Dieci anni di solitudine: Zero hour 9 AM –2019

Dieci anni di solitudine: Zero hour 9 AM –2019

che, per me come per una generosa porzione della redazione di TBU (soprattutto i fondatori, miei coetanei o quasi), sono stati . Dieci anni durante i quali un mondo già cambiato radicalmente negli anni precedenti è cambiato ancora di più. , dunque non credo che potrei capirne veramente il significato. Non si sfugge, però, da questa domanda. La mia risposta arriverà nella terza parte di questa piccola retrospettiva, intitolata “Dieci anni di solitudine” non in rappresentanza di un mio stato d’animo ma a significare : ho detto i miei preferiti, non i migliori, perché per i motivi di cui sopra non ho ascoltato abbastanza dischi usciti quest’anno per poter offrire un’opinione in quei termini. Volendo, alcune delle mie scelte possono rientrare nella categoria dei migliori dischi metal, ma sta al lettore interpretare. Il punto fermo è che questi sono i dischi che, secondo me, ogni appassionato di musica avrebbe dovuto ascoltare quest’anno , merita un posto nella classifica. Il cofanone contiene quasi tutte le registrazioni effettuate da formazioni Fripp-centriche tra il 1997 e il 2008: soprattutto , formazioni devote alla sperimentazione e all’improvvisazione esclusivamente strumentale che l’hanno fatta da padrone tra un LP dei Crims e l’altro. di materiale audio, e 2 DVD), di materiale in parte edito e in parte inedito o di difficile reperibilità: i due LP in studio , con le batterie riregistrate  causa nastri originali non trovati nell’ambito di una rimasterizzazione) e lo splendido , a oggi ultimo uscito in studio della band, un disco avrebbero avuto moltissimo da imparare. In ogni caso, i due CD con è l’ultimo di una serie pubblicata da Fripp e soci, adatto ai completisti, inevitabilmente, ma anche a chi vuole conoscere i King Crimson. La totale libertà nella ricerca di sperimentazione da parte di Fripp rende qualunque periodo della band il punto ideale per iniziare. non dovrebbe stare su una classifica dei migliori dischi dell’ anno (a meno che non fosse un disco di cover di Elton John fatte dai Primus o dai Behemoth, così, per speziare un po’). Il caso vuole, però, che quel disco sia biopic su una tormentata rockstar gay che si merita di vincere tutti gli Oscar che quella cosa ignobile che è è un Elton John assolutamente immenso e intenso – e si è anche preso il disturbo di cantare tutte la canzoni del film, con una passione che a stento si è vista nel Freddie Mercury di Rami Malek. Ciò che rende un capolavoro è che, per quanto la storia della vita di Elton John sia il perno attorno al quale ruota, . È un musical, non una biografia. E anche per questo la scena finale, con Egerton che canta quella , sebbene il pezzo fosse stato scritto in un momento diverso della vita di Elton, appare la catarsi naturale della pellicola. . Quando è uscito, avevo pochi dubbi sul fatto che il settimo album dei sarebbe stato pericolosamente vicino alla vetta dei miei dischi preferiti dell’anno (ma doveva ancora uscire il nuovo degli Opeth – mentre avevo pochi dubbi sul fato del nuovo dei Tool). Il sestetto tedesco non ha lasciato insoddisfatte le mie aspettative, sfornando (visto, Maynard? Se si vuole si può). L’album, senza titolo, non aggiunge moltissimo a quanto già detto, musicalmente, dalla band: eppure aggiunge la abbastanza fantasia ed entusiasmo da cacciar fuori singoloni strappamutande in abbondanza , non avendo mai cambiato formazione e senza aver mai pubblicato un album veramente deludente (tecnicamente è l’unico sotto il livello standard – ma lo ammettono anche loro, che all’epoca non andarono nemmeno in tour per promuoverlo). Se vogliamo, l’unico difetto del disco è che , ode al potere liberatorio e rivoluzionario della musica, e l’immenso trash di su TBU, e non vi tedierò ulteriormente. Dopo averli anche visti , devo però ancora una volta sottolineare l’importanza di una band come – come un capriccio da prog nerd. Chi lo fa è un critico scadente e si dovrebbe vergognare per la sua pigrizia e ignavia (“ugh non capisco le parole che schifo meglio restare nella mia bambagia anglofona”), perché non si è neanche preso la briga di fare una rapida ricerca su Google che gli avrebbe permesso di scoprire che per Åkerfeldt l’unica versione valida è quella nella sua lingua madre – che peraltro è uno degli elementi che rendono così , che invece è riuscito persino a scalzare gli Opeth dal loro primo posto già praticamente in tasca. All’annuncio di un seguito di , PAIN e Hypocrisy, mi sono rallegrato perché non vedevo l’ora di ascoltare più Till, dopo il disco dei Rammstein che avevo adorato. Un entusiasmo contenuto, però, il mio: il duo sul debutto aveva fornito una prova non particolarmente esaltante. Certo, era un disco gradevole, ma i pezzi memorabili erano pochi, e spiccava la sola, . Un elemento divertente era che Till cantava in inglese, il che , con il suo fortissimo accento tedesco. Ecco, non so cosa sia successo tra del duo, torna al suo nativo tedesco, e la performance ne guadagna notevolmente: probabilmente libero dalle dinamiche della band, sfodera (perlomeno ai germanofoni tra noi) confermandosi uno dei cantanti più inimitabili del panorama metal contemporaneo. Il comparto strumentale offerto integralmente da Tägtgren è simile a quello dei suoi PAIN (che in realtà tipo un Lenny Kravitz industrial metal), tirato e aggressivo ma emozionante allo stesso tempo. Il disco ha una prima parte costituita da , interrotta dal curiosissimo tango “Ach So Gern” (del quale c’è una versione ‘normale’ nell’edizione deluxe), e una seconda parte più lenta, con le due ballatone “Schlaf Ein” e la conclusiva “Wer Weiss das Schon”. Su tutti i pezzi spiccano l’epica “Blut”, (con un video inquietante e divertentissimo) e soprattutto la sublime “Knebel”, quasi integralmente voce e chitarra acustica: spettrale, angosciante ed emozionante. [Immagine di copertina dal video di “Frau & Mann”; gif da giphy.com.] [è molto divertente che il titolo di questo articolo arrivi dal testo di “Rocket Man”, mentre l’immagine di copertina – scelta perchè riferita al primo posto, ma senza essere mega spoiler – ritrae i “rocket men” del video di “Frau & Mann”… mi do una pacca sulla spalla.]