6 piccolissime letture per il decennio

Tradizionalmente il sottoscritto chiudeva l’anno di TBU col commento di un ascolto avventato e distratto di quelli che secondo alcuni dovevano essere gli album musicali migliori dell’anno. Essendo alla soglia dei 30 e avendo già dato con la musica, preferisco segnalare 6 pezzi (più qualche extra) di riviste online usciti durante il 2019 che penso siano fondamentali per capire gli anni Venti che ci attendono. Probabilmente non meno burrascosi di quelli del Novecento.

Primo percorso: ambiente, capitalismo, futuro

The OutlineThe worship of billionaires has become our shittiest religion. Nobody should have a billion dollars, and those who do are something other than fully human.

Dovrebbero esistere i miliardari? Ma poi, avete idea di – a livello aritmetico – quanto sia un miliardo? (una confusione generata dall’inglese billion che può voler indicare due numeri diversi) (in italiano la risposta è, comunque, “mille milioni”, che è un sacco in più di un milione. Ora, pensate alle chances che avete di raggiungere anche un singolo milione di euro nel vostro conto in banca e poi ripensate al fatto che Jeff Bezos di Amazon ha 120 miliardi in tasca). C’è qualcosa di sbagliato nel voler essere un miliardario? È forse il capitalismo una religione di puro culto che gira su se stessa? È finanziariamente possibile poter diventare miliardari senza sfruttare qualcuno?

La StampaIl mito della crescita verde porterà al collasso ecologico. Negli ultimi vent’anni abbiamo creduto di poter aumentare il PIL riducendo le emissioni. Non è successo e difficilmente accadrà in futuro.

E quindi quelli che vengono ritenuti pericolosi radicali (Alexandria Ocasio-Cortez negli Stati Uniti) che propongono un capitalismo in salsa verde come sono da giudicare? È una pezza sufficiente? Degli scienziati dicono che pensare di salvare il Pianeta (e noi stessi) col capitalismo verde è come “pensare di tagliare un albero con un cucchiaino”. Magari ci si riesce, ma intanto

Il Tascabile – C’è vita oltre il capitalismo?

Rallentare, quindi, non è pensabile. E se neppure fare marcia indietro (decrescere) si può o al massimo l’idea è una sorta di cilicio di chi se lo può permettere (senza, appunto, mettere bocca sulla genuinità del commitment di costoro), dopo che si fa? Dipende anche da noi, dal discorso politico che dovremo (dovremo) prendere in mano. Ci emanciperemo dal lavoro e in qualche modo terremo a bada il cambiamento climatico ( e son due premesse non da poco). Ma saremo (saranno) in pochi, pochissimi a farlo? Ci sarà una nuova abbondanza come quella che conosciamo oggi, o dovremo fare i conti con un ritorno della scarsità?

rinoceronte morto
Sudan, l’ultimo rinoceronte maschio di una sottospecie che vive in Kenya, i bianchi del nord, morto nel 2018. (foto: Sabine Louys)

Secondo percorso: Europa, mente e istruzione

Proviamo a rispondere alla domanda “che mondo sarà quello che ci attende?” seguendo una strada meno apocalittica.

InternazionaleParlare più di una lingua in Europa è ancora un privilegio

In molti dicono, da tempo, che l’unica speranza dell’Europa unita è quella di essere sempre più tale. A prescindere dai costi di questa operazione (si veda sopra), pensando al futuro più immediato, come nella storia del mondo ogni migrante (ovvero il 99% dei nostri progenitori e antenati), la prima cosa da fare è saper parlare la lingua del posto. Il posto, oggi più che mai, equivale al mondo stesso. La buona notizia, che in realtà è davvero pessima, è che le lingue stanno sempre diminuendo, perché muoiono (a causa di fattori politico-economici, spesso). Eppure persino nella nostra piccola Europa a 28 Stati fatichiamo a imparare le nostre, pare.

Il Sole 24oreDire è pensare. La bizzarra e inattesa relazione tra linguaggio ed esperienza del mondo

Senza considerare che, come io stesso spiegavo qui tempo fa, saper parlare una lingua non equivale semplicemente a conoscerne la grammatica (anzi, per parlarla spessissimo non è necessaria né sufficiente). Equivale invece ad acquistare un particolare filtro con cui osservare e, di conseguenza, agire nel mondo, in maniera tutto sommato inconscia. Senza per questo arrivare ad esiti razzistici (vi assicuro che è un attimo prendere la china che conduce al voler fondare una “Matematica tedesca” su basi razziali, come avvenne nel Terzo Reich), gli effetti cognitivi e comportamentali della diversità linguistica sono solo uno dei motivi per cui è bene preservarla.

Termometro PoliticoIl mito delle fake news e la spirale dell’odio. Intervista a Walter Quattrociocchi 

A proposito di meccanismi cognitivi, prendete atto una volta per tutte che i social network sono programmati (o, per essere più laici, hanno l’effetto di) er farci, da un lato, rimbombare le nostre opinioni che già avevamo soltanto con piccole variazioni sul tema e, dall’altro, di farci odiare quelle provenienti dai vari cantoni opposti. Cerchiamo quindi di riappropriarci di una retorica sana, un uso argomentato delle fonti, diffidando di chi ti abbindola dalla sua finta neutralità di fatti&logica, burionismo compreso.


Che fare, allora? Studiare, parlare, argomentare, ascoltare, approfondire. Apprendere con spirito critico. Buon nuovo decennio! 

Filippo Batisti

Copertina: Francesco Ungaro via Pexels, modificata.

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