Iron Foundry: Metallica – S&M 2 (2019)

Avevo cominciato a scrivere uno spiegone lunghissimo sulla storia dei Metallica, ma ho realizzato che l’articolo sarebbe stato lungo il doppio, ma soprattutto sarebbe diventato una tesi di laurea e non una recensione, quindi micro spieghino per quelli di voi che vivono su Marte e non hanno la minima idea di chi siano i Metallica: sono una band metal composta da James Hetfield (voce e chitarra), Lars Ulrich (batteria, purtroppo), Kirk Hammett (chitarra solista) e Robert Trujillo (basso). Dopo una trilogia d’esordio devastante (Kill Em’ All, Ride the Lightning e il capolavoro assoluto Master of Puppets) con il bassista storico Cliff Burton, due dischi leggendari (…And Justice for All, quello col basso che non si sente per colpa di Lars, e Metallica, quello con “Nothing Else Matters” che conoscete tutti, dai), due curiosi esperimenti (Load e Reload), una mezza ciofeca per dei motivi troppo lunghi da spiegare qui (St. Anger) e due album che ci hanno quasi convinti che sono tornati quelli di una volta (Death Magnetic e Hardwired… to Self-destruct, con in mezzo il polarizzante – secondo me e David Bowie un capolavoroLulu con Lou Reed), ci propongono al cinema il loro concerto con orchestra più recente, del quale vado ora a raccontarvi.

Nel 1999, i Metallica decidono che sarebbe una buona idea fare un concerto con un’orchestra sinfonica. L’idea era a bagnomaria da un po’: per la precisione da quando, ai Grammy (sbancati) del 1993, la band si incontra per la prima volta di persona con l’arrangiatore degli archi di “Nothing Else Matters”, Michael Kamen. Si concretizza nel concerto evento S&M (divertentissimo giuoco di parole tra l’acronimo del sadomaso e “symphony & Metallica”), poi diventato un LP e DVD live, registrato nel corso di due serate al Berkeley Auditorium di San Francisco, con l’orchestra locale, la San Francisco Symphony, diretta per l’occasione proprio da Kamen.

FFWD al 2019: i Metallica decidono di festeggiare il ventennale di S&M riproponendosi in collaborazione con la San Francisco Symphony in occasione dell’inaugurazione del Chase Center sempre a Frisco. Nel frattempo Michael Kamen è defunto, dunque vengono reclutate altre persone per dirigere l’orchestra e arrangiare i brani.
S&M 2 viene fatto uscire al cinema, in un evento unico, l’8 ottobre negli Stati Uniti e il 18 ottobre in Italia. Pur non essendo un fan sfegatato, apprezzo parecchio i Metallica, e proprio il primo S&M è uno dei miei loro album preferiti, dunque non vedevo l’ora di vedermi il suo sequel, per di più al cinema!
Sono stato soddisfatto? Scopriamolo insieme!

La proiezione comincia con i quattro che ci augurano di fatto buona visione, e Kirk ha palesemente appena fumato delle sigarette divertenti. Dopo il racconto di quello che fa la All Within My Hands Foundation della band (fornisce fondi a chi non può permettersi formazione, scolastica o professionale: uno scopo nobile, seppur chiamato con il titolo di uno dei pezzi più brutali della band – ma sto divagando), finalmente si avvicina l’inizio del film. Non prima di un riassunto di come siamo arrivati fino a qui, la presentazione dei personaggi coinvolti, eccetera. Finalmente, a quasi 10 minuti dall’inizio della proiezione, si comincia. Edwin Outwater, il direttore della Symphony, entra in scena e parte “The Ecstasy of Gold” di Morricone, introduzione dei Metallica da ormai moltissimi anni, che diventa poi, con l’arrivo dei quattro, “The Call of Ktulu”, come la prima volta. Diventa subito evidente che, per Outwater, questo concerto sarà un incubo: quando sei il direttore di un’orchestra, tra i tuoi compiti c’è inevitabilmente dare il tempo. Anche se sei un batterista, il tuo compito è, di base, dare il tempo. Lars Ulrich non sa andare a tempo e persino io che non sono un musicista mi rendo conto che suona senza alcuna tecnica (se non la sua, cioè agitarsi come un tarantolato e fare la linguaccia alla telecamera). Un plauso, dunque, a Outwater per non aver cercato di assassinarlo e, soprattutto, per essere riuscito a far andare comunque a tempo l’orchestra per più di due ore.
Si prosegue con la splendida “For Whom the Bell Tolls”, e qui emerge un altro problema: questa roba non è fatta per essere messa in scena al cinema. L’impianto audio di un cinema non è equalizzato per un concerto metal con l’orchestra, e la godibilità della performance ne risente. La band, però, è in formissima (a parte Lars – ma è un concetto che do per spiegato e dunque non lo menzionerò più), e picchiano tutti come fabbri.
A questo punto, comincia il fulcro del concerto, che diverge in maniera sostanziale dall’originale per molteplici motivi, e ha moltissime scelte azzeccate che fanno pensare che non bisogna ancora dare per morti (artisticamente) i Metallica. Si prosegue con uno dei brani migliori di Death Magnetic, “The Day That Never Comes”, con James in forma stupenda e un arrangiamento ottimale, per poi cacciare la prima bomba, già chicca sull’originale: “The Memory Remains”, trasformata in inno da stadio proprio su S&M, togliendole l’aura tamarra che aveva su Load. Curiosamente, quando James introduce l’assolo di Kirk con un grugnito “Mr. Hammett!” le telecamere inquadrano la qualunque, tranne mr. Hammett. Si cavalca attraverso un paio di brani dall’ultimo Hardwired… to Self-destruct, “Confusion” e l’ottima “Moth Into Flame” (con dei curiosi sottotitoli che traducono le immagini sugli schermi a LED che sovrastano il palco). Un’altra chicca con l’epica “The Outlaw Torn” anch’essa già presente sull’originale, per poi andare su “No Leaf Clover”, uno dei due inediti di S&M (non particolarmente memorabile, va detto). Il primo set si chiude con un terzo brano da Hardwired, la fiammeggiante “Halo On Fire”. Dopo una brevissima pausa, il direttore musicale Michael Tilson Thomas sostituisce Outwater alla direzione dell’orchestra per eseguire un brano dalla Scythian Suite di Prokofiev e, tornati sul palco i quattro, Iron Foundry di Mosolov. Con questo secondo brano si vede chi, nella band, è davvero un musicista. Per quanto Hetfield sia a suo agio, infatti, l’unico davvero sciolto è Trujillo: Hammett suda sette camicie per prendere le note giuste, e naturalmente Lars tiene il tempo un po’ a modo suo. Nonostante il danese, comunque, l’esperimento riesce molto bene, diventando una delle parti più interessanti del concerto.
Successivamente, ecco due delle idee migliori che i Metallica (o gli arrangiatori, o entrambi) hanno avuto: la prima è l’arrangiamento per sola orchestra e voce di “The Unforgiven III” da Death Magnetic, che rende davvero giustizia al brano e alla splendida voce di Hetfield, che con l’età ha perso un po’ di cattiveria ma ha guadagnato in sentimento. La seconda è una versione acustica di “All Within My Hands” dall’odiatissimo St. Anger che trasforma completamente il brano – non solo rendendolo ascoltabile, che già sarebbe molto, ma anche adattandolo come galoppata western. Per qualche motivo un tizio del management si aggiunge come quarta voce. Si prosegue con un momento commovente: il primo contrabbasso dell’orchestra, Scott Pingel, esegue la leggendaria “Anesthesia (Pulling Teeth)”, un assolo di basso di Cliff Burton da Kill Em’ All, raggiunto sul finale anche da Lars (“Oh, no! Meno male che ho le cuffie isolanti col metronomo!” avrà pensato il povero Pingel).
Parte infine la raffica conclusiva di classiconi: “Wherever I May Roam”, “One”, e le cannonate “Master of Puppets” e “Enter Sandman”.

Ringraziamenti vari, finito.

È un capolavoro? Assolutamente no. Il problema principale di questo film è il confronto con l’originale, e non per la performance dei Metallica, che è sullo stesso livello se non meglio (per dirne una: con Trujillo il basso ha tutto un altro spessore, non per differenza di tecnica – Newsted era un mostro come lui – ma perché per qualche motivo Hetfield e Ulrich gli consentono di tenere un volume sufficientemente alto da poter essere goduto appieno). L’orchestra, d’altro canto, è quasi sempre, in S&M 2, pura glassa e zero impasto.
Michael Kamen era probabilmente il nome più riconoscibile di tutta la storia del rock in termini di connubio orchestra/band: per dire una sola cosa, ha curato gli arrangiamenti orchestrali di The Wall, collaborando strettamente con Roger Waters. E questo, su S&M, si sente: gli arrangiamenti non sono piacevoli orpelli, aggiungono sempre qualcosa alle già potentissime composizioni dei Metallica. Basta sentire quello di “Master of Puppets” (al link qui sopra), probabilmente il brano più iconico in assoluto dei Metallica, reso ancora più epico da Kamen. E qui questi disgraziati non solo l’hanno cambiato radicalmente, ma l’hanno banalizzato radicalmente! Gli archi che eseguono le stesse parti delle chitarre! Ugh! Come accennavo prima, però, per un giudizio definitivo attendo di ascoltare il concerto su un impianto audio pensato per ascoltare la musica e non i film, così da poter capire se il problema sono i mix, gli arrangiamenti (quello nuovo di “Master of Puppets” è criminale, e questo lo posso già decretare) o (come credo) l’equalizzazione delle casse del cinema.

Ma è un bel film? Assolutamente . Al di là della band, che suona compatta come la fonderia che apre il secondo set (inserire commento su Lars che non va a tempo qui), e James è in formissima, oltre che alle corde vocali anche a quelle della chitarra, che sbudella spesso e volentieri, dimostrandosi anche un validissimo chitarrista solista.
È soprattutto visivamente un bel film, con scelte registiche che valorizzano la performance e l’immenso Chase Center addobbato per l’occasione, e ha una scaletta virtualmente perfetta (personalmente ho sentito la mancanza solo di “Fuel”, che sul primo S&M è semplicemente devastante), piacevolmente sbilanciata sui deep cuts più che sui classiconi. L’assenza di Kamen si sente, e questo secondo esperimento difficilmente resterà nella memoria dei fan come il primo: di certo non è adatto a chi non conosce la band (per quello ci sono i dischi in studio), ma è una chicca non da poco per gli impallinati e per chi vuole ascoltare i Metallica offrire qualcosa di diverso dal solito, in molti modi diversi.

Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus

 

[Immagine di copertina: Ian Young]

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