4 libri (+1) per esercitare l’empatia in tempi di quarantena

È curioso. Per la prima volta nella nostra vita siamo tutti e tutte fisicamente bloccati. Ovunque ci troviamo nel mondo – sia che si possa ancora lavorare oppure che ci si trovi in ferie forzate – stiamo costretti a concepire che il comune vicino sia diventano un luogo inaccessibile e no, non siamo liberi di spostarci. E questo stravolge la nostra quotidianità fatta, anche, della facilità di alzarci dalla scrivania e muoverci. Incontrare un amico che sta a una manciata di km, studiare in una città distante qualche centinaia, viaggiare ben più lontano. Adesso c’è qualcosa di più importante – condiviso, collettivo – che ci impone di cambiare.

Al di là di quanto questa situazione stia stravolgendo la quotidianità, sono qui perché si è rilevata anche un’opportunità per tornare su The Bottom Up dopo un tempo vergognoso e farlo per consigliare quattro libri (+1) di cui è almeno un anno che vorrei parlare. Quattro titoli “per esercitare l’empatia”, dico nel titolo, e non è casuale. In un momento in cui ci troviamo isolati e forzati a fare (anche non volontariamente) i conti con noi stessi e i nostri pensieri, è facile perdere di vista quanto accade fuori.

Eppure un fuori esiste. Leggere può essere un modo per proteggerci e guardare altrove.

Cecità, José Saramago, senza bisogno di presentazioni

José Saramago non ha bisogno di presentazione, né di essere consigliato. Saramago è un Autore che non può mancare nella propria biblioteca personale. Cecità (titolo originale Ensaio sobre a Cegueira) è stato pubblicato nel 1995 e racconta la storia di un’epidemia. Improvvisamente una persona diventa cieca e, in maniera del tutto incontrollata, “passa” la cecità a tutte le persone con cui ha a che fare. Un contagio terribile, potentissimo, incomprensibile che, velocemente, si sparge a macchia d’olio colpendo la città prima, l’intero paese poi.

I personaggi senza nome (e senza vista) di Saramago sono costretti ad affrontare questa epidemia misteriosa che li costringe a stravolgere quotidianità, prospettive e relazioni. L’equilibrio sociale si ribalta, non si può più lavorare, le priorità non possono più essere quelle di prima.

Non lo consiglio in questo momento semplicemente per l’ovvio riferimento al Coronavirus – che, fortunatamente, ha effetti meno dirompenti dell’epidemia del libro – ma perché le pagine di Cecità mettono a nudo l’umanità dei personaggi costringendo anche te, lettore, a fare lo stesso. È un libro che ti spoglia dei preconcetti, dei pregiudizi, delle tue certezze e ti costringe a scegliere da che parte stare. Ti obbliga a chiederti come ti comporteresti, ti pone nella posizione di dubitare della tua stessa presunta capacità di empatizzare, non ti lascia come prima.

Prometto che ritorno (in Afghanistan) di Roberto Maccaroni

Ho incontrato prima il libro di Roberto, e poi Roberto stesso al telefono e infine di persona. Circa un anno fa, nei ritagli di tempo e in un piovoso weekend a Udine per una presentazione. Lo racconto perché Roberto Maccaroni, infermiere e autore del libro Prometto che ritorno (Edizioni Vydia, 2019), non è una persona ordinaria e, se l’ho intuito tra le pagine, non ho più avuto alcun dubbio dopo aver chiacchierato anche pochi minuti al telefono. Il pensiero di Maccaroni è disarmante, potente e diretto. La sua esperienza in Africa e, soprattutto, in Afghanistan come infermiere per Emergency è protagonista del suo racconto, un racconto privato fatto prima di tutto per sé, ma che si scopre essere urgente anche per molti altri. Per chiunque desideri ascoltare.

Prometto che ritorno è un diario che stravolge le prospettive canoniche, inverte la geografia fisica e emotiva a cui siamo abituati, e pone domande, poche chiarissime domande. E questa è già una ragione sufficiente per procurarsi il libro e iniziare a confrontarsi con il punto di vista dell’autore. Certo, in questo momento l’Afghanistan è lontano – non potrebbe essere più lontano probabilmente – ma è ancora lì, con le difficoltà, le contraddizioni e l’umanità di sempre. Ma, forse, non c’è un momento più giusto di questo per spingersi ai propri confini e immaginarsi altrove. E aprire gli occhi.

Exit West, di Moshin Hamid per non dimenticare quanto accade attorno

Di “Exit West”, la più recente fatica di Moshin Hamid, ha già parlato sulle pagine di The Bottom Up Sofia Torre. Sono le sue stesse parole a introdurre il perché questo libro si trova in questa lista:

Exit West, edito da Einaudi, è 152 pagine di porte che si spalancano su universi crudeli, strade distrutte da guerre senza spiegazioni e sentimenti in fiore, è un libro difficile, impegnativo come un saggio filosofico e straziante.

In un libro che segue la storia (e i sentimenti) dei due protagonisti, Nadia Saeed, la vera protagonista è la frontiera. Reale, realistica, immaginata e immaginaria. Separa l’oggi dal domani. La paura dalla speranza, l’incertezza del presente dalla fiducia nel futuro. “Exit West” è un libro pieno di porte che potrebbero aprirsi in qualsiasi momento, all’improvviso, e potrebbero trasportare in un altrove che assomiglia a tutto ciò che hai immaginato, ma non è mai identico.

“Exit West” stimola l’empatia perché intreccia sapientemente e sorprendentemente emozioni umane comuni con situazioni quasi fantastiche straordinarie. Muovendosi come un funambolo in bilico tra quotidianità e catastrofe, Hamid conduce anche chi legge in una dimensione in cui tutto è incerto, svelando il bisogno condiviso di trovare una porta da aprire.

Sconfinare, Donatella Ferrario per mettere a fuoco il confine

Sconfinare di Donatella Ferrario (Ed. San Paolo, 2018) è un libro corale, in cui la voce dell’autrice è in costante dialogo e ricerca con scrittori, giornalisti, medici, psichiatri. Tutte persone che sono chiamate a riflettere sul tema del superamento del confine. Ne nasce un percorso ricco di spunti, di domande e di riflessioni che richiedono un’inversione di rotta e un arricchimento della propria visione.

Tra le tante persone intervistate dalla Ferrario, ci sono Paolo Rumiz – scrittore da sempre sensibile al rapporto con l’Oriente -, Antonia Aslan – scrittrice che, ad un certo punto, ha scoperto dentro di sé la vicenda armena -, Pap Khouma – scrittore di origine senegalese, italiano per adozione -, Uliano Lucas – fotoreporter che ha a lungo messo a fuoco gli “ultimi” attraverso il suo obiettivo. Ciascuno di essi porta un punto di vista inedito e personale che va ad arricchire uno stimolante mosaico che va a definire l’idea di confine e l’azione dello sconfinare. Si parla di identità, di pelle, di narratori, di cultura, di Europa. Come spiega l’autrice stessa, “questa è la storia di un viaggio. Come tutti i viaggi è nato da un’idea: la voglia di esplorare un luogo in cui si è stati e in cui ci si trova ogni giorno, in cui pare di muoversi a proprio agio, di conoscerne strade e scorciatoie. Un luogo tanto comune a tutti da divenire insignificante, in senso etimologico. Il confine.” Quale momento più adatto di questo per riflettere su cos’è il confine per ciascuno di noi?


Sorpresa! Mentre stavo scrivendo l’articolo, mi sono trovata casualmente a parlare di libri anche con un altro redattore di The Bottom Up, Andrea Zoboli, che mi raccontava di un libro letto da poco che, a tutti gli effetti, contribuisce a farci sentire più empatici e più umani. Abbiamo deciso, quindi, di aggiungerlo a questa lista. Gli ho chiesto di parlarne – perché io non l’ho (ancora) letto – ed ecco qui un quinto titolo da quarantena per voi.

Angela Caporale

Indice medio di felicità, statistiche di vita con David Machado

A dispetto di quanto potrebbe suggerire il titolo, quello di David Machado (edito da Neri Pozza nel 2015) non è un saggio, ma un romanzo che ci porta sulle orme di Daniel, padre di famiglia portoghese costretto a vendere aspirapolveri per poter sostenere le rate del mutuo di una casa nella Lisbona della crisi, da cui la moglie Marta se n’è andata insieme ai figli adolescenti, per tornare al paese, a lavorare nel bar del padre.  Daniel ha due amici: Almodôvar, finito in galera per aver tentato maldestramente di rapinare una stazione di servizio, e Xavier, che non esce di casa da anni e se lo fa è, probabilmente, per gettarsi sotto un treno.

Licenziato dall’agenzia turistica dove lavorava, Daniel è l’emblema della determinazione ingenua e dell’incrollabile (e mal riposta) speranza: ha un Piano, scritto su un quaderno nero, e sa che se lo seguirà pedissequamente, le cose torneranno a posto, per lui e per la famiglia. “Quello stronzo di Xavier” invece “il tipo più infelice di questa città, l’uomo dall’anima nera, fa il guru della felicità“: il suo “indice medio di felicità” raccoglie le risposte di tutti i Paesi del mondo ad una semplice domanda: “in una scala da 0 a 10, quanto si sente soddisfatto, complessivamente, della sua vita?”.
E infine c’è il social network ideato da Almodôvar, dove chi ha bisogno d’aiuto può trovare persone disposte ad aiutare, che dopo anni riceve un messaggio. Un’anziana in carrozzella che vive a Ginevra cerca benefattori che la aiutino a raggiungere il fratello in ospedale a Marsiglia. E così, da Lisbona, Daniel e la sua disperata tribù partono in suo soccorso, benché nessuno più di loro avrebbe diritto di reclamare aiuto: su quel furgone a nove posti senza assicurazione l’indice medio di felicità è veramente basso. Eppure si parte, perché lo si deve al vecchio sogno di una vecchia amicizia. A proposito di empatia…

Un romanzo umano e corale, con un protagonista che ricorda e aggiorna il Malaussène di Pennac. Una scrittura gentile, ironica, che sorride alla disperazione e insegna anche a mezzi-statistici come il sottoscritto che forse la felicità non si può misurare, ma prima o poi ci si deve fare i conti

Andrea Zoboli

 

Bonus Track. Per chi non ha questi libri in casa, non può procurarseli, non è convinto, lascio un’ultima lettura: “Cosa fare in tempi incerti” di Annamaria Testa, un articolo pubblicato qualche giorno fa su Internazionale che ci aiuta a svolgere una riflessione collettiva che può portarci ad immaginare il tempo.

N.B. – Nel momento in cui scriviamo è possibile acquistare i libri online su diversi portali e direttamente contattando alcune librerie. Per chi lo preferisce, ricordiamo che esiste anche l’alternativa digitale, e tutti i libri citati si possono acquistare anche in formato ebook. Alcuni sono anche disponibili come audiolibro su diverse piattaforme.

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