SUPERNOVOS – NAHTLOS (2019)

Nella vita ho commesso diversi errori, ma accettare di diventare caporedattore della cultura su TBU nel lontano 2013 non è certamente stato uno di questi. La commozione è perciò tanta quando mi ritrovo tra le mani questa missiva, vergata da dodici mani redazionali diverse, che hanno avuto la bontà di dare una interpretazione personale a un brano ciascuno di : l’album, registrato da Bruno Germano e Simone Padovan al Vacuum Studio, mixato da quest’ultimo e masterizzato da Carl Saff, è la seconda uscita del quartetto nato nel 2012 che mi vede a tastiere ed elettronica, insieme ad Alessandro Turrini (chitarre), Gianfranco Prestifilippo (batteria), Gaia Tassinari (basso). Nel disco, il basso è suonato da Erica Biolcati (2014-2018). (è tutto in maiuscolo sulla pagina feisbuk quindi va scritto così) sono un quartetto strumentale che, nonostante il . Atmosfere sognanti, riff ipnotici di chitarra e tastiera, strumenti vintage (c’è almeno un Mellotron): tutti chiari sintomi di un gruppo prog. E tutti estremamente ben introdotti dalla splendida . Oltre ad avere un nome che renderebbe fieri gli Hawkwind, metà NASA e metà meme, ha un giro di piano appena prima che il vortice cosmico ci avvolga Dopo anni di familiarità con i SUPERNOVOS, ho imparato a non farmi intimorire dai loro titoli criptici, così mi appropinquo fiducioso a , perché l’unica concessione al punk è un urlo (un urlo?) a 0.59, che introduce un tempo dimezzato che risucchia l’ascoltatore nel brano. Le linee di chitarra hanno così aria per svolgersi, sovrapporsi ed armonizzarsi: , alle mie orecchie, la seconda linea di chitarra, a 1.34, discendente, ad introdurre il tema principale, che invece sale. potrebbe concludersi, e sarebbe un brano fatto, finito e riuscito, e invece si riparte… La prima reazione è: avete trovato un paio di temi stupendi, sfruttateli, perché passare oltre? Volete farci sentire quanti riuscite a sfornarne? Volete farci invidia? Volete lasciarmi lì sul più bello come nella vecchia , che ha, tra le tante, una frase di chitarra illuminante, ma usata e ripudiata? E invece la seconda sezione di ci riporta lentamente al tema con cui si era aperta, fino a lanciarci verso la parte II. Che in questo caso significa lanciarci in braccio al buon Ruggeri, che insomma, potevamo cascare meglio… oppure verso la presentazione del disco, al Covo, di sabato sera, quando potrò finalmente stringere tra le mani il secondogenito , ma ha in comune con questa solo il passaggio melodico iniziale. Per il resto il pezzo, , si avvita intorno a una serie di cambi di dinamica nei quali la chitarra di Alessandro Turrini la fa da padrona, con sonorità che ricordano certi ultimi Foals. Non ci è dato sapere quali fossero le “magnifiche scogliere” a cui pensavano i SUPERNOVOS quando lo hanno scritto, ma possiamo immaginarci mentre fluttuiamo sopra la bianca Dover o le Cliffs of Moher, che in esplosioni successive raggiunge svariati climax nei suoi 5 minuti di durata. di Nietzsche- ma su internet solo una letterale traduzione dal tedesco, “supermacchina”. Che il Super-uomo nicciano sia asceso al rango del suo rivale dell’era contemporanea, la Super-macchina, di questi tempi è più che mai vero, ma questa traccia non suggerisce decadenza della civiltà: dai primi secondi ci inganna con uno splendido loop elettronico promettendo di farci scuotere i fianchi, ma dal secondo minuto i suoni si distendono portandoci dentro che ci fa respirar e ascoltare fermi ad occhi chiusi, per poi di nuovo accelerare il ritmo ed esplodere dal quarto minuto fino alla fine, con una coda pacata e sognante che si ricongiunge alla canzone sorella, Alessandro Turrini, Gianfranco Prestifilippo, Filippo Batisti, Gaia Tassinari. Scatto originale di Natan Rondelli – Supernovos 2019. Non sono una musicista, ma sognare ad occhi aperti mi viene bene. Forse per questo esiste un’empatia naturale con la musica dei SUPERNOVOS che ha il potere di sono le linee melodiche a condurre il gioco, in un dialogo più o meno interessato tra chitarra e tastiera, splendidamente sostenuto da basso e batteria. Non importa saper dare una lettura analitica del brano, non importa la comprensione del titolo, non importa quanto sarebbe bello il primo tema suonato da un violino, oppure da un oboe (non riesco a decidere… forse un clarinetto?), ciò che colpisce è che anche , forse, ma la smania è la stessa: facciamo un’altra isteria, ma che sia collettiva, prima che la Digos ci porti via. , si scivola, si rotola, si ha il tunnel carpale, si glissa in un loop tentennante che vaccina da vizi più gravi. Inciampi sistolo-diastolici martellano inviti a danzare sul filo del rasoio con fermezza metadonica. Si è in una poesia recitata col fiatone, una versione da camera del correre con le forbici in mano, ma non meno letale. si rimandano le autopsie a fine mese e l’abuso di ibrupofene compie sempre miracoli. Ci sono Hertz che tirano giù i cieli, e non per sbaglio, perché devastare è bello, se sai cosa annientare. : Il vinile è tra i nostri desideri (esiste una sorta di prototipo, e suona da paura), ma non tra le nostre disponibilità. Esauriteci i compact disc e provvederemo! : Il brano va incontro al titolo nella misura in cui, soprattutto per quanto riguarda le tastiere, le parti volevano giocare con gli aspetti più peculiari della elettronica, senza rinunciare ad una sensualità complessiva. Dall’oscuro blob iniziale attraverso momenti di diffidenza si perviene a una sorta di lieto fine corale. Abbiamo sconfitto le macchine o piuttosto imparato a cavalcarle? : In una vita precedente ho suonato della mia musica in arrangiamento classico ed è stato magico. La flutola, uno strumento antico e quasi dimenticato presente sul disco, la vedo sostituita da un oboe. : Il giusto esito postumano e post-catastrofe a cui peraltro ammicca la copertina di NAHTLOS (rielaborazione totemica di una foto del sottoscritto da parte di Tommaso Giordani). Le mie mani non hanno più sentimenti, ma sprigionano flussi di energia tali da far crollare il cielo.