaza, territorio che vive in costante isolamento e che non sarà capace di sostenere una grave ondata di malati che necessitano di cure ospedaliere. E questo farà collassare un sistema di sanità pubblica già pesantemente al collasso, mettendo ancora più a rischio la salute dei cittadini.
Un altro aspetto importante da considerare è quello dei conflitti: il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto un immediato cessate il fuoco mondiale, per poter combattere il nuovo nemico rappresentato dal Coronavirus. Questa drammatica occasione potrebbe modificare l’andamento dei sanguinosi conflitti che si stanno sviluppando da anni in diversi paesi mediorientali. Anche se la scarsa tenuta dei sistemi sanitari dei paesi che ospitano molti rifugiati che fuggono dalle azioni belliche, come ad esempio il Libano, potrebbero essere loro stessi testimoni di altri conflitti, alimentando un circolo vizioso di violenza.
Un’altra conseguenza che porta con sé questa pandemia è senz’altro un’occasione per limitare la libertà delle persone e soprattutto dei movimenti di opposizione da parte dei regimi degli Stati della regione. Subito dopo l’annuncio della prima ondata di contagi, il governo iraniano ha bloccato le manifestazioni riformiste degli studenti che protestavano contro il regime, usando quindi una questione di salute pubblica per ragioni politiche e di repressione.
La situazione in Iran, e in generale nell’intera regione, risulta quindi delicata e per diversi aspetti drammatica, in un panorama in cui i sistemi sanitari sono al collasso e non sono in grado di sostenere una pandemia e gli attori internazionali continuano a giocare la loro partita strategica per tutelare i propri interessi. In un contesto in cui sia i governi centrali, sia gli attori esterni fanno un uso politico del contagio da Coronavirus, dimostrando, ancora una volta, poco interesse per un elemento fondamentale: la popolazione.
Anna Toniolo
Foto di copertina: Anadolu Agency via Getty Images